Capitolo 16 - Amici

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Shin non riusciva a credere ai suoi occhi. Lui non poteva essere lì. Era impossibile.

Clay rise ed entrò nella stanza; la porta si richiuse alle sue spalle. Stringeva nella mano un borsone da cui spuntavano gli stivali e la stoffa nera della divisa.

«Ti dona questo taglio, boss» ammise, lanciandogli un'occhiata divertita. Si guardò un po' attorno. «Non mi aspettavo che la stanza fosse così bella, né che saremmo stati di nuovo compagni di...»

«Cosa ci fai qui?» riuscì a domandare Shin, ritrovando l'uso della parola.

«Bé, la ragazza, Satria se non sbaglio, mi ha detto di cambiarmi prima di cena.»

Shin scosse la testa. «Non intendevo qui in questa stanza, intendo qui all'Unità di Sterminio!»

«Ah! Storia lunga...» minimizzò, sventolando la mano, «senti, passiamo alle spiegazioni. Cos'era quella storia del sesso? Spero che ci sarà anche una dimostrazione pratic...» Non terminò di parlare che Shin lo afferrò per il bavero della tuta.

«Smettila di fare l'idiota! Cos'è successo in prigione?»

Clay finse di pensarci su, allora rispose: «sono andato dal Comandante e gli ho detto "scusi, buon uomo, sento tanto la mancanza del mio compagno di cella, quello sempre sorridente e solare, posso andare a trovarlo?" e lui ha risposto "certo, figliolo, tutto quello che desideri". Perciò, eccomi qui!»

Shin si spostò e si passò le mani tra i capelli in preda alla frustrazione. «Ce la fai per una volta a non essere te stesso?!»

«Mm... no.»

Shin lo fulminò con lo sguardo. «Dimmi la verità! Perché sei qui? E perché mi hai messo le bende e hai detto che sono state le guardie?»

Lo sguardo di Clay gli fece capire che aveva indovinato: era stato lui ad aiutarlo.

«Come hai...» cominciò il biondo.

«Claymore!» ringhiò Shin.

«Vuoi la verità?» sbuffò, lasciando che lo sguardo vagasse sul fisico dell'altro, «se vuoi saperla, la verità è che non riesco a concentrarmi se te ne stai mezzo nudo davanti a me.»

Shin si spalmò una mano sulla faccia. Ormai aveva raggiunto il limite della sopportazione. Alla fine sospirò e cercò di calmarsi. Doveva cercare di capire. Di capirlo.

«Per favore, Clay» lo implorò, usando un tono gentile, «per una volta, dimmi la verità.»

Il biondo non restò indifferente alla voce e all'espressione del ragazzo. Sembrava in conflitto con se stesso, quasi avesse ingaggiato una lotta con le sue personalità multiple per decidere quale dovesse prevalere. Rifletté per qualche istante, poi, senza alcun preavviso, afferrò Shin per il polso e lo portò con sé in bagno.

Il giovane fece per protestare, ma si ritrovò dentro la doccia. Rabbrividì quando toccò con la schiena nuda le piastrelle fredde della parete.

«Si può sapere cosa...» Non riuscì a terminare la domanda, che Clay accese l'interruttore della doccia e un getto di acqua calda li investì entrambi. Il biondo si parò davanti a lui, schiacciandolo contro al muro col corpo e avvicinando il viso al suo orecchio.

Shin stava pensando se strozzarlo o tirargli un pugno, quando l'altro gli strinse i polsi tenendoli in basso. «Ascoltami bene» iniziò, la voce una carezza attorno al lobo, «ti dirò tutto, ma potrebbero esserci telecamere o cimici nascoste, perciò non muoverti. In questa posizione non possono leggere il labiale e l'acqua che scorre impedirà loro di sentirci. Dobbiamo essere cauti.»

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