Capitolo 50.

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EDOARDO' S POV:

In Giappone c'è un leggenda chiamata filo rosso. Essa narra che ogni persona porta fin dalla nascita un filo rosso legato al mignolo della mano sinistra che la lega alla sua anima gemella. Il filo è indistruttibile, non può essere spezzato né tagliato affinché le due persone in questione riescano un giorno ad incontrarsi ed innamorarsi e quel filo invisibile li legherà per tutta la vita.

Ecco se penso a me ed Anita mi viene in mente questa leggenda.
Quella ragazzina piccola ma forte e  testarda,  è arrivata all'improvviso come un uragano nella mia vita, ed io avrei dovuto solo tenerla lontana. Perchè sapevo che mi avrebbe portato a fare una guerra che non sarei stato capace di vincere, eppure non ci sono riuscito. Ogni volta che cercavo di mandarla via, me la ritrovavo legata a me proprio come se per l'appunto ci fosse un filo invisibile che ci legasse.
Così alla fine mi sono arreso al fatto che non avrei potuto mandarla via neanche se lo volessi. Mi sono arreso all'idea che io mi fossi così tanto innamorato di lei da mettere in gioco l'amicizia con il mio migliore amico per lei, ma tutto ciò non è servito comunque a nulla. 
Lei ha deciso di tagliarmi fuori dalla sua vita, ha preso il mio cuore tra le mani e ci ha giocato come se fosse una pallone da calcio.

Ciononostante quando un paio di giorni fa Clarissa è arrivata nella mia cella e mi ha detto che Anita stava male e che lei non sapeva cosa fare, io mi sono precipitato da lei trascinato dal filo rosso che ci lega.
Lei era lì, tra le mie braccia, fatta di ecstasy, e mi ha detto delle cose, e il mio cuore ha iniziato a battere forte. Così forte, che ho dimenticato tutto il resto. Ho dimenticato che il fratello mi ha minacciato di non avvicinarmi più a lei, ho dimenticato di quanto lei mi abbia trattato male e di tutte le notti insonne per colpa sua.

Mi ha detto che non riusciva a vivere sapendo di avermi perso, e mi sono sentito il respiro mancare perchè lei non lo sa quanto anch'io ci sono stato male.
Mi ha chiesto di restare con lei, per sempre, ed io l'ho fatto anche solo fin quando non ha chiuso gli occhi e si è tranquillizzata, addormentandosi con la mia mano appoggiata sulla sua guancia.
Poi non l'ho più rivista . . . .

So che ha avuto due giorni liberi, ma pensavo che prima di uscire sarebbe passata da me. Ho paura che quello che mi ha detto lo abbia dimenticato o peggio ancora che se ne penta amaramente. Vorrei solo che capisse quanto lei è diventata importante per me, e che voglio combattere con lei, qualsiasi sia il prezzo da pagare.

Improvvisamente però qualcuno fa irruzione nella mia cella, che adesso condivido che Totò.
E' Clarissa che sembra abbia appena finito di piangere, è diventata brava ad intrufolarsi nell'ala maschile ma non capisco proprio cosa ci faccia qui.
"Clari' che succede?"-mi precipito da lei, saltando giù dal letto, mentre Totò la guarda confuso.
"Devo parlarti, è urgente."- mi dice soltanto. 
Lancio una breve occhiata a Totò che capisce subito che deve lasciarci da soli.
"Me vac a fa nu gir."- mi comunica mentre esce dalla cella.

"Allor?"- la incito a parlare una volta rimasti solo tutti e due.
"Senti Edo non so veramente quale parole usare per dirti questa cosa, e in realtà non penso neanche che ci sia un modo giusto per dirtelo...."- Clarissa cerca di guardare ovunque ma mai nella mia direzione.
"Parl Clari' senza troppi giri di parole."- incrocio le braccia al petto impaziente di sapere quello che deve dirmi.
"Si tratta di Anita."- mi dice mentre i suoi occhi diventano improvvisamente lucidi.
Scatto come un molla in avanti, appena sento il nome di Anita.
"Che succiess? Aro sta'?"- inizio ad agitarmi.
"Forse è meglio se ci sediamo."- mi dice lei mentre si sta per avvicinare al mio letto, ma io la fermo per un braccio.
"Clari tu nun me mai vist ncazzat ed è meglio accussi'. Che è succiess ad Anita?"- le chiedo mentre stringo la presa sul suo braccio, in questo momento sono troppo preoccupato per pensare a qualsiasi altra cosa.
"L'altro ieri, nel suo giorno libero, è uscita con suo fratello Pietro, ed hanno fatto un incidente con la macchina, un brutto incidente."- mi spiega lei ed una lacrima le ricade sul viso. 
Mollo la presa sul suo braccio iniziando a camminare nervosamente per la cella.
"Ma che cazz stai dicen ?"- urlo furioso e non me ne frega niente se così facendo  potrei attirare l'attenzione di tutti, compresa quelle delle guardie.
"Oggi la direttrice lo ha comunicato a Ciro, lui era troppo scombussolato per venire da te così sono venuta io."- continua a spiegarmi Clarissa, con la sua solita dolcezza che la contraddistingue.
"E mo' comm stann? Com sta Anita?"- le chiedo avvicinandomi a lei.
"Non bene Edo'."- mi risponde, io la afferro scuotendola leggermente.
"Che cazzo significa non bene Clari'? Dimmi la verità."- le lacrime le cadono veloci sul viso.
"Sono in coma entrambi, non si sono ancora risvegliati."- la lascio andare e poi me la prendo con l'armadietto alle mie spalle, colpendolo con un pugno, poi un altro e poi un altro ancora.
"Edo, no, fermati."- mi dice Clarissa cercando di fermarmi.
Mi giro a guardarla, con le nocche insanguinate.
"Clari'..."- le sussurro prima di lasciarmi andare tra le sue braccia e piangere come un bambino.
"Lo so, lo so, ti capisco."- mi dice mentre mi accarezza dolcemente sui capelli.

Non posso perderla, se la perdo perderò il mio cuore. Lei è tutto ciò di più bello che mi potesse mai capitare, è la mia stella in mezzo ad un cielo nero, la mia speranza, la mia piccola. No, non posso perderla. Devo andare da lei, devo vederla, anche se potrebbe essere l'ultima volta ho bisogno di lei.


ODIJ E AMMORE // MARE FUORIWhere stories live. Discover now