Capitolo XIII

356 18 0
                                    

Mi svegliai indolenzita verso sera con Loki che dormiva con la testa appoggiata sul mio sterno. Quando dormiva sembrava un bambino: il viso rilassato, i capelli in disordine, le mani vicino al volto. Per un secondo fu come se non fosse mai successo nulla. Io una semplice ragazza e lui un semplice ragazzo. Lo guardai per alcuni secondi poi, delicatamente, gli alzai la testa e la misi su un cuscino. Volevo andare a fare una doccia e rimettermi a posto. Mentre mi alzavo qualcuno mi afferrò un polso come per tenermi a se. "Buongiorno" dissi quasi sussurrando. Lui mi guardò sorridendo per un po', poi si alzò e disse anche lui "buongiorno" ma a voce alta. Andò in camera sua. Ero esterrefatta. Si ricordava cosa era successo quella mattina? Non ci feci troppo bado poiché me lo sarei aspettata. Così andai in bagno, senza troppi teatrini. Aprii l'acqua calda e mi pettinai i capelli. Presi tutto l'occorrente per lavarmi e lo misi in doccia. Mentre iniziavo a togliermi l'intimo (unica cosa che mi era rimasta addosso dopo quella mattina) Loki entrò spalancando la porta. Non si curò della mia espressione interrogatoria e si mise vicino a me, davanti al lavello. Con non chalanche appese anche lui l'accappatoio e mise il suo shampoo nella mia doccia. Poi mi guardò: aveva la stessa espressione di quella mattina, dei baci in camera, di quando mi ha visto in mutande. Capii subito le sue intenzioni, così dissi: "Senti Loki, mi dispiace molto per ciò che è successo. Non fraintendermi è stata una delle migliori mattinate della mia vita però non si dovrà ne si potrà ripetere." Il suo sguardo malizioso si spense e anche sul suo viso apparve un'espressione interrogatoria. Mi guardò per alcuni secondi poi con uno scatto si attaccò al lavello. Feci un salto indietro per lo spavento. Si voltò di nuovo verso di me con uno sguardo che avrebbe fatto gelare le vene a chiunque. "Significa che è stato solo un gioco?" Mi domandò arrabbiato. "No, non è stato solo un gioco. Ma non possiamo rifarlo. Io sono come un supervisore. Non posso fare certe cose." "Allora significa che sono stato un errore? L'ennesimo errore di qualcuno?" Lo guardai non sapendo che fare. "Dimmelo!" Urlò a pieni polmoni. Sentii una guancia solleticarmi così la toccai. Lacrima. E poi un'altra. E un'altra ancora. Non stavo singhiozzando ma le lacrime continuavano a rigarmi il volto. Anche i suoi occhi erano umidi. La sua espressione cambiò appena si rese conto di avermi spaventato. Si raddrizzò, si ricompose e poi aprì la bocca come per parlare ma non uscì nulla. Capii che si era calmato e allora mi avvicinai, lentamente, fino a prendergli il volto fra le mani. Lui guardò nello specchio finché anche una delle sue lacrime non cadde sulla mia mano. Mi guardò. "Dimmelo" disse sussurrando. "Non sei un errore, per nessuno sei un errore. Hai fatto degli errori, ma ciò non ti rende sbagliato, ti rende solo più umano." Poi lo abbracciai. Lui ricambiò l'abbraccio. Mi voltai per spegnere l'acqua e poi mi strinsi forte al suo petto nudo. Restammo così finché non fece buio, apparentemente in silenzio, ma con un carnevale dentro.

The apartment  // Loki LaufeysonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora