48 - attackers

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Era pomeriggio e Jisung aveva appena terminato la sua giornata lavorativa. Era sceso dall'autobus e doveva percorrere un tragitto abbastanza lungo per tornare a casa, era stanchissimo ma cercava di farsi forza pensando alla serata in allegria che avrebbe passato insieme a Minho una volta che quest'ultimo fosse tornato dal lavoro. Erano settimane che Minho si univa a Jisung al divano per guardare un film o un drama, o al letto invece di rinchiudersi subito nel suo ufficio. Stavano passando molto più tempo insieme e Jisung era felicissimo, finalmente erano tornati quelli di un tempo, con la differenza che Jisung non costringeva più Minho a lasciar perdere il lavoro, non insisteva più a voler attenzioni; era partito tutto direttamente da Minho. Avevano davvero imparato dai loro errori, Minho era più presente e Jisung era meno assillante ed egoista. Aveva imparato a capire ancora di più suo marito, Jisung doveva accettare che Minho era una persona misteriosa e che aveva ancora tanti altri lati da mostrare, ma per lui andava bene così. Avrebbe aspettato, Minho se voleva farlo, con i suoi tempi gli avrebbe rivelato tutto, anche la più piccola sciocchezza. Jisung sorrise contento mentre camminava, doveva fare solo un altro paio di passi e finalmente era giunto a destinazione. Stava per girare l'angolo, dove si trovava la casa sua e di Minho, quando all'improvviso tutto intorno a sé iniziò a giare; non capì più niente. Jisung che un secondo prima era in piedi, quello dopo si ritrovò sdraiato a terra senza rendersi conto di cosa fosse accaduto. Si trovava a pancia in giù, il viso era rivolto verso l'asfalto con le sue mani che reggevano il suo corpo. La testa gli faceva male da morire, portò la sua mano verso la sua direzione e notò del sangue; sgranò gli occhi. Voleva alzarsi ma ciò gli fu impossibile, la testa iniziò di nuovo a fargli un male cane e lì si rese conto che quello era dovuto da una botta. Sembrava che una mazza lo stesse colpendo in continuazione, ma da chi? Perché? Jisung non capiva. Voleva reagire, fare qualcosa, ma a quei colpi di mazza si aggiunsero anche dei calci che lo colpirono in pieno sul viso e nello stomaco. Jisung sputò sangue, con la testa che gli girava come una trottola. Non fu capace di vedere il viso dei suoi aggressori, i suoi occhi stavano diventando man mano sfocati. Non era capace a descrivere il dolore che stava provando in quel momento, voleva soltanto che quel supplizio fosse finito al più presto, non ce la faceva più a tenere gli occhi aperti. Non riusciva nemmeno ad urlare, dire una parola, era come se la sua voce fosse scappata via dalla gola. E dopo quella che era sembrata un'eternità, i colpi sul suo corpo finalmente cessarono e fu travolto da un straziante silenzio, come se tutto quell'episodio non fosse mai successo; ma era accaduto, la prova era un Jisung agonizzante, che non riusciva a muovere nemmeno un muscolo per le ferite. Tossì, sputando altro sangue. Era circondato da quest'ultimo, pensò che l'avevano ridotto davvero male, non aveva il coraggio di guardarsi. Almeno era ancora cosciente. Con fatica e con mano tremante afferrò il suo cellulare dalla tasca, in quel momento avrebbe dovuto chiamare l'ambulanza, la polizia, ma l'unico numero che gli venne in mente fu il suo. «Minho...» riuscì a sussurrare non appena suo marito rispose alla chiamata, ma la risposta di Minho alle orecchie di Jisung non arrivò mai. Non ce la fece più a tenere gli occhi aperti, la sua mano lasciò la presa sul suo cellulare facendolo cadere a terra, con Minho ancora in linea. Gli occhi di Jisung si chiusero piano, facendolo sprofondare nel buio.  

minsung; married lifeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora