Capitolo 14- Justin

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Un po' del malumore accumulato nel corso della giornata scivola via quando lo sguardo di Whitney si illumina alla vista della vecchia fabbrica che, per qualche sera, funge da galleria d'arte.
Ci sono passato prima di recarmi al Coffee Shop in modo da assicurarmi che non la stessi per portare in un postaccio. E, benché, per quanto mi riguarda, non sia il posto ideale da frequentare, non appena ho visto i vari quadri circondati dal buio e messi in risalto soltanto dalla luce di qualche abat-jour solitario, seminato in qua e là, sono diventato esaltato come un ragazzino. Mentalmente, non ho potuto davvero fare a meno di congratularmi con me stesso e darmi una pacca sulla spalla per essere riuscito a decifrare Whitney meglio di quanto io riesca a decifrare me stesso.

"Come hai fatto a trovare questo posto?" Mi chiede, avvicinandosi a me al punto che le nostre braccia si sfiorano ad ogni passo. L'atmosfera la incuriosisce fino a farle provare una certa attrazione e, allo stesso tempo, la fa rabbrividire. La sua paura è quasi palpabile.
"Ne ho sentito parlare un sacco ma non mi è mai passato per la testa di vedere il tutto con i miei occhi." Inizio, per poi fermarmi quando sono costretto ad allontanarmi leggermente da lei e schivare uno sconosciuto impallato di fronte ad un quadro. La luce soffusa che illumina quasi esclusivamente i quadri non ci aiuta molto a capire in quale direzione stiamo andando o in chi ci stiamo per imbattere. Ma quest'aria di mistero che ci circonda, sicuramente fa parte dei punti di forza di questa strana mostra d'arte.

L'attenzione di Whitney viene presto monopolizzata da un quadro che raffigura un prato pieno di piccole margherite. L'immagine di per se, se guardata senza analizzare troppo ogni dettaglio, potrebbe addirittura infondere un senso di pace in chi se la trova davanti agli occhi. Ma avvicinandoci  la prospettiva cambia totalmente, soprattutto quando vendiamo, in un angolino del quadro, quella che sembra essere la la metà di una testolina da bambina con il sorriso malvagio e gli occhi insanguinati. Un brivido mi attraversa la spina dorsale, ma cerco di nascondere al meglio la mia reazione quando noto che Whitney non ne sembra affatto colpita e, anzi, è semplicemente ancora più curiosa di prima.

Già al terzo quadro di fronte a cui ci fermiamo stabilisco, segretamente- senza la minima intenzione di esprimerlo a parole, che questa sia letteralmente la mostra d'arte più inquietante che sia mai stata organizzata a New York. I quadri sono incentrati principalmente sul contrasto tra la bellezza della natura e la crudeltà dell'essere umano, e per me il risultato ha un che di orrido, a tratti inquietante da farti rabbrividire. Eppure, Whitney- essere apparentemente fragile e facilmente impressionabile, con ogni istante che passa, sembra sempre più ammaliata, perciò le risparmio i miei pensieri critici e la osservo in silenzio, godendomi la sua aria estasiata.

"Non stai prestando la minima attenzione ai quadri." Mi fa notare, infatti, solo qualche minuto più tardi con lo sguardo ancora puntato di fronte a sé.
"Preferisco guardare te." Rispondo, arricciando il naso, mentre faccio affondare di più le mani nelle tasche dei jeans. Mi serve un diversivo per riuscire a tenerle al loro posto e non fare l'errore di attirarla verso di me. L'ultima cosa che voglio è proprio apparire troppo soffocante, anche se di fatto, in questo preciso istante, la stringerei più che volentieri tra le mie braccia.
"Se solo li guardassi, noteresti un sacco di cose che probabilmente ti piacerebbero tanto quanto piacciono a me."  Ribatte, dandomi un piccolo colpetto sul braccio.
"Continuo a preferire te." Ripeto con convinzione, chinandomi leggermente per schioccarle un bacio sull'angolo della bocca. "Tu ammiri i quadri e io ammiro te. Il tutto può essere considerato abbastanza equo, non credi? In fondo, in questo modo, siamo entrambi contenti."
"Adulatore." Mi apostrofa a bassa voce, tirandomi un altro colpo leggero, questa volta sul petto.

Senza riuscire più a reprimere il sorriso che rischia di spuntare ad ogni sua parola, mi avvicino nuovamente a lei per posarle un fugace bacio sulle labbra, per poi analizzare la sua espressione nella luce fiocca dell'abat- jour posizionato su un piccolo scaffale vecchio, attaccato ad una parete altrettanto vecchia. Questo posto ha tutta l'aria del luogo perfetto per girare un film horror piuttosto che per fare una rispettabile mostra d'arte. Ad ogni modo, a me non importa se ci troviamo in un buco o in un palazzo finché Whitney sembra apprezzare.
Pertanto continuo a seguirla distrattamente nel suo giro, nutrendo la mia anima col suo buon umore.

Il cielo nei tuoi occhi d'ebanoTempat cerita menjadi hidup. Temukan sekarang