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20 marzo 20XX

La mattina mi alzai abbastanza presto poiché sarei dovuta andare alla Yuei per ritirare la mia nuova divisa scolastica e le tute da ginnastica. Inutile dire che quando Mitsuki lo scoprì ordinò a Katsuki di accompagnarmi, con particolare severità dato l'episodio del giorno precedente.

«Che cazzo ci vado a fare con quella? Può usare il cellulare per trovare la scuola.»

«Non mi interessa, tu ci vai lo stesso.» rispose Mitsuki mentre iniziava a lavare i piatti della colazione.

Nonostante non volesse e io fossi abbastanza spaventata all'idea di dover andare in giro da sola con lui, dovetti rassegnarmi e andarci a scuola insieme. Pensai che magari sarebbe stato troppo arrabbiato per parlarmi (anzi, lo speravo), ma niente fermava la sua lingua biforcuta.

«Guarda cosa mi tocca fare.» sibilò appena fummo usciti dal vialetto di casa sua. «È tutta colpa tua.»

Sospirai abbassando lo sguardo; guardare il marciapiede era molto più interessante che parlare con lui.

«Mi stai a sentire o cosa?» sbottò scocciato urlandomi in un orecchio.

«È impossibile non sentirti.» dissi guardandolo male. «E comunque non ho chiesto io a tua madre di sgridarti.»

«Se tu non fossi venuta a stare da noi non sarebbe successo niente e io avrei un pensiero in meno.»

Spalancai gli occhi, sentendomi offesa più che mai. «Cosa ne sai tu? Non sono di certo venuta lì perché l'ho chiesto. La tua famiglia per me era sconosciuta fino a qualche giorno fa. Anzi, tu lo sei ancora.»

«Che cazzo stai dicendo?»

Strinsi un pugno. «Pare ti faccia schifo starmi vicino. Ti ripeto che non è per mia volontà che sono a casa tua!» alzai la voce.

«Ah, giusto, è perché quella snob di tua madre vuole l'appartamentino figo in centro città.» disse gesticolando in aria. «E giustamente viene a rompere i coglioni a mia madre.»

Mi fermai, sconvolta dalle parole che aveva appena osato sputare. «Ma come ti permetti?»

Percepii le mani farsi sempre più calde, e mi imposi di calmarmi prima di perdere il controllo. Feci un lungo respiro, poi guardai Katsuki negli occhi. «Non parlare di certe cose se non sai cosa ci sta dietro.»

Rimase sorpreso dalle mie parole, o forse dal mio repentino cambio di umore. Fatto sta che non disse più nulla finché non arrivammo a scuola.
Rimasi ad ammirare a bocca aperta le grandi vetrate scintillanti di quell'edificio che fino a quel momento avevo visto solo su volantini e siti Internet.

«Ti muovi?» domandò scocciato il biondo avvicinandosi all'ingresso. «Avrai un anno intero per guardare questo posto quanto vorrai.»

Alzai gli occhi al cielo, ma ero sollevata dal fatto che non era stato aggressivo come al solito. Beh, a modo suo.

Appena entrammo nell'enorme atrio, venimmo accolti da un professore che fino a poco prima stava parlando con un gruppetto di professori. «Benvenuti! Cosa posso fare per voi?» esclamò con voce femminile.

Quando si fu avvicinata abbastanza notai che aveva un costume molto particolare: era nascosta dentro una specie di tuta da astronauta.

Spicy caramelWhere stories live. Discover now