Capitolo 46 - Controllo

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Clay sbatté le palpebre quando udì la porta della stanza aprirsi. Non aveva dormito granché, perché i residui di dolore vibravano nelle ossa e nei muscoli stanchi. Si mise seduto sul letto e vide uno dei dottori incaricati di studiarlo fissarlo dalla soglia. Non conosceva il suo nome, né quello degli altri scienziati. Questo era un ometto basso e stempiato, con un paio di folti baffi scuri e occhi porcini incastonati in un viso rubicondo.

«È ora di andare, signor Klein» gli comunicò, tenendo tra le mani una cartellina ricolma di documenti.

Clay non rispose. Fece scivolare le gambe giù dal letto fino a poggiare i piedi per terra; puntò i gomiti sulle cosce e si incurvò in avanti, affondando le mani tra i capelli. E solo mentre le sue dita accarezzavano la testa rasata, si ricordò che le ciocche bionde non c'erano più. Della sua chioma rimaneva giusto un centimetro scarso e, presto o tardi, sarebbe sparita del tutto. Non che fosse un fanatico dei capelli, ma per lui erano un simbolo. Da ragazzino, la possibilità di farli crescere aveva segnato un passaggio importante, la sua trasformazione da mera cavia a persona. Quando il giorno precedente gli avevano passato il rasoio elettrico per sfoltirli, aveva sentito la sua libertà venire meno.

«Signor Klein» insisté il Baffo, ancora fermo sulla soglia, «è ora di andare.»

Clay gli lanciò un'occhiata priva di qualsiasi emozione. Si alzò in piedi e prese la maglia del triste pigiama da ospedale che doveva indossare.

«Oggi non è necessario indossare la maglia» lo informò l'uomo, indicando la stoffa che reggeva in mano.

Il giovane non protestò, né volle saperne il motivo. Mollò l'indumento sul letto e si avviò verso la porta. Avvertì il freddo sotto i piedi nudi e i brividi attraversargli la schiena. Indossando solo i sottili pantaloni azzurri del pigiama si sentiva più esposto, tuttavia seguì il dottore oltre la porta.

La sua stanza non era lontana dal laboratorio dove veniva legato per gli esperimenti, ma quel giorno fecero un altro tragitto, arrivando fino a una doppia porta di metallo spessa e massiccia. Il Baffo digitò una serie di codici sul pannello a destra e il passaggio fu libero in pochi secondi.

Quando entrarono nella camera, Clay balzò all'indietro, spaventato. C'erano due chanjer incatenati a poca distanza uno dall'altro. Una ragazzina di Livello Uno, con gli occhi rossi come quelli Shin e corti capelli biondi, e uno spaventoso Livello Due, alto un paio di metri, con artigli affilati e un muso allungato e grottesco. Erano entrambi legati al muro con catene di kadmios e un collare spesso e grigio serrava loro il collo.

Clay portò di nuovo l'attenzione sulla ragazzina. Tremava vistosamente e restava seduta in un angolo. «Cosa... cosa sta succedendo qui?» domandò, incapace di staccare gli occhi dalla bambina. Doveva essere poco più grande di Elle, ma era piccola e mingherlina come lei.

Altre due dottoresse si affiancarono al Baffo, un'anziana con il caschetto grigio e una ragazza con i capelli rossi, e insieme a loro arrivò anche il Governatore.

«Buongiorno, Nicholas» salutò suo padre sorridendo, «ti trovo in forma. Scusami se ieri non sono stato qui con te, ma ho i miei doveri da Governatore. Oggi sarò completamente a tua disposizione.»

«Vaffanculo!» sbottò Clay, «dimmi cosa sta succedendo qui!» insisté, indicando la bambina.

«Non c'è bisogno di essere volgari, altrimenti mi costringi a chiamare Hannele.»

Clay digrignò i denti.

«Comunque, oggi metteremo alla prova i tuoi poteri e i progressi fatti in questi giorni.»

«Quali progressi?» ribatté, «non riesco ancora a controllare i chanjer, è inutile che insisti!»

«Hai ragione, non ce la fai... non ancora» convenne con lui, «ma ho pensato che, mettendoti un po' di pressione, forse saremmo riusciti a fare qualche passo in avanti.»

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