Capitolo 53-Justin

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Ps: il capitolo è stato scritto interamente da un computer acquistato in UK, con la keyboard che non prevede alcun accento e che non accetta determinate parole. Ho fatto del mio meglio per risolvere la situazione, revisionando il capitolo dal telefono... però, è stato veramente un parto, ragazze. Tant'è che, ad un certo punto, mi sono arresa. Lo correggerò quando avrò recuperato un po' di pazienza. 😂

"Credo che andrò a dormire." Asserisce Clarice,  rilasciando uno sbadiglio rumoroso. E con movimenti un po' incerti, si alza lentamente dal divano e si accinge a camminare nella direzione del corridoio, borbottando qualcosa sul fatto che nessuno la costringerà a dormire nella stanza degli ospiti perché non c'è cosa che possa odiare di più al mondo.
Incredibilmente e contro ogni aspettativa, considerando il suo equilibrio precario, riesce ad arrivare alla sua destinazione, lasciandomi da solo nel mio stato decisamente confusionario... ma non abbastanza da non sentire il dolore sordo che ormai si è impossessato del mio petto.

Alzandomi finalmente dal pavimento freddo dopo ore e ore, prendo il posto di Clarice sul divano e mi lascio cadere a peso morto, pregando mentalmente che per magia le mie palpebre arrivino a diventate pesanti fino a chiudersi e permettermi di dormire finché sarò pronto a leccarmi le ferite e ripartire da me. Ma naturalmente ciò non accade e non posso fare altro che girarmi e rigirarmi come un pesce fuor d'acqua, cercando disperatamente di trovare una posizione più comoda mentre tutto intorno a me gira incessantemente.

Quando mi accorgo di non aver raggiunto quello stato di tranquillità a cui ho bramato e che, di fatto, è l'unico motivo per cui mi sono lasciato alla mercé dei miei stessi vizi, recupero il telefono dalla tasca dei jeans e cerco qualche distrazione che mi permetta di continuare a fingere che il mio stato confusionario non sia solo apparente. Istintivamente, però, inizio a ispezionare tutto quello che dovrei, invece, ignorare: foto, messaggi, chiamate... ovvero tutte le tracce di come solo una settimana fa ero ancora in una relazione e non mi pendeva sopra la testa la preoccupazione che un giorno mi sarei svegliato e non solo non avrei più avuto Whitney nella mia vita, ma non avrei nemmeno saputo come raggiungerla nuovamente.

Per peggiorare la situazione, da bravo masochista quale sono, chiamo il suo numero solo per il gusto di sentire il suo telefono squillare da qualche parte nel mio salotto. Una risata amara sfugge dalle mie labbra, non lasciando piu spazio ad alcun dubbio: sto perdendo il lume della ragione. Sono arrivato a quell punto di non ritorno in cui non posso far altro che ridere delle mie stesse disgrazie.

Continuando con le torture verso un me stesso gia abbastanza indebolito, in un colpo di stupidità , chiamo l'unica persona che effettivamente mi fa sentire come se il periodo passato insieme a Whitney non sia semplicemnete una storiella messa in scena unicamente nella mia testa.
Quando Hana mi risponde assonnata e a malapena capace di mettere insieme una frase di senso compiuto, un'altra consapevolezza mi raggiunge: non sto semplicemente diventando un peso per me stesso, ma anche per gli altri.

"Justin, per l'amor del cielo, lo sai che che ore sono?" Esordisce la ragazza, per poi essere interrotta da una voce maschile che la supplica di lasciarmi perdere e ritornare a dormire.
"È Caleb, vero?" Le chiedo in in tono esageratamente velenoso, invece di rispondere alla sua domanda. "Beh, perlomeno hai saputo gestire la situazione in modo da non restare sola come un cane. Come me."
"Oh, ora capisco." Sussurra la ragazza dall'altra parte. "Sei ubriaco, di nuovo."
"Ti sfido a biasimarmi." Ribatto, ridacchiando sommessamente. "Trova un modo per rintracciare Whitney e io smetterò di bere."
"Mai e poi mai riporterei Whitney da te in queste condizioni." Replica immediatamente, senza alcun segno di esitazione.
"Beh, non me la prenderò visto che non ha lasciato alcuna traccia di sé." Ribatto in tutta serenità, per poi essere assalito da un piccolo dubbio quando dall'altra parte cala il silenzio.
"Perché effettivamente non sappiamo dove si trovi esattamente , vero?" Riprovo ancora, incalzato da questo improvviso silenzio. "Hana, rispondimi. Me lo devi."
"Non ti devo niente, Justin." Replica in fine. "E' vero, Whitney non se n'è andata senza dirmi dove avrei potuto trovarla. Ma ha ben specificato che si deve trattare di un'emergenza."
"Il mio cuore spezzato non è un'emergenza?" Le chiedo in un sussurro, rendendomi conto che forse c'è un barlume di luce in fondo a questo infinito tunnel della disperazione.
"No, non lo è." Risponde ancora. "Lascia che rimetta in sesto la sua vita e approfittane per fare altrettanto con la tua. Anzi, ringriazia il cielo che non è qui per vedere in che condizioni ti stai riducendo. Solo quando avrai ripreso in mano le redini della tua vita prenderò in considerazione l'idea di dirti dove si trova. Non lascerò che tu le metta sulle spalle il compito di guarirti. Vedi di rialzarti da solo!"

Il cielo nei tuoi occhi d'ebanoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora