Capitolo XXXIII

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Salii le scale velocemente. Non volevo averci a che fare perché sapevo che avrei perso le staffe. Lui mi seguiva in silenzio con lo sguardo basso, come fanno i bambini troppi orgogliosi per ammettere che hanno sbagliato. Arrivata in casa aspettai che anche lui entrasse e poi chiusi la porta facendola sbattere. Lanciai le chiavi sul tavolo e andai in camera con passo deciso. Mi aprii la tuta velocemente togliendo tutta la parte superiore. Aprii l'anta dell'armadio per specchiarmi. Vidi i segni rossi sul mio collo e le mie mani iniziarono a tremare mentre ricordavo quei momenti. Le lacrime iniziarono a formarsi nei miei occhi, impedendomi di vedere bene, il respiro si fece sempre più affannoso. Per cercare di scacciare quella sensazione tirai un pugno all'anta davanti a me rischiando di rompere lo specchio. Urlai per il dolore. Le nocche mi si erano tagliate. Mi accasciai a terra e appoggiai la testa sulle ginocchia. Rimasi a piangere per almeno mezz'ora. Alzai la testa e la presi tra le mani. Avevo indosso solo il reggiseno e la tuta aperta mi copriva solo dal bacino in giù. La sfilai totalmente e andai in cucina. Loki non era lì fortunatamente. Presi dell'acqua e tornai in stanza. Mi infilai un paio di pantaloni della tuta e una maglietta. Dopo aver disinfettato i tagli fasciai le mani con bende nere. Infilai un paio di anfibi e una bandana per nascondere il volto. Lasciai un biglietto sul tavolo e uscii di casa con un borsone pieno delle mie vecchie cose. Salita in auto guidai fino a casa di mia madre. La salutai velocemente e poi scesi fino in garage, presi la mia vecchia moto e guidai fino ad un vecchio magazzino nella periferia di New York. Era un parcheggio a più piani dove mi allenavo da giovane. Lasciai cadere la borsa sul tavolo e iniziai a tirare fuori i miei coltelli e pugnali, qualche calibro 45 e un paio di finte granate. Raccolsi i bersagli e iniziai ad allenarmi. Non avevo affatto perso il mio talento. Quando ero triste mi aiutava molto fare questo genere di cose. Ormai era notte fonda e mi affacciai per vedere le luci della città. Chissà come New York era molto più rumorosa di notte. Corsi fin sopra il palazzo e mi sedetti lasciando penzolare le gambe nel vuoto. Non ero molto in alto, ma il vento mi pettinava i capelli come se fossi in riva al mare. Mi alzai rimanendo in equilibrio sul cornicione. Allargai le braccia per farmi accogliere meglio dal vento. In un attimo tutti i momenti passati con Loki mi passarono davanti agli occhi. Poi buio. Chiusi gli occhi e mi lasciai cadere nel vuoto. Amavo quella sensazione. Mi sembrava di volare per davvero. Quando iniziai a sentire i motori delle auto spalancai gli occhi e sparai con una pistola che aveva una specie di piccone al posto del proiettile. Mi attaccai forte ad essa è mi lasciai dondolare finché non mi avvicinai abbastanza da poter saltare dentro la palazzina. Guardai il mio cellulare. Era veramente tardissimo. Raccolsi le mie cose e corsi a casa di mia madre, lasciai la moto e ripresi l'auto. Mentre salivo le scale ripensavo al momento in cui ero sospesa nel vuoto. Odoravo di vento, gas di scarico e libertà. Entrai silenziosamente per evitare di svegliare Loki. Non volevo veramente averci a che fare. Chiusi la porta e rimasi per qualche secondo a fissarla. Mi voltai e allungai in braccio per lanciare nuovamente le chiavi sul tavolo ma lui ci era seduto sopra, quindi me ne andai velocemente in camera. Ovviamente lui non mi lasciò arrivare nemmeno al corridoio perché mi fermò afferrandomi un braccio. "Ho sonno. Fammi andare a dormire." Mentre lo dicevo mi tolsi la bandana in maniera che si vedessero meglio i segni rossi sul collo. Lui, probabilmente senza accorgersene, allentò la presa. Sapevo di essere stata crudele a sfruttare le sue azioni per filarmela ma lui non si era nemmeno scusato.  Mentre entravo in camera sentii dei passi. Alzai gli occhi al cielo sapendo che mi stava seguendo. Mi voltai e me lo trovai a pochi centimetri dal viso, intento a fissarmi con furore. Sembrava quasi arrabbiato. "Perché sei arrabbiato?" Dissi con voce che aveva un che di svogliato. "Perché sei uscita senza dire nulla." Iniziai a spogliarmi e lui si allontanò di qualche passo. "Ho ancora una vita mia lo sai questo? Non ho sempre voglia di passare del tempo con le persone che 'dicono' di volermi bene." Sapeva che mi riferivo a quella mattina. "Io non so spiegare perché l'ho fatto ok? Credi che volessi ferirti? È un istinto, qualcosa che non posso reprimere." "Cosa è un istinto? Cercare di uccidermi forse? Sappi che non è molto efficace come dichiarazione d'affetto." Ok, questa volta ero stata veramente una stronza. Il riferimento al piccolo incidente che mi aveva procurato una decina di punti e un'operazione per l'aneurisma formatosi in seguito ad esso aveva fatto infuriare Loki. Mi appoggiò una mano sulla spalla ma sapevo che non era per creare empatia, così la presi e premendo nei punti giusti riuscii a contorcere il braccio per farlo cadere. Salii a cavalcioni su di lui. Era sdraiato e si teneva il polso con la mano. Forse avevo esagerato? Probabile. Me ne fregava qualcosa? Assolutamente NO. Loki iniziò a ridere, una risata quasi sadica. Mi alzai velocemente e corsi in bagno, dovevo farmi una doccia. Chiusi la porta a chiave perché non volevo che nessuno mi disturbasse. Prima di entrare in doccia tolsi le fasciature alle mani e la catenina in argento che portavo sempre. Mi lavai con acqua bollente. La testa mi girava. Avevo la pressione troppo bassa. Andai in camera e mi stesi sul letto senza neanche vestirmi. Stavo per addormentarmi quando lui entrò di nuovo. "Ti prego esci, non sto bene, ho bisogno di riposare." "Scusami." Aspetta un secondo: si stava scusando? Lo guardai dubbiosa. "Come scusa?" "Ho detto..." fece una brava pausa "... che sono dispiaciuto. Scusa per ciò che ho fatto." Nel profondo una parte di me era dispiaciuta. Una risatina mi si formò in gola. Cercai in tutti i modi di reprimerla ma sapevo che era inutile. Loki mi guardava non sapendo come comportarsi. Anche una parte di me sì credeva pazza. Mi alzai traballando e mi avvicinai a lui. "Tu ti scusi? Questo cambia proprio... un bel niente! Credevo di morire mentre mi strangolavi con le manette. Il tutto perché hai traumatizzato Selvig a vita. Sei tu la causa del tuo male. Non lo capisci? Ti facevo più intelligente Dio degli inganni." La voglia di mollargli un pugno ben assestato su quel bel visino scolpito saliva dentro di me. Lasciai sfuggire il braccio alla mia presa. Esso si allungò velocemente per scagliarsi contro la faccia di Loki, che riuscì ad intercettarlo e fermarlo a mezz'aria. Credevo che mi avrebbe fatto del male, invece abbassò la mia mano e con l'altra mi accarezzò una guancia. Sentii gli occhi diventare caldi e lucidi. Alzai il volto mentre una lacrima cadeva a terra. Loki allargò le braccia per abbracciarmi. Sapevo che lo avrei perdonato e mi facevo ribrezzo da sola. Inizia a colpire il suo petto con i miei pugni stanchi. Lui mi guardava come se fosse impotente. Avanzò verso di me fino a stringermi forte e immobilizzarmi. Mi lasciai andare di nuovo e iniziai a piangere mentre lui mi accarezzava i capelli.

The apartment  // Loki LaufeysonWhere stories live. Discover now