Capitolo 38 - Verità

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«Come "è sparito"?!» esclamò Asher, «ho lasciato Eugenie di guardia davanti alla porta!»

«Dev'essere uscito dalla finestra» ipotizzò l'uomo, dispiaciuto. «Era aperta.»

«Con un braccio e una gamba rotti?» intervenne Faraji.

«Dobbiamo trovarlo!» ordinò Asher.

Clay si alzò in piedi. «Fatemi uscire! Vi aiuterò a cercarlo!»

«Scordatelo! Tu rimani qui!» chiarì.

Il Capo delle Volpi Nere uscì dalla stanza, seguito da Marie, Faraji e Mark. Richiusero la porta senza dire una parola e la stanza sprofondò nel buio.

Clay non riuscì a rimettersi a sedere. Ora che sapeva che Shin era sparito, un moto di preoccupazione lo travolse. Si era già trasformato? Stava male? Di una cosa era sicuro: non poteva restarsene lì con le mani in mano. Doveva raggiungerlo, parlare con lui e assicurarsi che stesse bene.

Si avvicinò alla finestra. Si trovava al terzo piano e l'intelaiatura a traliccio era interamente costituita da kadmios elettrificato, che emetteva un lieve ronzio. Era una struttura dispendiosa e solo un Clan grande e influente come quello delle Volpi Nere poteva permettersela. Inoltre, installare un simile sistema di protezione doveva essere stato difficile per dei chanjer.

A Clay la presenza del metallo non creava alcun fastidio, aprì la finestra e guardò fuori. Non soffriva di vertigini, ma dovette ammettere a se stesso di provare una discreta ansia all'idea di arrampicarsi su per il muro. Come aveva fatto Shin a scappare dalla finestra in quelle condizioni?

Il cielo era denso di nubi, l'aria fredda e una pioggerella gelata gli feriva il viso. Osservò la facciata dell'edificio e inquadrò diversi appigli dove aggrapparsi per raggiungere la scala antincendio poco lontana. Per fortuna anche lì ne avevano installata una e in quella circostanza gli sarebbe tornata molto utile.

Scrutò la città desolata; i vecchi edifici che spuntavano dal terreno come arti spezzati: dov'era andato Shin?

Di certo non poteva essere tornato a ciò che restava del Clan dei Lupi, non con una gamba rotta. Seguitò con l'analisi del quartiere ed ebbe un'illuminazione.

Senza perdere altro tempo, uscì dalla finestra e infilò le mani in una piccola rientranza nella parete. Faceva freddo e pioggia e umidità non rendevano l'impresa facile, ma non desisté. Sistemò i piedi su una striscia di cornicione di pietra che spuntava dalla facciata e, un passettino incerto alla volta, avanzò. A metà del tragitto la scarpa scivolò e fu costretto a piantare le dita nel cemento per non cadere. Gli parve che le unghie stessero per spezzarsi, ma risistemò lo stivale lungo la fascia in muratura e procedette.

Raggiunta la scala antincendio, strinse il metallo per tirarsi su, saltò e sospirò sollevato quando avvertì la grata ampia e sicura sotto di sé.

Attento a non farsi vedere dai membri del Clan, sgattaiolò giù per i gradini e corse verso l'edificio di fronte. Questo non era dotato di una scala esterna, perciò entrò dentro e salì le rampe, diretto all'ultimo piano. Perché, se c'era un posto dove poteva trovare Shin, era proprio la terrazza. Sapeva bene quanto amasse ammirare la città dall'alto, quanto la vista di quel mondo vasto lo facesse sentire meno in trappola.

Corse su per le scale e quando arrivò all'ultimo piano, davanti alla porta della terrazza, si fermò alcuni secondi per prendere un paio di respiri.

Il cuore gli sbatteva contro la cassa toracica fino a fargli male, lo avvertiva nelle orecchie e dentro la testa, e non sapeva se fosse a causa della corsa o dell'agitazione che provava all'idea del confronto con Shin. Nonostante il freddo, aveva i palmi sudati e se li passò sui jeans. Poi allungò il braccio e aprì la porta.

ChanjerWhere stories live. Discover now