Mi rende solo più stronzo

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Noto che le letture sono costanti e ciò mi fa immaginare che vi stia piacendo la storia e ne sono davvero felice.
Ho voluto sperimentare, in questo capitolo, qualcosa di particolare, una sorta di monologo personale. Spero non vi risulti noioso, ma che lo possiate apprezzare.

Buona lettura.


Il braccio di Lauro è abbandonato fuori dal finestrino, mentre guida per le strade romane, guardandosi distrattamente attorno, per poi concentrarsi su Samantha che per tutto il viaggio non ha parlato, concentrata a guardare la città:

"Non ti è piaciuto?"

"Cosa?"

Domanda lei, guardandolo:

"Il Luna Park dove ti ho portato, non ti è piaciuto?"

"No, no, al contrario, è stato bellissimo, solo che non sto bene e non riesco ad apprezzarlo, scusami."

"Nulla."

Stringe le labbra il biondo, mettendo entrambe le mani sul volante e premendo sull'acceleratore, notando con la coda dell'occhio Samantha girarsi di colpo verso qualcosa che hanno lasciato indietro:

"Che guardavi?"

"Nulla, nulla."

"Dimmelo." Si impone come suo solito, guardandola negli occhi, obbligandola con lo sguardo a parlare:

"Una gelateria che hanno aperto qualche annetto fa. Mi ci aveva portato mio padre e non ci sono mai tornata."

"Ho capito di quale parli. Si, è buona..."

"Peccato per il ricordo a cui è legata."

"Si possono sempre cambiare e farne di nuovi. Non sostituirli, quello è impossibile, come per le persone anche per i ricordi. Non esiste che vengano sostituiti, ti dimenticheresti, sì, il dolore, ma anche la gioia nel momento in cui li hai vissuti.

Sai..." Inizia il biondo, fermandosi sotto il palazzone dove, una ventina di minuti dopo, si terrà l'incontro. Si appoggia al sedile, spegnendo il motore, ma senza guardarla: "Cinque anni fa avevo una ragazza. L'unica ragazza che io abbia mai realmente amato, l'unica a cui io abbia affidato il cuore, per via dell'età, per la mia incoscienza, perché ero preso, non lo so. Fatto sta che le diedi la mia completa fiducia. Non era la mia prima fidanzata, ma lei era identica a me.

Uguale.

Stessi capelli tinti, stesse parti del corpo tatuate, stesse idee e stesso modo di pensare.
Era guardarsi allo specchio con lei.
Era assurdo e spaventoso allo stesso tempo. Ma l'amavo Sam, cazzo se l'amavo, avrei dato la mia vita per quella ragazza.
Ma sai..." Fa una piccola paura, respirando a fondo: "Quando giochi troppo con il fuoco ti scotti per forza. Lei non mi ha dato il tempo di scottarmi e la successiva possibilità di allontanarmi. Oh no... Lei è diventata incendio, inglobandomi nelle fiamme senza lasciarmi scampo.
Non avevo più il controllo su nulla di quell'amore. Ma non era malato o che altro. Era solo troppo. Troppo. Tutto era troppo in quel rapporto e io non lo capivo. La droga mi annebbiava il cervello e la vista e lei lo sapeva, seppur succedeva anche a lei, ma lei era più umana, io mi facevo trascinare tra i mille complessi adolescenziali, la mia voglia di mostrarmi e chi mi circondava, che di certo non aiutava.

Lei godeva nel vedermi così vulnerabile. Ma lei era sola. Io no. È assurda questa cosa. Lei aveva il mondo ai piedi, era moderatamente ricca, bella, simpatica. Io tutto l'opposto; ma la verità era che lei era mangiata dalla solitudine, e io, nonostante non lo comprendessi, avevo mio fratello, i miei amici che, nello stesso modo nel quale mi portavano sulla cattiva strada, erano anche in grado di prendermi e tirarmi fuori dai casini, da lei.

Di Nuovo Maggio | Achille LauroDove le storie prendono vita. Scoprilo ora