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21 maggio 20XX

La mail di accettazione mi arrivò verso le undici di sera, perciò passai tutto il martedì a preparare le valigie per la mia esperienza nel Kyushu. Mi sentivo tutt’altro che tranquilla, però non potevo negare che avrei sicuramente vissuto un’importante esperienza per la mia crescita nei panni di un eroe. Avvisai anche Kirishima come mi aveva chiesto di fare, e mi rispose che era sicuro che alla fine avrei ottenuto io quel posto.
A turbare la quiete della mia mattinata fu una telefonata decisamente inaspettata da parte di mia mamma. La prima volta ero rimasta a fissare il suo nome sul display dello smartphone così a lungo che aveva smesso di squillare. Risposi soltanto al suo secondo tentativo.
«Pronto?»
«Hikori! Ciao, tesoro.»
Tesoro. Addirittura. «Come mai mi hai chiamata?» chiesi con indifferenza mentre piegavo un maglioncino.
«Volevo farti sapere che sono riuscita a trovare un appartamento non molto lontano da Tokyo. Se ti va puoi venire a stare qui dato che adesso le lezioni rimarranno sospese fino a giugno.»
Sospirai. «Mamma, sono sospese perché dobbiamo fare il tirocinio. Sto preparando adesso le valigie.»
«E dove vai?» Non riuscivo a capire se fosse più dispiaciuta o sorpresa.
«Nel Kyushu.»
«Oh.» Non mi sembrò troppo entusiasta dell’idea. «E in quale agenzia?»
«Quella di Hawks.»
Ci rifletté un attimo su. «L’eroe biondo con le ali rosse?»
«Sì.»
«Caspita. Sbaglio o è uno dei più forti in circolazione? Ed è anche un modello, giusto? Vedo le sue pubblicità in ogni rivista che…»
«Sì, mamma, sì.» risposi scocciata. «Lo so, è famoso e forte.»
Ci fu una breve pausa durante la quale nessuna delle due sapeva bene cosa dire. Non eravamo mai state brave ad avere conversazioni in cui si deve dimostrare la propria apprensione per l’altro. «Sei preoccupata?»
Sospirai e mi sedetti sul letto. «Sì, insomma… Non penso di essere all’altezza.»
Sentii che tamburellava le dita su una superficie. «Immagino che tu ti senta sotto pressione, ma sarà proprio quella a fare da carburante. Sono sicura che imparerai molte cose, Hikori.»
Mi coprii il viso con una mano. «Anche i miei compagni hanno iniziato a chiamarmi Hikori.»
«Perché è il tuo nome giapponese e vivi in Giappone, adesso.»
«Lo so, ma non mi piace. A volte mi dimentico di chiamarmi anche Hikori, perciò è strano quando qualcuno si rivolge a me chiamandomi così.»
«Imparerai ad apprezzare anche questo lato di te.»
Non aggiungemmo molto altro prima di riagganciare.
E così aveva trovato un nuovo appartamento. Beh, forse adesso si sarebbe fatta vedere un po’ di più, ma rimaneva comunque inconfutabile ed ingiustificabile il fatto che fosse sparita per un sacco di tempo. Quanto ne era passato prima di quella telefonata? Mesi, probabilmente. Ormai avevo perso il conto.
Presi in mano una felpa, la sollevai davanti ai miei occhi e le parlai come se fosse stata una persona reale. «Non diventerò mai madre, se queste sono le conseguenze.»

Spicy caramelWhere stories live. Discover now