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17 aprile 20XX

«Perché fai tutto questo casino la mattina presto, idiota?» brontolò Katsuki con la voce impastata dal sonno mentre si rigirava sotto le coperte sul divano.

«Sto preparando la colazione, e comunque sono già le dieci.» risposi mentre versavo dell'impasto per pancake nella padella bollente.

Fece qualche altro verso strano mentre si stiracchiava e tentava di uscire dal mondo dei sogni. «Vedo che hai recuperato le forze. Peccato, si stava bene con tutto quel silenzio.»

Lo fulminai con lo sguardo all'istante. «La cosa è reciproca, angry pomeranian

«Sta' zitta, icecube

Soffocai una risatina sarcastica; con quel biondino incazzato era sempre guerra aperta, senza tregua né esclusione di colpi.

Percepivo i suoi occhi carmini su di me mentre ero intenta a sistemare i pancake uno sull'altro senza farli cadere, ma appena presi il piatto per dirigermi verso il divano ruotò la testa di scatto verso il tavolino.

«Dopodomani torniamo a scuola.» sancii addentando un pancake.

«Perché non domani?»

Ne intinsi un pezzo nello sciroppo d'acero. «Ho ancora la febbre.» risposi con indifferenza.

Katsuki mi rubò parte della colazione e se la gustò accompagnata da una mora. «Come ti pare.»

«Pensavo non ti piacessero.» protestai allontanando il piatto da lui.

«Ho cambiato idea.»

«Dovresti stare attento alla tua dieta, o ti farai sconfiggere facilmente perché sarai affaticato.»

«Non devo controllare proprio un cazzo. Con tutta l'attività fisica che faccio e a causa del mio quirk brucio calorie molto più velocemente di quanto faccia tu.»

«E tutta questa attività fisica in cosa consisterebbe?»

«Pensi che stia mentendo?» ringhiò. «Vado a correre quasi ogni mattina e mi alleno a casa il pomeriggio. Di certo non poltrisco tanto quanto te, amerikajin

Corrucciai la fronte. «Guarda che mi alleno anch'io! E con tutti quei soprannomi finirai col dimenticarti come mi chiamo davvero, perciò smettila.»

Alzò la testa e si grattò il mento come per fingere di star pensando intensamente. «Hikori rompicazzi qualcosa.»

«Senti, Barkugo...»

«Come mi hai chiamato?»

«Barugo.» ripetei marcando ogni sillaba. «Perché abbai come un cane.»

Balzò in piedi sul divano ed emise delle esplosioni dai palmi. «CHE COSA HAI DETTO?!» urlò con aria minacciosa. Sembrava una specie di gremlin.

«Smettila, non posso attivare il mio quirk per difendermi. Non vorrai mica attaccare una ragazza in questo stato, vero?»

Le esplosioni cessarono e lui si sedette a gambe incrociate. «Sono per la parità dei sessi.»

Stavo per rispondere quando il suo telefono iniziò a squillare e a vibrare tanto da muoversi sopra il tavolino; era sua mamma.

«Che vuoi?» rispose con la sua caratteristica gentilezza.

Purtroppo non riuscivo a sentire le parole di Mitsuki attraverso lo smartphone, ma notai che l'espressione e il tono di voce del biondino cambiarono gradualmente. Dopo alcune risposte a monosillabi riattaccò e mi guardò in modo strano, fin troppo compassionevole da parte sua. «Tua madre ti ha cercata.»

Non pensavo che così poche parole bastassero per mandarmi il cervello in blackout, ma fu proprio quello che successe per qualche secondo. Balbettai spezzoni di parole senza senso per l'incredulità prima di riuscire a formare una frase di senso compiuto. «Che cosa vuol dire che mi ha cercata?»

«Mia madre le ha detto che sei stata male l'altro giorno e questa mattina ha ricevuto una chiamata da lei. Dice che il tuo telefono era irraggiungibile.»

«Certo che lo è, si è congelato...» mormorai.

«Ha anche voluto sapere come stai adesso.» proseguì.

Mi abbracciai le gambe e guardai un punto indistinto verso il basso. Ero combattuta dal sollievo per la preoccupazione che mia mamma aveva provato per quel brutto episodio, ma anche dalla rabbia: dovevo stare così male per far sì che si ricordasse della mia esistenza?

«Che stronzata.» sbottò Katsuki lanciando il telefono sul divano, accanto a sé. «Sparire così e poi chiamare come se nulla fosse... È da codardi. E me ne sbatto del fatto che sia tua madre.»

Affondai le unghie nella carne dei palmi. «Non hai tutti i torti.»

«Non ne ho proprio per nulla.» precisò. «Bah, almeno adesso che vivremo a scuola avrai un motivo valido per fare il suo stesso gioco e fregartene.»

«Sì, ma è pur sempre mia mamma...»

«Tu sei pur sempre sua figlia, eppure non mi sembra che si faccia troppi problemi a non contattarti mai. Direi che se ti vendichi un po' è soltanto legittima giustizia.»

«Penso che tu sia l'unico che mi darebbe consigli del genere.»

«Appunto. Detesto le frasi fatte, perciò se perdo tempo a dirti queste cose faresti meglio ad ascoltarmi.»

Non potei fare a meno di sorridere. Anche se a modo suo, con dei consigli diretti e un po'spietati, aveva cercato di aiutarmi in quell'assurda situazione che stavo vivendo con mia mamma e lo apprezzavo molto. Sì, ammetto di aver sempre avuto dei gusti un po' particolari. «Grazie, Barkugo

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