Capitolo 2.

3.4K 66 4
                                    

ANITA'S POV:

24 ore prima dell'arresto.

Io amo la mia vita.
Chi mi guarda da fuori potrebbe giudicarmi pazza perché ho visto cose che probabilmente alla mia giovane età non avrei dovuto vedere, ma non mi pento di nulla.
A 11 anni vedevo girare in casa soldi, pistole e droga, e non c'è mai stato bisogno che i miei genitori mi spiegassero cosa stava succedendo perché io avevo già capito tutto.
Mio padre, Don Salvatore Ricci è l'uomo più temuto di Napoli, detiene il maggior numero di zone di spaccio, e controlla la maggior parte dei soldi che circolano in zona.
Grazie a lui ho sempre avuto tutto quello che volevo soldi, vestiti firmati, feste. Non ho mai ricevuto un no come risposta.
Se papà non mi dava quello che volevo correvo da i miei due fratelli maggiori che mi hanno sempre coccolata e trattata come una principessa.
Fin quando un anno fa però tutto è cambiato. Mio fratello ha dovuto uccidere il suo migliore amico perché quell'infame si è alleato con un clan avversario ma qualcuno della famiglia di quest'ultimo  lo ha denunciato alla polizia e mio fratello è stato arrestato, portato all'istituto penitenziario minorile.
Solo pochi mesi fa anche papà è stato arrestato, detenuto nel carcere di Poggioreale. Ha lasciato tutto nelle mani di mio fratello Pietro, il quale cerca di fare del suo meglio ma è chiaro che non è alla sua altezza. La nostra famiglia sta perdendo potere, ecco perché  anche se a soli 16 anni voglio cercare di dare una mano a mio fratello come meglio posso.

Busso piano alla porta dello studio dove di solito papà restava per ore ed ore.
Ora sulla sua poltrona bianca contornata d'oro è seduto mio fratello Pietro, che appena mi vede mi fa cenno di entrare.
"Mi cercarvi?" - chiedo avvicinandomi alla scrivania posta tra di noi.
"Te la senti di farmi un altro piccolo piacere?" - mi chiede lui con l'aria stanca di chi non dorme da giorni.
"Tutto quello che ti serve." - gli rispondo entusiasta. È da un paio di settimane che Pietro mi chiede dei piccoli favori, possiamo fidarci veramente di poche persone, ecco perché a volte manda me a controllare i lavori che vengono svolti per la nostra famiglia.
"Chella famiglia e' merd dei Russo non ci hanno ancora pagato. Ti ricordi quello che avete fatto la settimana scorsa al negozio di Gennaro Esposito?" - io annuisco capendo subito quello che vuole  chiedermi di fare .
"Bene, dovete fare la stessa cosa anche ai Russo, te la senti?" - mi chiede lui aggrottando le sopracciglia.
"Sì, certo. Andiamo là, spacchiamo le vetrine, distruggiamo i banconi, e rompiamo qualche bottiglia." - serro i pugni lungo i fianchi, sentendo già l'adrenalina scorrermi nelle vene.
"Senza metterti troppo nei guai, tu mi servi solo per controllare che il lavoro venga svolto bene. Hai capito Ani'?" - mi chiede incendiandomi con gli occhi. Non me ne starò ferma in un angolo mentre gli altri faranno tutto il lavoro,  ma glielo lascio credere.
"Sì tranquillo, ho capito." -  gli rivolgo un accenno di sorriso.
Lui si alza dalla sedia e mi viene incontro, mi appoggia una mano sulla guancia.
"Nun poss perder pur a te Ani'."- mi dice dolcemente, e a me sembra di rivedere papà che mi sgridava  per le cazzate che combinavo.
"Non succederà."- gli dico stringendo le braccia intorno alla sua vita e affondando il viso nel suo petto.

Allo scattare della mezzanotte salto  giù dal letto, indosso le mie amate nike jordan abbinate alla mia tuta nera, e la felpa con il cappuccio dello stesso colore, metto su una spalla lo zainetto che avevo preparato prima con tutto ciò che mi serve, e corro giù per le scale.
All'entrata della casa  trovo mio fratello appoggiato allo stipite che fuma una sigaretta.
"Fa' a brav."- mi dice ancora una volta prima di farmi uscire.
"So quello che faccio."- lo rassicuro, poi afferro la maniglia della porta e mi incammino verso i ragazzi che mi stanno aspettando.
Siamo in 6 su 3 motorini, io sono sul t-max nero di Davide, uno dei ragazzi che lavora per la mia famiglia.
Ci mettiamo circa mezz'ora  per arrivare al panificio dei Russo, questi stronzi pensano veramente di poter decidere loro se voler pagare la mia famiglia o meno. Il nostro codice è semplice: vuoi aprire un negozio nella nostra zona?! Bene, allora ci devi pagare e noi ti garantiamo protezione, altrimenti te lo apri da un'altra parte.
Prima di fermarci controlliamo bene che in zona non ci sia nessuno, e una volta assicurato ciò scendiamo dai motorini.
Mi alzo la bandana che ho al collo fin sopra il naso, in modo da non farmi riconoscere del tutto.
Estraggo dal mio zainetto il mio bastone da bowling nero d'alluminio, mentre anche gli altri ragazzi si attrezzano per distruggere il negozio.
"Ani' non credo che sia una buon'idea che partecipi anche tu."- mi dice Davide guardandosi intorno.
"Comando io, ed io ho deciso che sarà una buon'idea."- lo ammonisco. So che mi rispettano solo perchè sono una Ricci ma a me sta bene così. 
"Ce  muvimm o no?"- chiede Lino, un altro di loro che è già pronto con la pistola nella tasca.
"Andiamo."- gli ordino, e tutti mi seguono.
Il potere, il controllo, l'adrenalina, il fatto di poter raggirare  le regole come voglio io, sono cose che fanno parte di me. Questa è la mia vita, non l'ho scelta io, ci sono nata già dentro, e sono contenta di quello che ho.
Inizio a distruggere con la mazza tutte le vetrine, mentre Davide con la pistola  rompe il catenaccio per farci entrare nel negozio. Da lì il caos più totale.
Rompiamo tutto ciò che ci troviamo davanti : banconi, vetrine, sedie, sgabelli, la cassa contenente  il denaro.
Fin quando però il ragazzo che era rimasto fuori a fare il palo non viene a chiamarci gridando.
"Guagliu' e guardie!"- grida a pieni polmoni per superare il rumore dei vetri rotti.
"Ani' corri!"- mi dice Davide mentre iniziamo a correre come pazzi fuori dal negozio.
Ma  ovviamente loro hanno le gambe più lunghe delle mie,  e sono abituati a fare queste cose. Io, invece è  solo la terza volta che faccio una cosa del genere, non sono preparata. Ecco perchè loro sono già arrivati ai motorini mentre io sono rimasta indietro. Per la foga del momento non riesco a vedere una pietra per terra, sulla quale inciampo e cado.
"Anita!-" sento chiamare il mio nome, ma ormai è troppo tardi. Sento le sirene alle mie spalle.
"Andate via!"- gli grido mentre mi alzo piano da terra, ma il piede mi fa troppo male per continuare a correre.
Vedo i ragazzi mettersi in sella ai motorini e correre il più lontano possibile, so che Pietro si arrabbierà appena li vedrà tornare senza di me ma non c'era alternativa.
"Signorina si fermi subito!"- la voce di un poliziotto alla mie spalle mi fa sussultare. 
E' finita, per me è finita, non c'è via di fuga.

ODIJ E AMMORE // MARE FUORINơi câu chuyện tồn tại. Hãy khám phá bây giờ