Capitolo XLV

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Il giorno seguente presi un aereo per tornare a New York. Il viaggio fu lungo e snervante. Arrivata in città dovetti andare a liberare l'appartamento. Preparai le mie valigie. Fortunatamente la stanza di Loki era già vuota. Lasciai velocemente la casa. Era molto tardi. Passai al quartier generale per lasciare il rapporto. Nessuno sapeva che ero tornata. Nat mi vide e corse ad abbracciarmi. "Sei un'idiota! Eravamo preoccupatissimi per te. Thor ci ha detto che hai rischiato di morire nell'arrivare su Asgard." Non avevo alcuna voglia di salutare gli altri quindi con la scusa del "Sono stanca, è stato un lungo viaggio" tornai a casa. Avevo venduto il mio vecchio appartamento quindi dovetti andare da mia madre. Lei non sapeva nulla del mio "viaggio". Per dormire dovetti prendere dei sonniferi. Decisi che il giorno seguente sarei andata alla ricerca delle mie origini. Mi svegliai presto e andai a Seoul, da Helen. Avevo molta voglia di vederla e volevo che mi facesse degli esami. Fortunatamente nel laboratorio non c'era nessuno quando arrivai. Sgattaiolai fuori e andai a casa della mia amica. Mi aprì un uomo molto alto rispetto alla popolazione media della città. "Devo vedere Helen" fortunatamente capiva l'inglese e quindi si fece da parte. Le spiegai la situazione e ciò che era successo. Tornammo al laboratorio e mi fece ogni sorta di esame. Era ormai ora di pranzo quindi andammo a pranzo in attesa dei referti. "È sorprendente!" Era seduta davanti alla sua scrivania e teneva molti fogli in mano. "Le tue cellule sono il doppio più..." la guardai perplessa "Più?" "Più tutto! Più forti, più veloci, più intelligenti. Non me lo spiego. Sono diverse. Sei come un OGM ma non ci sono segni di modifica ed è impossibile. Ciò significa che non sei umana." Caddi sulla sedia. "Che cosa vuol dire 'non sei umana'?" "È come se fossi evoluta." "Dici che potrebbe essere per colpa delle donne che mi hanno cresciuto?" "Loro hanno infuso magia nel tuo essere, ma non ho la più pallida idea di come questo ti abbia reso così." Presi il cellulare dalla tasca e iniziai a cercare su internet. "Trovato!" "Che cosa?" Helen si alzò e venne vicino a me. "Ti va di fare un viaggetto con me?" La portai a New York, nell'orfanotrofio dove ero cresciuta per i primi due anni della mia vita. Era una vecchia casa a tre piani. Le pareti erano con i mattoni evidenti, le finestre senza tende un balcone all'ultimo piano e un grosso portone in legno con i battenti in oro. Allungai la mano per bussare ma prima che potessi toccare il legno essa si aprì cigolando. Una vecchia signora ci scrutò e poi si fece da parte per permetterci di entrare. "Ciao Heather, ti stavamo aspettando." Guardai Helen e entrai. Dentro la casa c'era odore di violette e incenso. "Volete del the care?" Chiese con voce tremante un'altra signora. "No, grazie" risposi anche per Helen perché non mi fidavo affatto di chi faceva esperimenti sui bambini. "Immagino che tu voglia sapere perché, o cosa ti abbiamo fatto." La vecchina stava proseguendo verso un salottino ben arredato con un divanetto e due poltrone. Io e Helen ci sedemmo una di fianco all'altra sul sofà. "Sì, sono molto curiosa." La donna annuì. "Non voglio nasconderti nulla cara. Ma prima dimmi: a che punto hai sviluppato il nostro dono?" Mi alzai e mi sedetti sul pavimento. Chiusi gli occhi e mi concentrai. "Il the è pronto. La teiera non fischia ma l'acqua al suo interno sta già bollendo. Fuori sta passando un'auto elettrica." Aprii gli occhi. Stavo nuovamente fluttuando. "Stupefacente." Sussurrò la donna. Helen mi fissava allibita. "So anche fare questo." Avvicinai le mani concentrando tutta la mia energia in essa. I fili neri e viola si formarono collegando le mie dita. I miei occhi si tinsero di un viola più scuro e i capelli iniziarono a fluttuare come se non ci fosse più gravità. "Aspetta: come ci sei riuscita?" Ora anche Helen era in piedi. "Va Bene. Ora posso spiegarti ciò che ti è successo." Mi sedetti nuovamente. "Quando ti hanno portata qui avevi poco più di una settimana. Noi siamo le ultime rimaste di una lunga stirpe di streghe. Abbiamo visto il tuo futuro a piccoli tratti e abbiamo visto cose orribili. Eri una bambina molto intelligente e vivace ma ciò che avevamo visto noi era tutt'altro che una vita felice. Così abbiamo deciso di scegliere te. Abbiamo deciso di donare la nostra eredità a te." Non ero affatto stupita. Queste donne mi sembravano brave persone quindi non provavo ne rabbia ne risentimento. "Mi serve sapere fino a che punto posso spingermi. Cos'altro posso fare?" "In realtà la tua magia può proteggere solo te. Non può interferire con altri umani o altri oggetti. L'unica cosa che puoi fare e generare." "Nel senso che posso fare figli?" "No cara. Tu puoi generare ciò che vuoi: energia, armi, tutto ciò che vuoi." "Ciò significa che..." allungai il braccio e immaginai un piccolo coltello. Aprii gli occhi e sopra il mio palmo fluttuava un piccolo coltello nero con venature viola simili a quelle del marmo. Saltai dalla gioia e strinsi la mano alla vecchina. "Grazie infinitamente." Trascinai Helen fuori da lì e tornammo a Seoul. Rimasi lì per due giorni. Mentre mi allenavo Helen monitorava la mia attività cerebrale. Diceva che aveva avuto un'ispirazione e che ero fondamentale. Tornata a New York i miei amici mi accolsero con un grande regalo. Natasha mi aveva comprato il casco integrale che tanto desideravo e Tony aveva fatto cambiare la carrozzeria della mia BMW da argento a nera opaca. Ovviamente a nome di tutti. Ero felice che i miei amici si fossero preoccupati così tanto per me. Poi ci fu un periodo buio. Passavo le giornate ad allenare i miei poteri e il mio corpo nella vecchia palazzina dove ero solita andare per sfogarmi. Non facevo altro per intere giornate. A volte mi dimenticavo addirittura di mangiare. Dopo aver ricominciato ad andare in terapia capii di essere ricaduta in depressione. Grazie al cielo in poco più di un mese ne uscii. Quando quel periodo finì la vita tornò a scorrere normalmente. Erano passati quattro mesi dalla morte di Loki. Nel frattempo erano successe molte cose: avevo vissuto con gli avengers, mi ero quasi fatta licenziare per cattiva condotta, mi ero quasi fatta arrestare per percosse e ero stata a Sokovia, la città che il robot infettato dal programma di Stark aveva fatto fluttuare per ucciderci tutti. Dopo quella battaglia diedi le dimissioni e tornai a lavorare come sicario. Era divertente in fondo. Non persi i contatti con gli avengers nonostante il loro compito fosse quello di arrestarmi. La nuova ragazza reclutata a Sokovia era molto simpatica, parlavo molto con lei. Si chiamava Wanda, Wanda Maximoff. Aveva perso suo fratello durante lo scontro. Insieme a lei erano stati arruolati anche altri due uomini, oltre a Rhodey, erano Visione, un essere vivente artificiale creato grazie alla Gemma dello scettro di Loki e fuso insieme al vibranio, e Sam, un amico di Steve. Avevo conosciuto anche loro. Nonostante i problemi con la legge mi ospitarono spesso dentro la nuova base. Vivere con loro era molto divertente.

The apartment  // Loki LaufeysonWhere stories live. Discover now