Capitolo 39

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"Ancora non riesco a credere che tu abbia preferito nascondermelo." Aserisce Hana per l'ennesima volta, come un mantra.
"Lo so, ho sbagliato." Ammetto ancora e ancora, rendendomi conto che sia davvero ferita da quella che lei considera una mancanza di fiducia nei suoi confronti ma che, in realtà, è stato semplicemente uno stupido e infelice tentativo di tenere Justin al riparo dalle sue critiche.

Naturalmente, dopo averlo sentito sbattere la porta come una furia e andarsene via alla velocità della luce, nella testa di Hana si è accesa una lampadina che l'ha indotta ad indagare oltre le mie spiegazioni vaghe. E vuoi per la mia stanchezza, vuoi per la mia incapacità di tenerle nascosto qualcosa troppo a lungo, ho sputato il rospo, raccontandole per filo e per segno ogni dettaglio del terribile incontro con Clarice e la sua amica odiosa e della successiva conversazione con Justin.

"Ma se non altro, ora sei autorizzata a mostrare l'odio nei confronti di Clarice e tutte le galline che l'accompagnano." Prosegue, per poi sentire il bisogno di aggiungere qualcosa per via della mia espressione scettica. "Seriamente, Whitney, non devi farti andare bene tutte le persone collegate, in qualche modo, a Justin. Hai il diritto di non sopportare Clarice e hai il diritto di prenderti una pausa dal tuo essere sempre fin troppo buona."
"È una persona incredibilmente insopportabile." Decido di sfogarmi, infine, senza tante cerimonie. "Insopportabile, altezzosa, superficiale e ..e odiosa."
"Con un po' di fortuna, anche Justin se ne renderà conto e non dovrai sorbirtela mai più." Suppone Hana in tono quasi sognatore, infondendo anche a me un po' di speranza.
"Pensi che basti questo?" Chiedo in tono flebile.
"Io lo spero, Whitney. Altrimenti tra te e Justin sarà sempre come andare sulle Montagne Russe." Opta Hana per quella che, ora come ora, anche io penso sia la verità. "Perché il vostro rapporto sia stabile, avete bisogno che Clarice e le sue minions si tolgano dai piedi."

E dopo avermi lanciato questa ultima perla, Hana lascia che io resti soltanto in compagnia dei miei stessi pensieri, abbandonando la mia stanza e rintanandosi nella sua.
È quasi mezzanotte e qualcosa mi porta a pensare che è altamente improbabile che Justin dia qualche segno nelle prossime ore. Tuttavia, pur essendone consapevole, non riesco a convincere il mio subconscio a darmi un po' di tregua e me ne resto a fissare il vuoto nel buio della stanza, controllando di tanto in tanto l'aggeggio malefico per assicurarmi che io non mi stia perdendo niente.

Ed ad un certo punto, verso le due di notte, quasi come se Justin si fosse ricordato di me grazie alla forza dei miei pensieri, il silenzio della stanza viene interrotto da un breve squillo del telefono che mi indica che sia appena arrivato un messaggio. Dopo aver sbagliato la password di accesso per circa cinque volte e dopo essere finalmente riuscita ad aprire il messaggio, rispondo con un veloce "Si." alla domanda di Justin in cui cerca semplicemente di accertarsi che io sia ancora sveglia. E quando, come risposta, mi chiede di aprirgli la porta senza alcuna ulteriore spiegazione, dopo un lungo attimo di interdizione, mi precipito giù dal letto, per poi correre per la casa come una pazza nel bel mezzo di una crisi isterica con l'intento di non farlo aspettare nemmeno un secondo in più.

"Posso dormire qui, questa notte?" Mi chiede, con il viso contorto in un'espressione che non saprei nemmeno come identificare. Sembra infastidito e mortificato allo stesso tempo, cosa che mi rende piuttosto perplessa.
"Devo supporre che tra te e Clarice non sia andata molto bene?" Mi azzardo a chiedergli, accettando la sua richiesta con un vago cenno della mano, indicandogli anche di seguirmi nella mia avanzata verso la stanza.
"Non lo so nemmeno io." Asserisce in tono quasi afflitto. "È saltato fuori qualcosa che ha ribaltato completamente la situazione."

Per qualche secondo resto in silenzio, aspettando pazientemente che sia lui a continuare di sua spontanea volontà senza che io eserciti alcuna pressione su di lui, nonostante la curiosità stia raggiungendo livelli preoccupanti. Tuttavia, Justin sembra in difficoltà come non mai. Quindi mi sento quasi costretta a buttare fuori una qualsiasi domanda per aiutarlo ad aggrapparsi a qualcosa, in modo da superare il blocco che improvvisamente si è impossessato della sua mente solitamente lucida.

"Come ha reagito?" Gli chiedo, guardandolo mentre si siede sul letto distrattamente. Ha le spalle curve, come se un peso gravoso si fosse appena aggiunto a tutti quelli che si portava già dietro, e le mie sensazioni negative aumentano a dismisura. C'è qualcosa di nuovo e di strano che lo affligge.
"Male, ma questo è tipico di Clarice." Risponde, picchiettandosi una gamba con I polpastrelli. "Sai cosa mi ha detto? Che ha un disturbo della personalità e che le è stato diagnosticato da almeno due anni e mezzo. E sai cosa vuol dire questo?"
"Cosa?" Ribatto, rendendomi conto, piuttosto a malavoglia, che non potremmo essere più lontani dal chiudere l'argomento "Clarice".
"Che per due anni e mezzo non le è mai passato nemmeno per l'anticamera del cervello l'idea di dirmi la verità." Asserisce, facendosi affiorare un sorriso triste sulle labbra. "In qualche modo, ci siamo fatti un torto a vicenda. Lei non ha mai preso le mie difese e io non mi sono assicurato che tutto stesse andando bene dietro alla sua solita aria nervosa e arrabbiata. E mi sento davvero in colpa, perché questo rende piuttosto chiaro che anche io sia stato un amico terribile. Si, ci siamo fatti male a vicenda."

Ascolto il suo breve monologo, detto tutto d'un fiato, in silenzio. Anche io sento un po' di rimorso... ma non per la stessa ragione. Quello che mi fa, in un certo qual modo, inorridire è il fatto che io non provi alcun dispiacere per Clarice. Questa storia del disturbo della personalità mi lascia totalmente fredda e non sta suscitando nemmeno un po' di quella compassione che normalmente tendo a provare per chiunque si trovi in una qualunque difficoltà. L'unica cosa che mi passa per la testa è che, avendole confessato ciò, ha fatto in modo che Justin tornasse sui sui passi. Mi sento una persona orribile, ma questo è tutto ciò che riesco a formulare nella mia mente.

"Whitney, non sono cieco, so che non ti piace Clarice tanto quanto tu non piaci a lei." Rompe Justin il silenzio. "E mi rendo conto che a questo punto è impossibile che ci sia un qualunque rapporto tra di voi, per come Clarice si è comportata. Ma ti prometto che il mio tentativo di riscattarmi con lei non intaccherà ciò che c'è tra di noi, okay? Non succederà."
"Okay." Ribatto, pur non essendone affatto convinta. E Justin lo percepisce immediatamente, tant'è che cambia rotta e mi attira nelle sue braccia mentre si sdraia pigramente sul letto, portandomi con sé. Mi accarezza i capelli e mi ricorda quanto vorrebbe che io potessi partire insieme a lui, cosa che, lui non ne ha la più pallida idea, fa aumentare ancora di più il mio senso di irrequietezza.

L'unica cosa che mi frena dal continuare a mostrare il mio scetticismo è la sua aria stanca. Non riesco a provare dell'interesse per i problemi di Clarice, ma non potrò mai essere disinteressata quando si parla di Justin. Perciò mi sforzo a mostrarmi tranquilla finché lo vedo cadere in un sonno profondo, ancor prima di avere il tempo di togliersi I vestiti e strisciare sotto le coperte.

Il mio cervello, tuttavia, continua ad andare a mille senza mai rallentare dal creare mille ipotesi. Così abbandono l'abbraccio di Justin per andare in cucina e prepararmi un té, cercando di essere il più silenziosa possibile. Ma considerando che dopo qualche minuto vengo raggiunta da una Hana assonnata, immagino che io non ci sia riuscita nel mio intento.

"Stai cercando di demolire la casa?" Mi stuzzica, sedendosi sul piano di lavoro.
"Scusami, pensavo di essere stata silenziosa." Mi difendo, ridacchiando piano.
"Sei ancora più turbata di prima." Nota, sbadigliando senza sosta.
"Sai che Clarice ha un disturbo della personalità? No, certo che non lo sai. Non lo sapeva nemmeno Justin." Farfuglio, girando e rigirando il cucchiaino nella tazza. "Non è un po' strano che sia venuto fuori questo discorso proprio quando Justin ha visto la sua vera faccia?"
"Pensi non sia vero?" Mi chiede Hana, dopo essersi presa un paio di secondi per capire ciò che sto cercando di dire senza alcuna introduzione e senza niente che le renda chiaro quale sarà la piega che prenderà la conversazione.
"No, deve essere vero." Asserisco sottovoce.
"Allora pensi che sia vero, ma che stia usando questa verità per manipolarlo." Insiste la mia amica, cogliendo il punto. "Sono contenta che anche tu stia aprendo gli occhi."
"Cosa posso fare?" Le chiedo consiglio, sperando che lei trovi delle risposte.
"Niente, non c'è niente che tu possa fare. Puoi soltanto fare un passo indietro e stare sempre sull'attenti, perché è chiaro che quella stronza sa come trasformare Justin in una marionetta." Mi dice, senza mezzi termini. " Ma, Whitney, non ti ancorare troppo a questa relazione, ti prego. Quando sentirai di non potercela più fare, tirati fuori senza pensarci due volte. Troverai un'altra persona come Justin, che inoltre, se sei fortunata, non si porterà dietro, come fardello, una miglior amica psicopatica. Perciò, riflettici bene okay?"

Il cielo nei tuoi occhi d'ebanoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora