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27 marzo 20XX

Quella mattina mi arrivò una mail proprio dalla Yuei in cui mi veniva chiesto se volevo partecipare a dei corsi pomeridiani di giapponese che si tenevano per aiutare gli studenti stranieri come me. Non ci misi molto a decidere che li avrei sicuramente seguiti: avevo bisogno di imparare meglio molte cose ora che mi trovavo lì, e una delle cose che avevo capito dei giapponesi è che l'inglese non lo usano quasi per niente.

«Mi sa tanto che li seguirò, questi corsi. Non ho niente da fare il martedì e il giovedì pomeriggio, dopo scuola.» pensai ad alta voce.

«Quindi ti levi dai coglioni due pomeriggi a settimana? Fantastico.» rispose Katsuki mentre si arrovellava su un complicato problema di geometria solida.

«Già, non ti vedrò per ben quattro ore a settimana.»

«Peccato siano così poche.» sbuffò.

Alzai gli occhi al cielo, ma non continuai la conversazione.

«Ora che ci penso dovrei chiamare mia madre per chiederle di firmarmi il permesso per restare a scuola...»

Il biondo alzò lo sguardo su di me. «Riesci a pensare senza parlare o hai il cervello collegato direttamente alla bocca?»

«Sei sempre così simpatico, tu?» chiesi mentre cercavo il numero di mia mamma in rubrica. «Sto pensando a cosa fare in caso non mi risponda, il che è altamente probabile.»

«Ma che cazzo ne so? Scrivile un messaggio o una mail, porca troia.»

Una volta individuato il contatto di mia mamma premetti la cornetta per avviare la chiamata. «Grazie per i consigli, non ci avrei mai pensato da sola.»

Ovviamente, come previsto, dall'altro capo del telefono non rispose nessuno. Le scrissi un messaggio, pregando che lo visualizzasse al più presto.

«Questa storia mi dà sui nervi.» sbottai appoggiando il telefono sul bancone della cucina. «Sembra quasi che mi stia evitando.»

Katsuki rinunciò a cercare di tornare a concentrarsi e pose con forza la matita tra una pagina e l'altra del libro di geometria. «Non sono uno psicologo,queste domande non sono di mia competenza.»

«Non darebbe fastidio anche a te?» gli chiesi sedendomi di fronte a lui, dall'altra parte del bancone. «Se i tuoi genitori ti evitassero in questo modo rimarresti indifferente?»

Fece una strana espressione, un misto tra l'impietosito e il disgustato. «Non me lo sono mai chiesto.»

Abbassai la testa, soffocando una risatina sarcastica. «Certo, si vede che loro tengono molto a te.»

Calò un imbarazzante silenzio in tutta la stanza. Un apparente silenzio che nella mia testa era riempito con sospiri e urla di frustrazione che mi limitavo a tenere per me. Sapevo che Katsuki la pensava come me sul fatto che i suoi genitori gli volevano un gran bene, ma forse era troppo orgoglioso per ammetterlo; tuttavia non parlai, mi accontentai di pensare che le cose stavano effettivamente così.

«Tua mamma è impegnata adesso?» gli chiesi guardando l'orologio appeso in salotto.

«Non lo so.»rispose adirato alzandosi in piedi. «Vado a farmi una doccia.»

«Vedi di cambiare l'acqua stavolta.» lo avvertii trapassandogli la schiena con lo sguardo. Mi parve di sentirlo trattenere una risata, ma forse fu solo una mia impressione.

Poiché temevo di disturbarla mi limitai a scrivere a Mitsuki per chiederle se aveva notizie di mia madre e, se ne avesse avuto occasione, per contattarla e chiederle di firmare i moduli per il corso di giapponese.

Fatto ciò decisi di iniziare a preparare la tavola per il pranzo; presi i libri di Katsuki per spostarli e notai stupita che i suoi appunti erano incredibilmente ordinati e scritti bene. Da qualche parte avevo sentito che la grafia di una persona suggerisce alcuni aspetti del suo carattere; se qualcuno avesse cercato di indovinare quello di Katsuki basandosi sulla sua scrittura, avrebbe sicuramente fatto cilecca.

Spicy caramelWhere stories live. Discover now