Capitolo 15

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È appena iniziato l'ennesimo turno pomeridiano tra queste quattro mura che mi stanno rubando gran parte del mio tempo. Ma, se proprio devo dire la verità, ultimamente mi sembra che questo benedetto tempo stia letteralmente volando via. In un batter d'occhio la giornata finisce e io mi ritrovo sempre a chiedermi come sia possibile che gli attimi mi siano passati davanti agli occhi senza che io sia riuscita a rendermene minimamente conto.

Naturalmente c'è una ragione dietro a questa corsa dietro ai momenti che se ne vanno quasi furtivamente, e io la conosco fin troppo bene. D'altronde, pur essendo un essere estremamente confuso, tra i miei pensieri ingarbugliati, sono riuscita a capire cos'è che fino a poco tempo fa faceva andare le mie giornate a rilento. Anzi, rettifico, ho capito cosa esattamente mi mancava perché vivessi ogni istante per così com'era senza rimuginarci fino a farlo sembrare infinito.

Mi mancava un Justin nella mia vita. Mi mancava quella persona che si presentasse di punto in bianco a fine turno, o addirittura sotto casa- come è successo in questi ultimi giorni- per poi suonare il clacson finché mi viene spontaneo guardare fuori dalla finestra per l'esasperazione, con l'intenzione di portarmi via e passare un po' di tempo insieme a me, come se davvero fossi la persona più interessante del mondo.
Certo, prima che egli piombasse nella mia vita, non avevo la più pallida idea di cosa volesse dire sentire la mancanza del sorriso di una persona anche quando non la si vede per meno di ventiquattro ore. Non sapevo proprio cosa volesse dire, ma ero convinta che si trattasse di qualcosa di più complicato e forse anche un po' più astratto.

E invece ora mi appare tutto incredibilmente più semplice. Oramai sono circa due settimane che lo vedo ogni giorno, e ogni santo giorno succede la stessa cosa: mi viene sempre di più voglia di continuare a spendere ogni attimo libero insieme a lui, senza che mi passi mai per la testa l'idea che potrei mai stancarmi di vederlo. Forse ogni tanto ho il timore che questo possa succedere da parte sua, ma non potrei mai mettere in dubbio le mie stesse emozioni. Io sono davvero lontana da quello stato di noia che interviene quando la presenza di una persona inizia a stancare.

"Terra chiama Whitney!" Mi urla nell'orecchio Hana, strappandomi malamente dai miei pensieri. "Quando hai finito di spazzolarti i capelli e pensare all'amore eterno, sappi che c'è una certa Clarice che vuole parlarti, ed è accompagnata da un certo belloccio con l'aria da dannato."
"Cosa?" Chiedo, sbattendo le palpebre con fare confuso. "Chi è Clarice?"
"Oh andiamo, è l'amica snob di Justin. Sveglia!" Prosegue Hana, schioccandomi le dita davanti agli occhi. È convinta che io abbia ancora la testa tra le nuvole, ma in realtà sono soltanto incredibilmente confusa.

Perché Clarice dovrebbe volermi parlare? Non riesco proprio a trovare una ragione abbastanza valida, perciò finisco con calma di spazzolarmi i capelli, per poi raccoglierli in una coda alta sotto lo sguardo impaziente di Hana.

"Sei sicura che voglia parlarmi?" Le chiedo in tono pacato, inarcando un sopracciglio in modo da lasciar trasparire un po' di scetticismo.
"Appena deciderai di uscire dallo spogliatoio, potrai accertartene i tuoi stessi occhi." Mi risponde in tono ironico, alzando lo sguardo al cielo.
"Okay, okay!" Mi arrendo, alzando le mani in segno di resa. Dopodiché, con i suoi occhi ancora puntati addosso, abbandono l'angusto spogliatoio e accedo alla sala del Coffee Shop, dove scorgo immediatamente Clarice, seduta su una dei tanti sgabelli alti posizionati di fronte al balcone, mentre discute animatamente con quello che Hana poco fa ha definito come "belloccio dall'aria dannata".

Ed impegnati come sono nella loro conversazione, non mi notano nemmeno mentre mi avvicino furtivamente a loro, cosa che mi permette di studiare meglio quel ragazzo che, già ad un primo sguardo, mi sembra abbia un'aria vagamente familiare.
E, per mia sfortuna, la mia memoria particolarmente predisposta al ricordo delle tante figuracce fatte durante i miei diciannove anni di vita, mi fa tornare in mente immediatamente il preciso momento in cui mi è già capitato di vederlo: è successo durante uno dei tanti tragitti fatti per tornare a casa dopo un paio di ore passate dal parco. Rammento perfettamente che si trattava del giorno successivo alla prima volta in cui Justin mi ha rivolto la parola ed ero incredibilmente felice. Forse è proprio per la troppa felicità che le mie gambe si sono intrecciate e ho rischiato di finire con il sedere per terra. Ad ogni modo, qualunque sia stata la ragione, l'importante è che, malgrado io abbia cercato di mascherare la mia mancanza di equilibrio, questo ragazzo ha assistito all'intera scena, prendendosi poi anche la briga di chiedermi se tutto stesse andando bene. Ma, naturalmente, io sono sgattaiolata via come una gattina spaventata.

Il cielo nei tuoi occhi d'ebanoWhere stories live. Discover now