Capitolo 30- Justin

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Rabbrividendo per le ondate di gelo che mi attraversano ogni fibra del corpo, salgo in macchina alla svelta e sospiro sollevato per la consapevolezza di essere riuscito ad uscire indenne da questa lunga mattinata di corsi.

Beh, rettifico, fisicamente ho ancora tutto al posto giusto ma non sono sicuro di poter dire la stessa cosa a livello mentale. Anzi, potrei giurare che qualche neurone sia andato in fumo mentre il signor Jankins decantava, con molto affiatamento, sui vantaggi apportati dalle multinazionali alla nostra economia. Ad un certo punto ho davvero sentito la tentazione di appoggiare la testa sulla spalla di Rebecca Parkers e lasciarmi andare in un lungo sonno, nella speranza di svegliarmi soltanto alla fine dei corsi. L'unica motivo per cui non ho assecondato i miei desideri è stata la consapevolezza che Rebecca si sarebbe fatta strane idee.
Ho una memoria troppo attiva per dimenticare il fatto che, durante il primo anno di college, ha diffuso in giro l'idea che stavamo insieme solo perché un bel giorno, preso da un attacco di gentilezza, ho ben pensato di dirle che i capelli raccolti in una coda di cavallo le donavano particolarmente.

Ad ogni modo, ora sono salvo e libero di andarmene a casa. Perciò, il mio morale sta già iniziando a risalire dal mondo delle tenebre.
Accendendo il riscaldamento a palla, mi accingo ad abbandonare il parcheggio della NYU con una manovra di retromarcia alquanto discutibile, accelerando come se qualcuno mi stesse inseguendo e fossi costretto a correre per salvarmi la pelle.

Ovviamente, quando sono ad un passo dall'immettermi nel traffico, Marissa-sono-mezza-nuda-anche-d'inverno, una delle innumerevoli amiche di Clarice, si lancia letteralmente di fronte alla macchina, costringendomi ad inchiodare tutto d'un colpo. Poi, come se fosse convinta di trovarsi sulla passerella di Victoria's Secret, cammina lentamente verso la sua macchina, lanciandomi un sorrisino sornione che sembra stia urlando "lo so che mi stai guardando il sedere".

Ma la verità è che l'unica cosa che sto guardando sono le sue gambe nude e la sua gonnellina nera in pelle che a malapena riesce a coprirle le parti intime. L'impulso mi chiede di abbassare il finestrino e urlarle un sonoro "Vestiti!", ma lo tengo prontamente a bada e allungo la mano per alzare di più il riscaldamento. Poi però mi ricordo che è già al massimo e mi viene quasi da ridere di fronte alla mia stupidità.

È incredibile come, nonostante io abbia praticamente vissuto tutta la mia breve vita a New York, non sia mai riuscito ad abituarmi al suo clima freddo invernale. Mi sono sempre comportato come se appartenessi a qualche isoletta sempre soleggiata, dove il freddo penetrante non arriva mai e i raggi di sole ti accarezzano la pelle ogni santo giorno.

La parte buona, mi ripeto ancora, è il fatto che io possa rintanarmi finalmente nel mio appartamento e passare un pomeriggio tranquillo, cercando possibilmente di non sovraccaricare i pochi neuroni ancora funzionanti con paranoie che non hanno alcuna soluzione.

Tuttavia, invece di imboccare la strada che mi porta più velocemente a casa, decido di passare di fronte al Coffee Shop, pur sapendo che non devo assolutamente cadere nella tentazione di entrarci. Ho detto a Whitney che le avrei lasciato un po' di tempo per pensare alla mia proposta... e così sarà.
Perciò mi limito a lanciare uno sguardo veloce nella direzione del locale, pronto a proseguire per la mia strada. Ciononostante, la mia attenzione viene subito catturata da una familiarissima chioma di un insolito rosso, che non dovrebbe assolutamente trovarsi nel bel mezzo del marciapiede, di fronte al Coffee Shop, con questo freddo micidiale. Ad un passo da lei c'è un uomo che identifico subito come il proprietario del locale e che le sta stringendo il braccio come per tenerla ferma. È solo questione di un attimo prima di superarli e proseguire per la mia strada, così come mi ero proposto, perciò non ho il tempo di analizzare i dettagli attentamente.

Ma quei pochi secondi sono comunque abbastanza per portarmi a rimuginare sul perché quell'uomo le abbia messo le sue manacce addosso. Più ci penso e più l'immagine intravista mi infastidisce ad un livello quasi inimmaginabile, pur non sapendo quale sia la situazione reale.

Il cielo nei tuoi occhi d'ebanoWhere stories live. Discover now