Capitolo LXXI

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Mi svegliai a causa della luce di una stella che illuminava tutta la nave. Faceva parecchio caldo, probabilmente anche quello era dovuto a lei. Mi alzai e raccolsi la prima maglia che trovai dal pavimento. Sulla poltrona era steso il mio abito. Sorrisi e lo riposi nell'armadio. Poi mi voltai. Loki era ricurvo sul tavolo e picchiettava una matita sulla sua testa. Mi avvicinai di soppiatto. Quando lasciai aderire una mia mano alla sua spalla sobbalzò e, per un secondo, mi sembrò che stesse nascondendo qualcosa. Mi guardò e baciò il dorso della mia mano. "Buongiorno. Da quanto sei al lavoro?" Lui scosse la testa. "Non molto." Poi si voltò nuovamente verso i fogli. Sembravano progetti vari. Mentre continuava a scrivere appunti ai margini e fare scarabocchi mi abbassai verso di lui, baciando e mordicchiando la carne del suo collo e il lobo del suo orecchio, mentre con le mani percorrevo i suoi muscoli scolpiti sotto la maglia. Sentii il suo respiro cambiare nonostante cercasse di ignorarmi. Finalmente sollevò lo sguardo. Alzò la testa e gli lasciai un delicato bacio sulle labbra. Mi lavai e vestii e andai al turno in sala macchine. Quando entrai calò un silenzio tombale. Rimasi relativamente poco a lavorare, una o due orette. Decisi di andare a mangiare. Avevo cercato Loki ovunque ma non ero riuscita a scorgere nemmeno la sua ombra. Finito il pranzo indossai vestiti più adatti al movimento e andai ad allenarmi. Mi concentrai sulla mira e sui salti. Decisi che ne avevo abbastanza di usare solo armi bianche, quindi mi sedetti a terra e mi concentrai. Vidi una leggera luce dietro le palpebre e percepii le mie mani diventare sempre più calde. Quando aprii gli occhi sopra esse fluttuava una piccola pistola da borsetta. Mi deconcentrai e questa cadde nelle mie mani. All'interno si trovavano alcuni proiettili. Cercai di creare altro ma non riuscii a creare nulla di più grosso, solamente qualche proiettile in più. Provai ad esercitarmi con quella e poi lasciai la "palestra". Uscii e mi diressi verso uno dei corridoi più esterni della nave per arrivare prima. Ero persa nei miei pensieri quando sentii come una voce suggerirmi di concentrarmi sull'esterno. Udii una specie di fischio farsi sempre più vicino. Mi mossi verso il suono. Stavo camminando a passo spedito quando un ragazzo si scontrò con me. "Stai bene?" Sembrava piuttosto scioccato e preoccupato. "Dobbiamo andare..." disse sotto voce, poi ricominciò a correre. Nei suoi occhi potevo scorgere il terrore. Lasciai cadere a terra la sacca e raggiunsi l'angolo da cui era spuntato il ragazzo. Non vidi nulla. Proprio mentre me ne stavo andando, con la coda dell'occhio, vidi spuntare la canna di un'arma da fuoco, un blaster. Non ebbi nemmeno il tempo di rendermene conto che ci fu un'esplosione. Fui sbalzata indietro parecchi metri e atterrai in malo modo a terra. Avevo picchiato la schiena e per un momento non ero riuscita a respirare. Allargai gli occhi, cercando di far sparire quelle dannate macchie nere dal mio campo visivo. Cercai di controllare con le sensazioni se ero ferita poi mi alzai con un salto in avanti. Era stata solo una brutta botta. Guardai davanti a me: il corridoio era intatto ma pieno di fiamme. Corsi fino all'estintore più vicino. Le persone avevano iniziato a gridare ed agitarsi. Le aiutai ad andarsene e iniziai a spegnere il fuoco. Dovetti saltare un condotto dell'aria precipitato dal soffitto incandescente e mi scottai una gamba. Fermandomi per un secondo rischiai di essere inghiottita dalle fiamme. Nonostante ciò mi rialzai in fretta e, quando mi scottai di nuovo, il dolore era piuttosto affievolito. Mentre saltavo da una parte all'altra del corridoio per cercare di contenere i danni mi venne un'idea. Materializzai una decina di coperte ignifughe e le sparsi sugli incendi. Aguzzai di nuovo i miei e sensi per controllare che non ci fossero altre persone da salvare e percepii altri passi. Erano più persone ma marciavano allo stesso ritmo. Non erano civili e non potevo sapere quanti erano. Cercai inutilmente un posto dove nascondermi, le macerie erano ancora incandescenti e non potevo sdraiarmi vicino ad esse. Corsi verso la mia borsa ma, proprio mentre la stavo afferrando, sentii un blaster caricarsi. Mi voltai lentamente con le mani in alto. Alieni. Di nuovo? Avevano espressioni indecifrabili e non avevano intenzione di risparmiarmi. Proprio prima che uno di loro premesse il grilletto saltai sul soffitto e ci corsi sopra, fino a cadere in mezzo a loro. Non me ne capacitai nemmeno io. Gli invasori iniziarono a guardarsi intorno con le armi puntate ovunque. Mi sollevai velocemente e silenziosamente. Materializzai un coltellaccio a lama seghettata e lo impugnai saldamente. Iniziai la mia carneficina. Sentii quella voglia di sangue montarmi dentro. Ne afferrai uno per la testa e gli tagliai la gola. Uno dei suoi compagni fu più veloce e si voltò per sparare, così ne usai uno come scudo. Anche gli altri si voltarono. Materializzai un altro coltello uguale. Strisciando le lame sulle loro pance riuscii a far cadere a terra gli intestini di due di loro prima di alzarmi ad altezza d'uomo e ritrovarmi la canna di un blaster sulla fronte. Mi scostai appena in tempo e il colpo atterrò l'uomo dietro di me. Graffiai con la lama il ventre dell'uomo e lo feci cadere a terra con uno sgambetto. L'ultimo in piedi dietro di me venne atterrato dal coltello che spinsi indietro dopo aver percepito un suo movimento. Mentre riprendevo fiato l'uomo atterrato poco prima, l'unico che non avevo ucciso, con quel taglio al ventre, si mosse per afferrare il blaster a pochi centimetri da lui. Allungai il piede e calpestai il suo avambraccio fino a farlo contorcere di dolore. Nonostante tutto prese quel blaster e lo puntò verso di me. Stava per sparare quando mi sedetti a cavalcioni su di lui. Con il coltello rimastomi in mano iniziai a tagliare e pugnalare il suo petto. Il blaster gli era caduto e ad ogni colpo i suoi muscoli si contraevano facendo sollevare gli arti e irrigidire il resto del corpo. Non ragionavo più. Continuai per parecchi minuti dopo che lui non si muoveva più e c'era solo qualche goccia di sangue nel suo corpo. Ero completamente ricoperta da esso. Il volto e il busto a causa degli schizzi e i pantaloni per via della pozzanghera formatasi sotto il corpo inerme ormai senza vita. Mi alzai e ripresi fiato, quasi come se avessi completato la mia opera. Smaterializzai il coltello ormai troppo scivoloso e ne lasciai apparire un altro simile ma con lama uniforme. Passai tutti e sei gli uomini e tagliai loro la gola, per assicurarmi che non si sarebbero svegliati. Un ragazzo era rannicchiato nell'incavo dove si trovava l'estintore. Mi fissava tremando e piangendo. Con noia gli dissi "Vai ad avvertire gli altri: siamo sotto attacco." Il sangue gocciolava anche dai miei capelli e sporcava le mie suole, rendendomi difficile anche solo camminare. Raccolsi la borsa con disinvoltura e mi avviai verso la mia camera, dovevo avvertire Loki. Mentre camminavo flash di ciò che avevo appena fatto mi attraversavano la mente come lampi. A poco a poco mi resi conto di ciò che avevo fatto. Guardavo i miei vestiti sporchi di sangue riflettersi sui vetri. Il mio battito accelerava, facendo diventare il mio respiro pesante e, senza volerlo, aumentai il passo fino a correre. Entrai nella stanza premendo ripetutamente il pulsante. Lasciai cadere la borsa a terra e sentii le gambe mancarmi per un istante. Avevo abbastanza adrenalina in corpo da dopare un intero esercito. "Loki..." la Mia voce era flebile. Lui si trovava davanti alla specchiera, in mezzo alla stanza, con l'armatura già indosso. Avanzai verso di lui tremando ad ogni passo. Deglutii. Lui si voltò lentamente. Il suo sguardo era di pietra e , anche dopo avermi scannerizzata, continuava a fissarmi impassibile. "Dobbiamo..." Non trovavo le parole "Siamo sotto attacco." Mano a mano avevo alzato il tono della voce fino a gridare.  "Degli alieni sono penetrati nella nave dobbiamo fare qualco-" Le mie parole vennero tagliate dalla mancanza improvvisa di aria. Iniziai a sentire una forte fitta al petto. Guardai tremante in basso, verso i miei piedi. Una grossa macchia color porpora si espandeva sulla mia maglia, tra i miei seni, proprio in mezzo allo sterno, mentre una punta Metallica alzava appena il tessuto. Provai ad inspirare e un forte sapore di sangue mi avvolse la lingua. Aveva fatto centro, aveva preso le vie respiratorie ed ora ero costretta a restare in apnea. Alzai lo sguardo verso Loki, sempre impassibile, e con gli occhi lo supplicai. Allungai le dita verso il suo volto e all'improvviso la lama venne sfilata dal mio torace. Loki mi guardò accasciarmi a terra. Sentii una risata soffocata alle mie spalle, poi una voce logorata e gutturale. Rideva. Sentii il tacco di uno stivale prendermi sul fianco per farmi voltare. Come un fantoccio senza vita ricaddi sulla schiena. Era la scarpa di Loki. Di fronte a lui una specie di elfo, con un cappuccio e una postura ricurva. Loki mi guardò piegando la testa, senza lasciar trasparire nulla all'infuori di disgusto e indifferenza. Nonostante sapessi che non sarei morta sentivo le mie forze abbandonarmi. Si voltò di nuovo verso l'elfo. "Perché lo hai fatto? Ti avevo detto che non poteva morire." L'altro rise. "Ciò non significa che non possa soffrire un po', guarda lì..." e si voltò con un cenno del capo indicandomi. "Avanti, portami da lui." Ordinò Loki con austerità. I due uscirono senza nemmeno voltarsi. La mia vista si faceva sempre più scura e sfocata. Mi preparai a morire per alcuni istanti mentre percepivo una chiazza di sangue allargarsi sotto di me.

The apartment  // Loki LaufeysonWhere stories live. Discover now