Capitolo 52 - Connessione

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La coscienza di Clay balzò all'indietro, respinta dal vortice negativo che imperversava nella mente di Shin. Spalancò le palpebre, agitato, mentre gli occhi dei presenti erano puntati su di lui.

«Cos'è successo?» domandò Hannele.

«Hai già finito?» chiese nello stesso momento Faraji.

Clay scosse la testa. «No, mi ha respinto.»

«Riprova!» lo implorò l'altro ragazzo, stringendogli il braccio.

«Aspetta!» Marie si fece avanti. «Ascolta, Clay. La mente umana è una mappa complessa di reti e collegamenti, e quella di Shin ora è oscurata e spezzata. Cerca un appiglio, una luce in quel caos. E seguila, senza esitare. Non puoi fargli del male, non può accadergli nulla di peggio di ciò che sta già subendo.»

«Abbiamo fiducia in te, Nicholas» aggiunse Hannele con dolcezza, «devi credere anche tu nelle tue capacità.»

Faraji annuì, disperato. «Se hai bisogno di qualsiasi cosa ti aiuterò. Ma salvalo, ti prego!»

Baba Jaga alzò le spalle, soffiando fuori una boccata di fumo. «Sei un giovanotto in gamba, Nicholas Klein. Dimostralo a te stesso.»

Il ragazzo li guardò a turno, fermandosi infine su Marie. Non aveva mai avuto così tante persone accanto a incoraggiarlo. E se non era più solo lo doveva unicamente a Shin.

Annuì e riprovò. Questa volta posò la mano avvolta dal guanto sul petto del compagno, sperando che il prototipo gli consentisse una maggiore stabilità di connessione. Con l'altro braccio gli cinse il collo e vi poggiò la fronte sopra.

La sensazione che avvertì fu la stessa di prima. Quell'energia negativa, quel dolore così intenso cercava di spingerlo via. Ebbe quasi il sentore che fosse lo stesso Shin a respingerlo, per proteggerlo da quell'ondata nefasta che ora dimorava in lui.

Ma Clay non demorse. Si concentrò, si difese, e alla fine trovò un piccolo spiraglio, una minuscola luce che ancora brillava in quel mare di tenebra. Si allungò, si sforzò e la sua mano riuscì a raggiungerla e vi si aggrappò con tutto se stesso. Non poteva permettere al collegamento di venire meno, non poteva rischiare che la connessione si spezzasse.

Nel momento in cui ghermì quella luce, stringendola a sé, si ritrovò in una stanza buia. Non volteggiava più in uno spazio vuoto privo di gravità, ma restava con i piedi per terra, rinchiuso in quella che sembrava una minuscola camera senza porte e finestre.

Era incomprensibile come riuscisse a vedere lì dentro, ma notò un bambino piccolo e impaurito rannicchiato nell'angolo. Stava piangendo, forte, tanto che i singhiozzi gli scuotevano il petto strappandogli il respiro.

Clay si inginocchiò di fronte a lui, posandogli una mano sulla spalla.

«Shin» lo chiamò, sussurrando, «Shin, sono qui.»

Il bimbo alzò il capo, e occhi arrossati per il pianto lo fissarono angosciati. «Clay.»

«Mi riconosci?»

«So il tuo nome. So che sei importante. Ma io sono solo una parte delle emozioni di Shin.»

Clay si stupì di quelle parole. Non era entrato in contatto con la coscienza come faceva di solito, ma era solo una piccola porzione di essa. La trasformazione aveva frammentato la mente di Shin e ogni parte aveva un significato, una funzione ben precisa. Doveva capire quale.

Il biondo si sedette accanto al piccolo, poggiando la schiena contro il muro. «Come mai sei qui tutto solo?»

«Pensavo.»

«A cosa pensavi?»

«Alla morte.»

Clay deglutì. «E cosa pensavi riguardo alla morte?»

ChanjerWhere stories live. Discover now