Capitolo 8 - Odio

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Una volta usciti dalla mensa, sia immuni che chanjer, scoprirono che ai detenuti era concessa un'ora d'aria. Nel retro del triste edificio si trovava un altrettanto triste giardino. Era molto ampio, spoglio, e i prigionieri se ne stavano a gruppetti, fumando, giocando a carte o semplicemente stando seduti a parlare. Era fatto di ghiaia che a ogni passo scricchiolava sotto i piedi. Di tanto in tanto qualche ciuffetto d'erba superstite osava sfidare il pietrisco, ma era perlopiù una distesa grigia e monotona. Lydia e Tahir si erano sistemati in una zona al sole, insieme ad altri chanjer. Shin aveva scelto di restarsene in disparte, considerando anche l'astio che leggeva sui volti dei compagni detenuti. Non poteva biasimarli, visto che per colpa loro erano costretti a pulire i cessi. Claymore era rimasto insieme a lui, ma continuava a guardarsi attorno come se stesse cercando qualcuno.

Shin notò un angolo vuoto e tranquillo e si sedette a terra, appoggiando la schiena contro un alberello rinsecchito. «Cerchi qualcuno?» domandò, posando le braccia sulle ginocchia.

«Parli con me?» chiese stupito il biondo, abbassando lo sguardo.

«Ne farei volentieri a meno.»

Claymore gli si accucciò accanto. «Te l'ho già detto che devi sorridere di più.» Avvicinò gli indici alla sua faccia per alzargli gli angoli della bocca, ma Shin lo allontanò con uno schiaffo.

«Smettila di fare l'idiota. Chi stai cercando?»

«La mia anima gemella» rispose l'altro.

«E la cerchi in una prigione piena di stupratori e assassini? Sei un tipo esigente.»

«Non saranno tutti cattivi» gli fece notare.

«Ottimo. Allora mettiamo un manifesto e vediamo se qualcuno è interessato» continuò Shin, poggiando la nuca contro il tronco, «deve avere pazienza infinita, spirito di sacrificio e sopportare le pessime battute.»

«Bene, non mi dispiace.» Il biondo si alzò in piedi. «E vorrei che avesse i capelli neri, un bel culo e... ah, giusto! Un bel sorriso.» Gli fece l'occhiolino e si allontanò, iniziando a vagare per il giardino.

Shin si era trattenuto dal tirargli un sasso nella schiena. Sospirò e contemplò il cielo azzurro sopra di sé. Quel giorno era limpido, una distesa celeste perfetta. L'aria era fredda e si strinse nelle braccia per cercare un po' di calore. Notò l'energumeno di quella mattina lanciargli un paio di occhiate, ma per fortuna restò a distanza a fumare e giocare a carte.

Shin ripensò al Clan, alle persone che amava, e si chiese cosa stessero facendo in quel momento. Sentiva la loro mancanza e si immaginò di avere Faraji accanto. Era una testa calda e spesso e volentieri litigavano, eppure affrontare missioni e problemi sembrava sempre una passeggiata insieme a suo fratello.

Il giovane sospirò di nuovo e si guardò attorno. Senza volerlo iniziò a cercare la sagoma del suo compagno di cella. Analizzò i detenuti e finalmente lo scorse: si trovava all'angolo opposto del giardino. Era in piedi e parlava con un uomo di mezza età. Era basso e magro, con i capelli stempiati e bianchi. Portava la tuta blu correttamente e dal portamento e i modi di fare pareva non c'entrare nulla con gli altri delinquenti. I due conversarono per alcuni minuti, poi si strinsero la mano. Shin li osservò incuriosito, fino a quando Claymore non si congedò per tornare da lui.

«Non dovevi disturbarti a tornare» disse, una volta che gli fu davanti, «visto che hai trovato l'anima gemella puoi anche restare con lei.»

«Oh, boss, non fare il geloso» scherzò Clay, sedendosi al suo fianco e poggiando la schiena contro il tronco, «ho solo chiesto informazioni. Puoi stare tranquillo.»

«Io geloso?» ribatté, «di te?»

«Lo so, lo so. Non vuoi ammetterlo.»

Shin scosse la testa e decise di ignorare le sue battute. «Non avevi detto che volevi collaborare con me?»

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