29 - take a break

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Il tempo per Jisung si era fermato ancora una volta e la stessa sensazione l'avevano pure il suo cuore e il suo respiro; si sentiva intrappolato in una stanza senza aria, faceva fatica a respirare correttamente. Aveva lo sguardo fisso sull'ora del suo cellulare, Minho era andato via oramai da più di due ore. Fuori era quasi notte, si domandava dove potesse essere andato a quell'ora, Jisung stava per impazzire. Le gambe non la finivano di tremare, sedute sul divano. Aveva provato ad alzarsi e andare fuori a cercarlo, ma non aveva più le forze per sollevarsi, era bloccato. Non riusciva ancora a realizzare quello sguardo affranto, distrutto di Minho. Voleva dimenticarlo, cancellarlo, ma più chiudeva gli occhi e più quell'immagine si faceva vivida nella sua testa; ideò che quella era la sua punizione, che se lo meritava per ciò che aveva fatto. Non aveva smesso di piangere da quando suo marito aveva varcato la soglia della porta, si sentiva svuotato da ogni emozione, adesso c'era solo il vuoto a regnare nella sua testa e nel suo cuore. Aveva confessato, si era tolto il peso da dosso, ma non gli era rimasto più niente. Sobbalzò di scatto a sentire il rumore delle chiavi girare nella toppa, il suo cuore iniziò a battere di nuovo, questa volta più velocemente. Si voltò in direzione del corridoio, avvistando la figura di Minho in piedi, che lo stava guardando da lontano. «Minho» Jisung ritrovò le forze di alzarsi, correndo nella sua direzione. Voleva abbracciarlo, stringerlo tra le sue braccia e non lasciarlo mai più, farsi perdonare per quello che aveva fatto, ma Minho non glielo permise; lo bloccò prima che potesse avvolgerlo con le sue esili braccia. Per Jisung fu come cadere bruscamente a terra da un palazzo altissimo, ma alla fine cosa si aspettava? Come poteva pretendere il perdono. Jisung chiuse gli occhi d'impulso, come a prepararsi per le parole che avrebbe detto Minho. «Prendiamoci...» Minho si fermò, come a prendere coraggio. «Prendiamoci una pausa» terminò, serio. Jisung aprì di scatto gli occhi. Sentì di nuovo la debolezza nelle sue gambe, ma fece tutto il possibile per non crollare a terra. «Minho, per favore...» Allungò le sue mani a quelle di Minho, ma quest'ultimo le scansò ancora una volta; Jisung era disperato. «Vado a prendere tutte le mie cose, andrò a vivere nel mio vecchio appartamento, tu puoi rimanere qui» aveva detto quelle parole senza espressione, con freddezza e arrivò al cuore di Jisung come una scheggia di ghiaccio. «No! Come posso rimanere qui senza di te?» i suoi occhi erano lucidi, quelli di Minho inespressivi. Lo stava guardando con una freddezza disumana, lì Jisung si spaventò; si era reso conto che Minho stava facendo davvero sul serio e che non avrebbe cambiato idea, l'aveva perso. «Invita Hyunki» aveva risposto, velenoso. Ogni volta che Minho nominava quella persona, quel nome, era come se avesse il cibo più amaro nella bocca. «Minho!» Jisung stava ricevendo sempre più colpi, non sapeva fin quando avrebbe retto. «Minho cosa? Quando l'hai baciato non eri così sconvolto» il suo sguardo era deluso e per Jisung era ancora più doloroso e tagliente di quello freddo che di solito faceva; Minho aveva perso la fiducia in lui e questo lo faceva impazzire. «Ti prego, cosa posso fare per farmi perdonare» Jisung ci provò lo stesso, tormentato, anche se già immaginava la risposta. «Non voglio stare con un ragazzo che non è sicuro dei suoi sentimenti» la durezza di Minho era sparita, facendo capolino la tristezza. «Vedi... non lo neghi» continuò davanti al silenzio colpevole di Jisung. Minho si passò una mano tra il viso, strofinandosi gli occhi; stava facendo tutto il possibile per non piangere. «Sono soltanto... confuso» sussurrò Jisung, lo sguardo era rivolto verso le sue scarpe. Oramai non aveva più senso mentire, avrebbe solo peggiorato le cose con Minho. «Allora questa pausa ci servirà per schiarirci le idee» Minho aveva ripreso il suo tono duro, Jisung non riuscì più a trattenere le lacrime. «Non mi convincerai questa volta con le tue lacrime» Jisung continuava ad avere lo sguardo basso, non ce la faceva più a guardare il viso deluso di Minho, a guardare l'ultima speranza spegnersi. «Avrei accettato di tutto, sul serio» sospirò. «Ma questo... non posso lasciar correre» concluse Minho, Jisung sentì il suo corpo e il rumore dei suoi passi allontanarsi. Finalmente alzò gli occhi da terra, osservando la figura di Minho sparire dietro la porta della loro camera. Sentiva il rumore degli oggetti che venivano spostati, il rumore dei vestiti che venivano tolti dalle grucce per poi essere messi in una valigia. Jisung dovette appoggiarsi per un momento al muro; voleva raggiungere Minho e strappargli via dalle mani quei vestiti, bloccarlo, ma era terrorizzato. Dopo una ventina di minuti Minho uscì fuori con la valigia, per Jisung fu un'eternità straziante. «Vado, prenderò le ultime cose domani» Minho aveva detto quelle parole senza guardare in faccia Jisung, l'aveva superato trascinandosi dietro la valigia. Jisung non ce la fece più; lo raggiunse, avvolgendo le braccia intorno la schiena di Minho. Ci appoggiò sopra la testa, non riuscendo a trattenere un singhiozzo. Voleva almeno sentire il calore del suo corpo per un'ultima volta. Minho stranamente lo lasciò fare, Jisung poté giurare di sentirlo tremare. Rimasero così per un paio di secondi. Prima che potesse fare qualcos'altro, Minho si staccò bruscamente dalla presa di Jisung, facendolo quasi cadere. Aprì la porta, senza guardarsi indietro. Nel momento in cui la porta si chiuse, Jisung crollò a terra.  

minsung; married lifeWhere stories live. Discover now