58 - husband and husband

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Avviso: il capitolo è abbastanza lungo.

Le mani di Minho non riuscivano a smettere di tremare. Le aveva strofinate parecchie volte sui pantaloni neri, asciugando anche il sudore dei suoi palmi, ma Minho non riusciva a stare calmo. Stava per accadere, finalmente stava per accadere. Ma allo stesso tempo per Minho fu davvero veloce, lui e Jisung si erano trasferiti in Australia soltanto da un mese; era già gennaio. Stavano iniziando ad abituarsi a quel mondo, alla fine avevano passato entrambi il colloquio di lavoro, avevano iniziato a lavorare subito il giorno dopo. Minho stava imparando le basi dell'inglese, un po' grazie all'assistente che gli avevano assegnato e un po' grazie a Jisung. Mentre Jisung, poté notare Minho, era davvero felice. Quell'agenzia a differenza di quella in Corea si prendeva cura dei suoi dipendenti e non li stressava fino a farli lavorare ad orari assurdi. Erano successe così tante cose in solo un mese e adesso lui e Jisung si stavano pure per sposare. Minho si trovava al comune, seduto nella sala d'aspetto, impaziente che chiamassero il loro nome e allo stesso tempo impaziente che arrivasse Jisung. «Jisungie muoviti» sussurrò tra sé e sé, ansioso. Jisung era sempre noto fare ritardo nelle occasioni più importanti, per Minho gli sembrava di svenire da lì a poco. E come se Jisung l'avesse letto nel pensiero, arrivò correndo verso di lui. Tutta la tensione che Minho aveva accumulato gli scivolò via dal corpo come l'acqua. «Eccomi, scusa il ritardo» Minho restò imbambolato a guardarlo per alcuni secondi. Non l'aveva mai visto con un vestito elegante addosso, era il classico completo da uomo nero eppure Jisung era capace di farlo brillare quel nero, di renderlo più colorato e allegro. «Stai bene» gli disse Minho senza pensarci. Jisung si bloccò per alcuni secondi, non sapendo esattamente cosa dire; fu inaspettato. «Non ci siamo ancora sposati e già vuoi uccidermi, era questo il tuo piano?» disse Jisung, portandosi drammaticamente la mano al petto. Scoppiarono entrambi a ridere, Minho fu grato a Jisung ancora una volta per aver sciolto la sua ansia e per averlo fatto sorridere. «Lee Minho e Han Jisung» la signora del comune, dietro il vetro spesso, chiamò il loro nome. Impulsivamente i due si presero per mano, avanzando nervosi nella direzione della donna. Quest'ultima spiegò un po' le procedure, i ragazzi annuirono attentamente, ancora un po' nervosi. Dopo che la signora ebbe finito di parlare, finalmente diede a loro le carte del matrimonio, i ragazzi dovevano compilare alcuni punti e infine firmare. Arrivarono entrambi nella parte della firma, prima di scrivere il loro nome Minho e Jisung si guardarono, sorridendosi; erano ufficialmente marito e marito, anche dal punto di vista della legge.  

«E con questo abbiamo finito» disse Chan aggiustando l'ultimo tavolo nel giardino di Minho e Jisung. Era tardo pomeriggio, si sarebbe fatta sera da lì a poco. Chan si era offerto a tutti i costi come volontario per aiutare Minho e Jisung con i preparativi della festa, tra un'oretta Minho sarebbe dovuto andare all'aeroporto per prendere la loro famiglia e i loro amici. Dopo essersi sposati al comune, Minho e Jisung avevano deciso di fare una piccola festa con solo la loro famiglia e i loro amici più stetti, anche se Jisung era sicuro che la sua famiglia non sarebbe venuta. Sospirò. L'avevano promesso alla mamma di Minho, sennò per loro due andava bene semplicemente una cenetta romantica. La cosa più importante era essere diventati ufficialmente marito e marito, Jisung ancora non riusciva a crederci. D'istinto posò lo sguardo sulla sua mano ma non vide nessun anello, già! Lui e Minho non si erano ancora scambiati gli anelli, si domandava quando l'avrebbero fatto perché le fedi le avevano, erano andati proprio insieme a comprarle e avevano trascorso un'ora intera a decidere quale scegliere per colpa dei loro gusti diversi. Jisung sorrise a quel ricordo. «Jisungie, io e Chan andiamo» Minho gli si avvicinò baciandolo sulle labbra, Jisung li salutò urlandogli un "state attenti". Jisung si sedette su una delle tante sedie che avevano allestito e guardò il loro giardino addobbato elegantemente di bianco. Sembrava di stare in un vero ristorante all'aperto, Chan aveva fatto ancora una volta un'impeccabile lavoro, quel ragazzo sapeva fare tutto. Jisung era contento ma nel profondo del suo cuore era anche un po' ansioso. Non c'entrava Minho e nemmeno il matrimonio, stava pensando alla sua famiglia. Gli sarebbe piaciuto avere il loro supporto in quella giornata tanto importante, almeno il supporto dei suoi genitori. Non riuscì a non agitarsi, a chiedersi se davvero non sarebbero venuti o avrebbero fatto uno sforzo per suo figlio. Non l'avevano mai accettato. Non avevano mai accettato Minho, la loro relazione, il fatto che vivessero insieme. Jisung non li capiva, alla fine la vita era la sua, lui era gay non loro, perché dovevano comportarsi in quel modo? Perché non potevano semplicemente pensare che suo figlio era felice? Dall'ansia Jisung passò alla rabbia, se dovevano fare uno dei loro soliti discorsi allora era meglio che non venivano proprio. Senza rendersene conto, Jisung osservò il cielo farsi blu; era sera. Chan e Minho arrivarono dopo un po', seguiti a ruota da un paio di taxi. Il cuore di Jisung iniziò a battere un po' più velocemente. «Jisung-ah! Wow, come siamo eleganti» la mamma di Minho si avvicinò a lui stringendolo in un forte abbraccio, Jisung ricambiò la stretta felice, Minho era davvero fortunato. In un batter d'occhio il giardino iniziò a riempirsi dalla famiglia di Minho (erano venuti soltanto la mamma, il padre, la nonna, una zia e uno zio con cui aveva un forte legame) e i suoi amici e colleghi stretti, e gli amici stretti di Jisung. Jisung li salutò uno a uno, in totale erano una ventina contando anche lui, Minho e Chan. Erano poche persone ma per loro due andavano più che bene, erano le persone più care che avevano nella loro vita. Jisung non si sorprese a non vedere la sua famiglia, anche se in fondo ci sperava. Sospirò, con un piccolo dolore al petto, quando all'improvviso arrivò un altro taxi. «Deve venire ancora qualcun altro?» chiese Jisung a Minho e quest'ultimo fece no con la testa, confuso anche lui. Quando Jisung vide la persona scendere dal taxi, i suoi occhi si sbarrarono e il suo corpo divenne di pietra; era sua mamma. Alla fine, almeno lei, era venuta. Non la vedeva da un sacco di tempo. La piccola donna da lunghi capelli neri si avvicinò incerta, imbarazzata. Le lacrime iniziarono a scendere copiose sul viso di Jisung, senza controllo. Quest'ultimo corse nella direzione della donna, stringendola in un forte abbraccio. «Mi sei mancata» riuscì a dire Jisung tra i singhiozzi, la mamma gli accarezzò affettuosamente i capelli. «Mi dispiace tanto Jiji, spero tu possa perdonarmi» anche la donna stava piangendo. 

«Bene, signore e signori, è il momento del discorso!» Chan si era alzato dal tavolo, gli invitati stavano mangiando e parlando allegramente tra di loro. La serata stava procedendo in tranquillità, Jisung e sua mamma parlarono tanto, Minho li stava guardando con un sorriso; era così felice per suo marito, se lo meritava. Marito, adesso questa parola suonava in modo diverso, aveva assunto un significato più serio, reale. Minho tornò al presente, alzando gli occhi al cielo alle parole di Chan. «Il discorso è davvero necessario?» sbuffò Minho, ricevendo una gomitata da parte di sua madre. «Non fare il solito guastafeste, alza quel sedere dalla sedia!» lo rimproverò sua madre e Minho dovette alzarsi controvoglia. Jisung lo raggiunse con un sorriso, i due si presero per mano mettendosi di fronte a Chan, che faceva finta di essere il prete. Tutta quella situazione era così imbarazzante e surreale ma allo stesso tempo divertente, Minho non era mai stato così felice in tutta la sua vita. «Sposini fate prima il discorso e poi scambiatevi gli anelli» Chan aveva gli anelli in mano, appoggiati su un fazzoletto blu. Minho glieli aveva dati prima, in realtà lui e Chan avevano organizzato la storia del discorso, anche se Minho era imbarazzato all'idea ma sapeva che a Jisung piaceva. Infatti quest'ultimo fu sorpreso di vedere gli anelli, si girò verso Minho sorridendogli. «Inizio io» disse Jisung e Minho lo ringraziò mentalmente, non sapeva proprio come iniziare. I due continuavano a tenersi per mano, questa volta entrambe le mani. «Min» era la prima volta che Jisung usava quel soprannome per Minho, il cuore di quest'ultimo iniziò a battere più velocemente. «Grazie a te ho provato tantissime emozioni che non pensavo di saper provare. Grazie a te ho riso tanto, ho pianto tanto, ho capito cosa significa tenere a qualcuno... e perderlo. Non voglio più perderti, Min. Sei l'unica persona che mi fa battere il cuore, che mi fa sentire amata, che riesce a frenare la mia impulsività, che mi appoggia in ogni mia scelta. Non sei un ragazzo di tante parole, preferisci di più compiere dei gesti e io da parte tua ne ho ricevuti tantissimi. Non so come ringraziarti» quando Jisung finì il discorso, gli occhi di Minho erano lucidi. Fece tutto il possibile pur di non piangere, non voleva rovinare quel momento prezioso. Jisung afferrò l'anello dal fazzoletto di Chan e, prima di metterlo al dito di Minho, disse: «prometto esserti fedele sempre, nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia, e di amarti e onorarti tutti i giorni della mia vita. Ti amo». Era il turno di Minho, il moro aprì subito la bocca, senza nemmeno pensarci; era il suo cuore sincero a parlare. «Sei entrato nella mia vita come un tornado, spazzando via ogni mia logica e precisione. Con te ho capito che in amore non c'è nessun limite, nessuna regola da seguire. Sei il mio sole che cancella ogni mia insicurezza e tristezza, sono stato così fortunato ad averti incontrato» il suo discorso fu breve ma entrò dritto nel cuore di Jisung; quest'ultimo aveva gli occhi lucidi, anche lui stava facendo tutto il possibile per non piangere. Minho prese l'anello e anche lui, prima di metterlo al dito di Jisung, disse: «prometto esserti fedele sempre, nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia, e di amarti e onorarti tutti i giorni della mia vita. Ti amo». Chan aveva assistito alla scena con un caloroso sorriso sulle labbra, anche lui era commosso. «Gli sposi si possono baciare!» Minho e Jisung lo fecero all'istante, fu un bacio breve ma carico di amore puro. Gli invitati urlarono e applaudirono, le mamme degli sposi stavano piangendo mentre si asciugavano le lacrime, anche il padre di Minho aveva le lacrime agli occhi ma fece finta di nulla. Minho e Jisung si persero nel guardarsi, tutto il resto svanì; stavano parlando con gli occhi, si stavano promettendo amore eterno.

minsung; married lifeWhere stories live. Discover now