Capitolo LVII

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Quando le fiamme si dissolsero i miei abiti erano spariti. Al loro posto vi era una specie di seconda pelle nera con placche su i seni, sul ventre, sulla schiena e su ginocchia e gomiti. Ai piedi avevo un paio di stivali alti e sulla testa un cappuccio con una parte alta che mi copriva il volto. Sugli avambracci delle fasce di pelle portavano il fodero dove avrei riposto i miei pugnali, lo stesso sui polpacci e sul busto. Sorrisi. Mi sentivo al massimo. Hela ricambio il sorriso e mi fece accompagnare nella mia stanza. Era la stanza di Thor. Sospirai. Per un pelo. Entrai e mi lanciai sul letto. Finalmente la mia schiena riposava come Dio comanda. La stanza non era cambiata per niente, era solo un po' più disordinata. Nel bagno c'era la vasca. La riempii di acqua calda, bollente. Tolsi il cappuccio, gli stivali e le fasce in cuoio e poi, quasi come se avessi sempre saputo cosa fare, schioccai le dita e la seconda pelle svanì. Entrai lentamente, lasciando che il caldo scaldasse pure le ossa. Mi immersi completamente cercando di trattenere il fiato più a lungo possibile. Era una cosa che facevo anche da bambina, pensavo che i pensieri e le urla non mi avrebbero raggiunto sott'acqua. Riemersi in cercai di aria, appoggiai la schiena e lasciai penzolare la testa, ascoltando la goccia che colava dal rubinetto scandire il tempo. Chiusi gli occhi per un istante. Quando li riaprii non ero più nella vasca. Ero in piedi in mezzo ad un lago con l'acqua scura di cui non riuscivo a vedere le sponde. Cercai di avanzare ma qualcosa mi tratteneva. Una mano scheletrica uscì dall'acqua e tentò di afferrarmi il volto. Con uno scatto riuscii a liberarmi. Prima che potessi allontanarmi un altro di quegli esseri mi afferrò una caviglia facendomi cadere. Sprofondai nell'acqua scura. Riaprii gli occhi. Ero come riemersa in quello stesso lago ma prosciugato. Mi guardai intorno. Indossavo il vestito che mi aveva donato Loki. In lontananza intravidi una figura chiara, poco nitida, che non riuscivo a distinguere. Era come se la mia vista fosse appannata. Solo a pochi metri da me capii che si trattava di Loki. Era completamente nudo e avanzava verso di me. Un forte vento mi fece venire la pelle d'oca. Ora anche io ero nuda e tremavo come una foglia. La sua espressione era indecifrabile ed io ero congelata, incapace di muovermi. Loki era ormai a pochi passi da me. Afferrò i mei fianchi e mi tirò a se con decisione. Cercò di baciarmi ma riuscii a scansarmi. Nella mia testa tutti i dolci momenti con lui passavano come un film. I miei occhi si riempirono di lacrime. Nella mia memoria iniziarono a riaffiorare anche tutti nostri litigi violenti, le minacce e tutto ciò che di più marcio c'era nella nostra relazione. Finalmente riuscii a sbloccarmi. Arretrai di un passo con fatica, l'acqua sembrava diventata catrame. Riuscì a voltarmi per correre. Prima che potessi cercare di allungare un passo il mio volto venne afferrato da due forti mani. Un uomo nero con gli occhi gialli e I dread mi stringeva il viso tra le mani callose. Lo riconobbi, era Heimdall, il guardiano del Bifrost. I suoi occhi, in grado di vedere qualsiasi cosa nell'universo, stavano implorando pietà. Sentii qualcosa cadere. Voltai appena la testa e con la coda dell'occhio vidi un anello in argento. Tornai a guardare l'uomo di fronte a me. Ora indossavo la seconda pelle donatami da Hela. E mi trovavo in una grande grotta. Al suo interno c'erano migliaia di persone sedute. Che fossero il popolo di Asgard? Mi mancò il fiato. L'uomo era tornato ad essere Loki e mi stava stringendo il collo. La sua espressione cambiò velocemente. Ora ero io a tenere per il collo lui. Stringeva le mani intorno al mio braccio cercando di scalfire la mia muta. Dal naso colava un rivoletto di sangue e gli occhi erano diventati rossi e lucidi. Quando smise di agitare le gambe mi resi conto di ciò che stava accadendo. Fu come se la mia coscienza si fosse risvegliata. Lo lasciai cadere inerme sul pavimento scuro e mi chinai sul suo volto. Piangente e con le mani tremanti mi allungai per prendere il suo viso. Con uno scatto affondai le mani ma tutto ciò che riuscii ad afferrare fu l'acqua. Ero tornata nella realtà. Crollai in un pianto disperato che riempì le stanze del palazzo. Il dolore mi stava distruggendo e non riuscivo più a distinguere il bene dal male. Dai miei occhi iniziarono a sgorgare lacrime nere come la pece. Appoggiai la testa sulle ginocchia e piansi finché l'acqua della vasca non divenne gelata. Sentii la porta scricchiolare ma non mi voltai. Passi lenti e calmi si fecero sempre più vicini finché, chiunque fosse entrato, si sedette a terra. Era Hela. Rimasi stupita nel vederla lì. Senza dire una parola afferrò una spugna e me la passo sulla schiena. "Questo dolore passerà, bambina. Non lasciare che lui abbia questo potere su di te. Ti condurrò alla grandezza, se me lo permetterai, e schiaccerai quel verme." La potenza delle sue parole infuse in me ancora più forza e sicurezza. Ero diventata una macchina per trasformare il dolore in forza. Mi asciugai, lasciai che la muta si riformasse sulla mia pelle e indossai i vari accessori. Materializzai le armi da mettere nei foderi ed uscii dalla stanza. Hela mi guardò e sorrise.
Loki
Heather era sparita. L'avevo persa? Thor diceva di aver visto il Bifrost. Non riuscivo a non pensare al nostro litigio. La mia violenza era stata spropositata. Sapevo di averla spaventata e sapevo che avrebbe avuto serie conseguenze sul nostro rapporto già parecchio minato dalle mie scelte. Dovevo andare da lei, se non era già morta. Chiusi gli occhi e scacciai quell'orribile pensiero. Davanti a me c'erano Banner, Thor e 1-4-2. Sapevate che era una valchiria? Beh io lo ho scoperto prima che mi rapisse. Mi spiegarono il piano e mi slegarono. Quella banda di idioti non aveva alcuna possibilità di farcela senza di me. Bruce e 1-4-2 andarono verso la navicella di quest'ultima, mentre io e Thor ci dirigemmo verso il garage con tutte le navicelle del Gran Maestro. Lui voleva parlarmi. All'inizio rifiutai ma poi, sapete come sono fatto, la mia lingua fluida non mi lasciò mantenere ciò che avevo detto. Mi disse che secondo lui sarei dovuto rimanere su Sakaar. Iniziò a fare una riflessione morale sul nostro rapporto fino a finire come un ebete in una delle sue proposte stupide. Chiamate aiuto. Quanto odiavo quel giochetto. Decisi che avrei continuato sulla mia strada. Mentre mio fratello si dirigeva verso la nave da me indicatagli io mi sdoppiai e andai al pannello di controllo, per far scattare l'allarme. Riuscii nel mio intento mentre cadevo a terra in preda alle convulsioni causate da quei dannati dischetti. Lo vidi andarsene. Non molto tempo dopo arrivarono alcuni dei combattenti del Gran Maestro. Uno di loro raccolse il dispositivo per fermare le scosse e cliccò sul pulsante. Ripresi fiato e approfittai della situazione. Quei burberi rivoluzionari mi accettarono come loro comandante. Sapevo cosa dovevo fare. Continuare a respingere l'amore che gli altri mi offrivano o approfittarne soltanto non mi avrebbe più portato da nessuna parte. Presi la nave più grande di tutte e mi diressi verso Asgard. Dovevo riposare. Lasciai i comandi a Korg e cercai una stanza dove riprendermi. Mi sdraiai su una specie di poltrona e appoggiai la testa su una mano per sostenerla. Chiusi gli occhi e cercai di rilassarmi. Pregai di non sognare nulla, ma gli dei non erano affatto dalla mia parte. Ripercorsi l'ultimo litigio con Heather. Stavo da schifo per ciò che avevo fatto. Poi lei sparì. Ero da solo, nella mia stanza, su Sakaar. Mi guardai intorno. Non c'era nessuno. Mi sedetti sul materasso. Qualcuno mi afferrò una mano, facendomi sobbalzare leggermente. Voltandomi vidi una figura stesa sotto le lenzuola che mi dava le spalle. I capelli erano scuri e la pelle chiara. Poteva essere solo una persona. Afferrai la spalla e la strattonai per farla voltare verso di me. Sbiancai per la paura. Non era Heather. O meglio, lo era, ma solamente il suo corpo senza vita. La carne era fredda e cianotica, gli occhi rivoltati verso l'alto. Dal petto sgorgava un liquido, rosso scuro. Sangue. Troppo sangue. In fretta appoggiai le mani sulla ferita premetti il più forte possibile, rischiando di romperle lo sterno. Sollevai lo sguardo per vedere il suo volto privo di espressione. Sentii gli occhi diventare caldi. Abbassai lo sguardo sul taglio. Le mie mani erano intorno ad uno dei miei pugnali, conficcato nel petto della donna. Mi alzai di scatto e arretrai fino a scontrarmi con una parete. Fissai le miei mani e ripresi conoscenza. Sobbalzai non appena aprii gli occhi. Cercai di calmarmi e rendermi presentabile, poi andai sul ponte, eravamo quasi arrivati ad Asgard. Eravamo davanti al ponte arcobaleno. Da un lato l'esercito di quella megera, in centro il popolo e verso il Bifrost un lupo enorme. Sulla schiena di quest'ultimo si ergeva una figura vestita di viola e nero, con un cappuccio sulla testa che la rendeva irriconoscibile. Vidi Banner buttarsi e schiantarsi al suolo. La figura rise. Radunai i ribelli e spiegai loro cosa dovevano fare. Con la mia magia formai un po' di nebbia e aprii i portelloni, indossai il mio elmo. "Si va in scena".

The apartment  // Loki LaufeysonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora