Capitolo 41- Justin

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Guardando dritto davanti a me con fare distratto, mi porto la sigaretta alle labbra e faccio un lungo tiro, lasciando che la nicotina placchi un po' quel nervosismo che ormai fa parte di me.

Oramai, non esiste più Justin senza una buona dose di paranoie. Siamo una e la stessa cosa.

"Ho un mal di testa assurdo." Piagnucola Clarice, massaggiandosi una tempia con la mano sinistra nel mentre che con l'altra gira furiosamente il cucchiaino nella tazza di caffè. "Sono in procinto di morire."
"Forse se tu non avessi bevuto così tanto.." Inizio, per poi lasciare la frase in sospeso, rendendomi conto che c'è un che di assurdo nel fatto che sia proprio io a doverle fare queste prediche.
"Ho brindato al nuovo anno." Si difende nello stesso tono lamentoso.
"Hai brindato un po' troppo." Proseguo sulla stessa linea, portando di nuovo la sigaretta tra le labbra, per poi lasciarla lì, in bilico, e affrettarmi ad affondare le mani nelle tasche del giubbotto alla velocità della luce.

Passare dal sole di Freeport ad una Parigi grigia e freddolosa, si è rivelato un colpo nello stomaco. Certo, tutto ciò non sarebbe così terribile se in questo preciso istante mi trovassi dentro il Café du Trocadero, a sorseggiare il mio caffè ancora caldo mentre Etta James canta in sottofondo e il locale ancora semivuoto viene invaso dalle note blues delle sue canzoni eterne.

Fatto sta che sono qui fuori, a tremare come una foglia in balia del vento perché Clarice ha bisogno di aria fresca dopo tutto il vino, champagne e Dio sa cos'altro ha bevuto ieri sera durante la festa di Capodanno, a casa di una coppia di amici di vecchia data dei nostri genitori. Quindi, io che non ho assaggiato nemmeno una goccia di alcol, sono comunque costretto ad assecondare le sue bravate come se ci fossimo ubriacati insieme e avessimo festeggiato come se quella fosse la nostra ultima notte su questa terra. Però la verità è che io ero ben consapevole che il mondo non sarebbe finito, mentre Clarice probabilmente non lo era altrettanto.

"Sei riuscito a chiamare Whitney ieri sera?" Si interessa, continuando a tormentare le sue tempie.
"Si." Confermo, senza la benché minima intenzione di scendere nei dettagli.

Preferisco tenere per me la sorpresa (alquanto spiacevole) che ho avuto, subito dopo il countdown, nel scoprire che Whitney era ad una festa insieme ad Hana e quello stramaledetto di Caleb. E forse la cosa più sconvolgente è che probabilmente non lo avrei mai scoperto se non avessi sentito la musica in sottofondo, mentre si affrettava ad uscire fuori da chissà quale villa in mezzo al nulla, per riuscire a sentire la mia voce.

Non che mi dia fastidio che stia iniziando a vivere e godersi la sua vita insieme alla sua migliore amica. Sono felice che sia successo e sono felice che non abbia passato gli ultimi istanti dell'anno chiusa in casa perché io sono troppo lontano per rendere indimenticabili gli ultimi istanti di un anno che ha iniziato ad essere bellissimo nel preciso istante in cui lei ha messo piede nella mia vita. In più, so che tipo di feste frequenta Caleb e, grazie al cielo, non hanno niente a che fare con le feste che frequentavo io un anno fa.

Ma il problema in tutta questa storia è proprio lui...quella razza di squalo pronto ad attaccare!

Da dove diavolo è sbucato e perché è successo proprio quando io mi trovo a migliaia di chilometri di distanza? Non riesco a trovare una spiegazione che mi tranquillizzi e che mi dia un po' di pace al pensiero della quantità di cose che potrebbe raccontare a Whitney su di me.

"E Monique?" Prosegue Clarice, guardandomi di sottecchi con un sorriso malizioso.
"Monique?" Chiedo, facendo un ultimo tiro prima di buttare il mozzicone nel posacenere.
"Vi ho visto uscire insieme dalla festa." Ribatte, incalzandomi a parlare.
"Sono uscito a prendere una boccata d'aria e lei mi ha seguito." Le spiego, arricciando il naso al pensiero di come la figlia dell'amico di vecchia data di mio padre abbia cercato un divertimento passeggero e mi abbia individuato come uno strumento per riuscire ad ottenerlo.
"E avete solo parlato?" Riprova, infastidendomi oltremisura.
"Ma è così incredibile pensare che io possa essere innamorato di una sola ragazza?" Ribatto in tono scocciato. Lo sguardo di Clarice non lascia spazio ai dubbi, anche se dalla sua bocca non esce più alcuna parola. È incredibilmente convinta che non sia concepibile che io possa aver già trovato quella persona che mi dà già tutto quello di cui ho bisogno, ed anche di più.

" E per la cronaca, Monique non sarà mai all'altezza di Whitney." Infilo il dito nella piaga, ridacchiando piano. "È fastidiosa, troppo sicura di se stessa, ostenta il suo accento francese anche se sappiamo che fino a qualche anno fa viveva a Los Angeles, è una ficcanaso...ah, ed è capace di portarsi a letto il primo portatore di pene che si trova davanti. Perciò no, grazie, preferisco tenermi stretta la mia ragazza."

Clarice strabuzza gli occhi prima di portarsi la tazza di caffè alle labbra. Per un millesimo di secondo mi chiedo se sia giusto sbandierare sempre il mio attaccamento a Whitney in ogni occasione, ma poi mi ricordo quasi istantaneamente che, in realtà, è lei che mi costringe a ricordarle di aver già trovato qualcuno perfetto per me e di non essere più costantemente in cerca di avventure. E, francamente, quanto dovrà passare ancora prima che lei si rassegni al pensiero che non può che accettare Whitney? Arriverà mai il momento in cui non dovrò più giustificare più il perché dei miei sentimenti?

"A proposito." Riprendo dopo qualche attimo di un silenzio carico di tensione. "Tra tre giorni torno a casa."
"Cosa?" Squittisce, lanciandomi uno sguardo incredulo. "E la nostra vacanza?"
"Beh, ho rispettato la parola data. Sono stato con voi per quasi due settimane." Ribatto in tono calmo.
"E i tuoi cosa diranno? Cosa dirà tuo padre?" Si affretta a chiedermi.
"È stato mio padre a suggerirmi questa opzione e credo sia meglio così. Ho passato del tempo con loro ed è stato un bene per la nostra famiglia, ma ora ho bisogno di tornare a casa." Le confesso, ripensando alla conversazione avuta ieri mattina con mio padre.

Inizialmente, il mio primo istinto è stato quello di rifiutare senza pensarci due volte, in modo da non dare l'impressione che io non sia contento di passare del tempo con loro. Però mio padre, che solitamente non si lascia andare a ondate di sentimentalismo e non lascia mai vedere cosa c'è dietro alla sua maschera di ghiaccio puro, mi ha rassicurato dicendo che il tempo passato insieme è stato abbastanza per ricordare a tutti noi che siamo ancora una famiglia e che possiamo contare uno sull'altra, per poi concludere con un discorso persuadente sulla necessità di fargli conoscere la ragazza per cui mi fumo circa un pacchetto di sigarette al giorno, nel mentre che controllo il telefono ogni secondo di ogni minuto che passa.

Ho fatto del mio meglio per evitare questo argomento, giacché non abbiamo mai avuto quel tipo di rapporto che ci permette di parlare apertamente di qualunque cosa. Ma nonostante questo e nonostante, probabilmente, avessi la faccia di chi non sia disposto a mettere su un piatto d'argento i propri sentimenti, ho comunque dovuto ascoltare il suo sproloquio su come anche lui ci sia passato con mia madre. È stato imbarazzante e bizzarro allo stesso tempo, ma se non altro, ammetto che ci si sente bene ad avere qualcuno che ti spinge a dare ascolto ai tuoi impulsi e a non cercare di nascondere l'ovvio. E l'ovvietà, in questo caso, è il fatto che io sia innamorato perso e che più il tempo passa e più mi sembra che questa lontananza sia una punizione.

Ho bisogno di tornare a casa...ed è esattamente ciò che farò.
E magari, chissà, potrei davvero trovare il coraggio di confessare a Whitney che ho perso, irrimediabilmente, la testa per lei e farle presente che può smettere di mettere le mani avanti perché non ho intenzione di lasciarla andare nemmeno sotto tortura.

"Quella ti sta fottendo il cervello, non ce la fai più a ragionare con la tua testa." Asserisce Clarice, serrando la mascella.
"Può darsi." Ribatto, senza sentirmi minimamente toccato dalle sue parole. "Però sai che c'è, Clarice? Non potrai mai capire di cosa si tratta veramente finché non lo proverai sulla tua pelle. E allora forse vedrai che non è poi così terribile essere disposti a rinunciare al proprio ego per un'altra persona."
"Questo è il colmo." Farfuglia, stringendo la tazza fra le mani finché le sue nocche diventano bianche. "Non voglio una persona che mi controlli la mente. Non la voglio, cazzo!" Sbotta, per poi incrociare le braccia al petto come una bambina dispettosa.

In questo preciso istante provo un po' di pena per il suo continuo ostentare il bisogno di essere libera. Anche io, non molto tempo fa, mi comportavo nello stesso medesimo modo ed essere ora di fronte a lei è come trovarsi davanti ad uno specchio che riflette l'immagine del Justin del passato. Un passato non tanto lontano...ma pur sempre un passato.
Vedo sul suo volto solo cinismo ed ironia e mi infastidisce il pensiero che per troppo tempo anche io me ne sia andato in giro con la sua stessa aria.

"Sei sicuro di voler tornare?" Rompe il silenzio improvvisamente. "Allora tornerò insieme a te."

N.a
E intanto il famoso "blocco dello scrittore" sta continuando...ma io, da vera testarda, non mollo! Prima o poi passerà.
Detto ciò, sono lieta di comunicarvi che i prossimi capitoli saranno decisamente più "divertenti" (o almeno lo saranno per me...non so se a voi verrà voglia di descriverli proprio con questo aggettivo 😂).

Il cielo nei tuoi occhi d'ebanoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora