Capitolo XLVI

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Stavo correndo sul cornicione di un palazzo. Materializzai un kunai nella mia mano e lo lanciai facendo cadere l'uomo che inseguivo a terra. Lo afferrai prima che potesse lanciarsi di sotto. Con un solo braccio lo lanciai e lo fissai sulla parete con un'altra lama. "Un vero figlio di puttana. Vedi, i molestatori non mi stanno affatto simpatici, ma tu, tu eri quasi riuscito a farmi provare pena per te nel provarci come uno squallido. Ovviamente prima di chiudere quella poveretta nel tuo studio e stuprarla. Non credo avrai più voglia di provarci con qualcuna." L'uomo sorrise con i denti sporchi di sangue. "Potrei riservarti un trattamento speciale se mi lasciai andare." Giocai con un sassolino. "Non credo sia tra le opzioni." Formai un tirapugni sulla mia mano e gli spezzai il naso. Mentre l'uomo si lamentava infilai la mano nei suoi pantaloni con disgusto e tagliai il suo membro. L'uomo gridò dal dolore. Mi pulii sulla sua giacca e poi mi voltai. "Sa, dovrebbe stare più attento, non tutte vanno dalla polizia." Poi saltai giù dal palazzo. Atterrai con delicatezza e per fortuna nessuno mi vide. Indossavo un paio di pantaloni larghi e una maglia aderente, entrambi neri, sotto al mio lungo cappotto, anch'esso nero. Mentre camminavo verso casa indossai un paio di occhiali per non farmi riconoscere e raccolsi i capelli. Chiamai il capo per confermare la riuscita del mio compito. Tornai al mio appartamento in centro. Era da poco che avevo trovato casa. C'era un po' di disordine che decisi di peggiorare con i miei abiti. Andai a farmi una doccia velocemente, prima di riordinare. Lavai tutto l'odore di sangue e sudore con acqua bollente. Tamponai velocemente i capelli e poi andai in cucina a prendere da mangiare. Mentre andavo in camera per prendere i vestiti vidi un'ombra con la coda dell'occhio. Scattai in difensiva senza darlo troppo a vedere. La porta cigolò leggermente. Ora avevo la certezza di non essere sola. Materializzai un pugnale con una lunga lama appuntita e affilata. Con finta non-chalance andai verso il corridoio. Sentii un passo e allungai il braccio verso il suono, sfoderando il pugnale. Ripensandoci avrei dovuto vestirmi, sarei stata più protetta. Chiunque ci fosse stato ora era scomparso, non c'era nessuno da quel lato. Infilai i pantaloni e iniziai a riordinare pensando a quanto ero paranoica. Poi però vidi nuovamente l'ombra. Ripresi il pugnale e mi attaccai con la schiena al muro. Raccolsi velocemente i capelli bagnati con un elastico per avere una visuale migliore. Di nuovo i passi. Mi allungai verso il cappotto dove tenevo il cellulare. Qualcuno bussò alla porta. Sentivo la tensione crescere. Allungai la mano verso la maniglia per aprire. Scattai di lato ma fuori non c'era nessuno. Mi vestii in fretta e furia per scendere in strada. Indossai gli stivali e ci lasciai cadere dentro un'altro pugnale. Afferrai le chiavi e allungai la mano verso la maniglia. Sentii qualcuno afferrarmi un polso per trattenermi. Presa dall'istinto mi voltai e allungai il braccio. Colpii qualcosa di duro che si mosse. Nella penombra riuscii a distinguere una figura umana. Avanzai nuovamente e materializzai un tirapugni nella mia mano. Sferrai un pugno colpendo la spalla e poi con una tecnica imparata durante l'addestramento colpii il petto facendolo indietreggiare fino al tavolo. Mettendo un piede al posto giusto riuscii a farlo inciampare. L'uomo andò a sbattere con la schiena sul tavolo ma non riuscì a cadere. Lo afferrai e lo scaraventai contro il muro. Avevo una furia omicida in me. Allungai nuovamente il braccio per mollargli un altro colpo sul volto ma lui riuscì ad intercettarlo. Strinse forte la mia mano e la piegò facendomi contorcere per il dolore al polso. Questa volta fui io a cadere. Fortunatamente caddi su un gomito senza farmi male alla schiena. Tentai di rialzarmi ma prima che potessi muovermi la figura era seduta sopra di me bloccandomi ogni via di fuga e immobilizzandomi. Una striscia di luce che arrivava dalla finestra illuminava il mio torace. Lo sconosciuto si piegò in avanti in modo che il suo volto si illuminasse. Sbiancai. Loki. Allungai una mano verso il suo volto. Appena le mia dita sfiorano la sua carne fredda lui la afferrò e la fece aderire completamente alla sua guancia. I miei occhi diventarono lucidi. Era vivo? Come era possibile? Vuol dire che non era mai morto? Mi aveva ingannata. Ci aveva ingannati tutti. A quei pensieri una furia omicida si fece strada dentro di me. Strappai via la mano e gli mollai un sonoro schiaffo facendogli voltare la faccia. Rimasi ad aspettare la sua reazione. Inspirò profondamente e si passò una mano sulla guancia arrossata. Il suo volto era di nuovo nella penombra della casa. Appena si mosse scattai e riuscii a rimettermi in piedi. "Credevo saresti stata felice di vedermi." Anche lui era di nuovo in piedi. Eravamo a pochi metri l'uno dall'altra.
Loki
Era di nuovo lì. I capelli ancora bagnati raccolto una coda veloce e il fisico asciutto con tutti i muscoli tesi. Sì era rialzata con grande agilità. Dovevo ammettere che non era più la Heather che avevo lasciato mesi fa. Gli occhi erano più viola e, oltre a essere migliorata nel combattimento, aveva qualcosa di diverso, lo percepivo. Nonostante fossi molto nervoso avanzai verso di lei. Era immobile e non aveva la minima intenzione di indietreggiare. Materializzò però un pugnale dal nulla. Come? Con dolcezza le appoggiai una mano sul volto. "Heather". Al suono della mia voce la lama le cadde di mano e le gambe le diventarono di gelatina. Sembrava non respirasse. Quando fui a pochi centimetri dal suo volto inalò molta aria e si scansò. Appoggiò entrambe le mani sulla testa. "Sto impazzendo." I suoi occhi divennero lucidi. "No, sono davvero qui. Non stai impazzendo." Il suo respiro iniziò a diventare più regolare. "Tu sei morto. Ti ho visto con i miei occhi. Ho ascoltato il tuo cuore fermarsi, i tuoi muscoli spegnersi e ho percepito la vita lasciare I tuo corpo. Non è possibile." La sua voce tremava e le lacrime avevano iniziato a scendere sul suo viso. Non avevo la più pallida idea di come rispondere. "Io sono andata avanti capisci? Sono cambiata. La mia vita è cambiata. Ho imparato a fare a meno di te e a bastarmi. Ora tu ti rifai vivo, dopo aver passato quattro mesi chissà dove, e tutto ciò che mi puoi dire è 'Heather'?" Fece una breve pausa. La sua voce si era fatta sempre più dura e sicura. Avevo ormai da tempo ritratto la mano e smesso di guardarla negli occhi "Sai cosa? Non mi interessa. Torna dove eri prima a fingerti morto, non ho tempo per queste cose ora." Fu come se un palazzo mi fosse crollato addosso. Non poteva pensarlo davvero. Espirai mentre lei si muoveva verso la porta e con tutta la forza che avevo in corpo dovetti reprimere qualsiasi emozione. Sarebbe finita quando io avrei deciso che sarebbe finita.
Heather
Allungai il braccio verso la maniglia e con fermezza la abbassai per uscire. Gli occhi di Loki, che prima esprimevano pietà e compassione, ora erano impassibili. La sua espressione era indecifrabile, come tutte le volte in cui cercava di non farmi capire come stava. Mi aspettavo che avrebbe detto qualcosa di cattivo. Afferrai le bende per le mani sul mobile all'entrata e mossi un piede per uscire dalla casa. Dovevo sbrigarmi. Loki mi strinse forte la spalla mi obbligò a rientrare in casa. Chiuse la porta con un calcio e mi spinse al centro della stanza. Estrasse un pugnale dalla manica e lo lanciò verso di me. Riuscii a schivarlo. Afferrai la lama che avevo messo nello stivale e la lanciai cercando di colpirgli una gamba. Anche io mancai il bersaglio. Mi rialzai velocemente. Un tirapugni era apparso nella mia mano. Avanzai verso Loki. Stranamente aveva iniziato a sorridere. Avrei voluto spaccare quel bel faccino. Mollai un pugno che però andò a vuoto. Davanti a me non c'era più nessuno. Quando realizzai che era tutta un l'illusione era troppo tardi. Loki mi teneva un braccio bloccato dietro la schiena e un coltello sotto la gola. Il suo fiato dietro il mio orecchio era congelato. Sussurrò. "Tu sei mia e solo mia." Poi indietreggiò di qualche passo e sentii la terra mancarmi sotto i piedi. Eravamo nella stessa dimensione che potevo vedere da dentro l'acqua durante il mio viaggio verso Asgard per la prima volta. Dopo pochi secondi un pavimento di pietra era ciò che calpestavo. Alzai lo sguardo e vidi un alto soffitto con un affresco circolare. Inspirai profondamente, pronta a difendermi nuovamente, poi un forte colpo alla tempia mi fece svenire. Sapevo dove mi trovavo, sapevo dove mi aveva portata. Eravamo nuovamente su Asgard.

The apartment  // Loki LaufeysonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora