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15 aprile 20XX

Avevo pianto così tanto che prima di riuscire ad aprire gli occhi avevo dovuto strofinarli più e più volte. Quando finalmente ci riuscii cercai di visualizzare la mia stanza, ignorando la testa che martellava.

Tuttavia mi resi conto che qualcosa non andava: normalmente, quando dormivo, il muro si trovava alla mia destra; stavolta invece era a sinistra. Tutto nella stanza era disposto specularmente a come lo ricordavo.

Aprii completamente gli occhi e finalmente realizzai: quella non era la mia stanza. Era quella di Katsuki.

E io ero nel suo letto.

Come era potuto succedere?!

Dopo aver ripreso completamente coscienza iniziai a fare mente locale: indossavo il pigiama sopra ad altri vestiti leggermente umidi, avevo tre coperte e un piumone sopra di me e sul comodino era appoggiato un termometro. Accanto ad esso c'era una sveglia che segnava le undici e diciotto minuti.

«I dormitori!» urlai lanciando via le coperte. «No, no, no...» iniziai a borbottare tra me e me mentre tornavo nella mia stanza.

Quando arrivai, però, la porta era chiusa a chiave.

«La mia roba...la scuola... i dormitori...» iniziai a dire senza neanche esserne cosciente.

Un brivido mi scosse tutto il corpo e mi fece cedere le gambe: fui costretta a sedermi per terra, con la schiena appoggiata alla porta. La testa mi girava come una trottola e tutto ciò che vedevo era punteggiato di macchie nere via via sempre più grandi. Nel giro di pochi attimi, lì, in mezzo al corridoio, svenni.

❀ ❀ ❀

Per la seconda volta mi risvegliai nella stanza di Katsuki, ma con la testa ancor più dolorante di prima e il volto bollente dalla febbre. Mi sentivo troppo spossata per mettermi a sedere, perciò non mi mossi di un millimetro ed esaminai di nuovo la stanza rimanendo sepolta sotto le coperte. Arrivai a chiedermi se il fatto di aver cercato di raggiungere la mia camera fosse stato solo un sogno, ma l'unico modo per scoprirlo era chiedere a qualcuno. Purtroppo, però, Mitsuki e Masaru erano al lavoro e Katsuki a scuola.

O almeno credevo che lo fosse.

Invece, dopo che ebbi inquadrato meglio la camera da letto, mi accorsi che era seduto alla scrivania intento a scrivere, ricurvo su dei libri, mentre stringeva una sorta di pallina antistress nella mano sinistra.

«Perché...?» chiesi, lasciando che fosse lui a intuire il resto della frase.

Ruotò la testa alla sua sinistra per guardarmi in faccia mentre parlavamo e lasciò andare la matita con cui stava scrivendo. Sospirò, si tolse gli occhiali e si abbandonò sullo schienale della sedia. «Che ti è successo stavolta?»

«Non lo so...» mormorai percependo nuovamente dei brividi.

«Te lo dico io.» rispose ruotando la sedia verso il letto. «Ieri a mezzogiorno non ti eri ancora svegliata, così mia madre è venuta a chiamarti e ti ha trovata in un blocco di ghiaccio. Tutta la stanza era congelata.»

Feci fatica a credere che le sue parole fossero veritiere, ma ciò spiegava come mai mi trovassi nella sua.

«Ma non è finita qui.» aggiunse. «Stamattina, mentre ero in cucina, ho sentito il rumore di una porta che sbatteva. Sono venuto a controllare e ti ho trovata fuori dalla tua camera, svenuta.»

Rimanemmo a fissarci per lunghi secondi come se ognuno stesse pretendendo ulteriori spiegazioni dall'altro.

«Perché non sei andato a scuola?»

«Hai quaranta di febbre, idiota.» rispose alzandosi in piedi. «Se non fossi rimasto a casa saresti ancora in corridoio.»

«Ma i dormitori...» mormorai sdraiandomi a pancia in su.

«Abbiamo tutto l'anno per andarci.» disse avvicinandosi al letto per poi prendere il termometro dal comodino e porgermelo.

«Che ore sono?»

«Circa le tre del pomeriggio.»

Mi misi seduta per provarmi la febbre e notai che a causa del congelamento prolungato avevo le mani rosse e gelide e non riuscivo a muovere le dita. «Puoi prendermi il cellulare e chiamare Mina?»

«Sono ancora a lezione gli altri.» mi ricordò sedendosi sul bordo del letto a circa un metro da me. «E il tuo cellulare è finito in mezzo al ghiaccio così come il computer.»

Mi si annodò lo stomaco quando ebbe finito di parlare. «Quindi sono entrambi da buttare??» chiesi in preda al panico conoscendo già la risposta.

«Sta' calma.» mi ordinò mettendo le mani avanti come per proteggersi. «Il cellulare era sulla scrivania, quindi si è salvato. Il computer... Non proprio.»

«Nel sentire quelle parole mi sembrò che il mondo mi stesse crollando sulle spalle. «Ma lì ci sono tutte le mie foto, i video, i documenti, le ricerche per scuola, i...»

«Smettila!» mi interruppe agitando le braccia. «Quello è il problema minore adesso. Piuttosto dovresti pensare a parlare ad Aizawa di questo casino, prima.» grugnì, ma in modo meno seccato del solito.

Mi misi le mani tra i capelli e abbassai lo sguardo sulle mie gambe. «Sta andando tutto a rotoli... ho perso tutti i ricordi che avevo dei miei vecchi amici e...» mi coprii il viso con le mani e non terminai mai quella frase. «Perché?»

Bakugo non rispose e sulla stanza calò un breve silenzio.

«Non voglio continuare così. Non posso...» la mia voce si fece più acuta, segno che stavo per piangere un'altra volta.

«Allora non essere passiva come hai fatto finora.» intervenne. «Da quando sei arrivata hai sempre pensato a fare tutto per accontentare gli altri. Sei venuta qui perché lo ha deciso tua madre, ti sei messa in pari con i compiti estivi per soddisfare i professori... E in tutto questo tu cosa stai ottenendo? Un cazzo.» I suoi occhi brillavano di una rabbia bruciante, ma che stava riuscendo a contenere: non era esploso all'improvviso come al solito, piuttosto stava consumando lentamente ciò che sentiva. «Non è possibile che ti congeli così spesso, e in parte è anche colpa tua. Sei una fottuta testarda che non vuole farsi aiutare. Pensi che solo perché ti trovi alla Yuei tu debba sembrare invincibile?» Si fermò per riprendere fiato e distolse lo sguardo. «Tutti noi abbiamo dovuto combattere i nostri fantasmi. Se pensi che andrai lontano evitando le tue paure stai davvero sbagliando tutto.»

Mi ci volle un po' di tempo per metabolizzare tutto ciò che Katsuki aveva detto con così tanta foga e velocità, come se parlare fosse stato un'urgenza inderogabile. Anche lui si stava concedendo degli attimi di silenzio, non so se per calmarsi o perché si sentiva in imbarazzo; tuttavia non sembrava pentito di ciò che aveva fatto.

«Vado a fare del tè.» disse ad un certo punto alzandosi in piedi. «Misurati quella cazzo di febbre.»


Angolo autrice
Ciao a tutti! Scusate per il ritardo ma ho aiutato mio fratello a studiare fino ad adesso e ora devo mettermi a fare i compiti (sigh :') )
Mi si spezzerà il cuore prima o poi a far soffrire così la mia piccina😢
Però come si dice, dopo la tempesta c'è sempre il sole :)
Spero stiate tutti bene anche parlando di scuola. Siete in dad o in presenza questa settimana? Io sono a distanza (per fortuna, dato che in questi giorni piove)
Passate una buona settimana! Bacioni🥰😘❤

Spicy caramelWhere stories live. Discover now