Capitolo 10 - Nella sua mente

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Clay sbuffò per la centesima volta. Se ne stava sdraiato sul letto, fissando il soffitto. Erano passate molte ore da quando avevano portato via Shin dalla mensa. Erano le sette di sera, ma di Shin non c'era traccia.

Il ragazzo lanciò un'occhiata all'ingresso della cella. Che cosa gli avevano fatto? Era forse morto? Scrollò la testa e fissò i numeri cremisi del display. Aveva mangiato e bevuto poco a pranzo, per evitare di dover andare in bagno, ma ora avrebbe dato qualsiasi cosa per poter bere e mettere qualcosa sotto i denti. Il brontolio sommesso del suo stomaco gli ricordava costantemente quanto fosse affamato.

Proprio mentre stava per sospirare di nuovo, la porta scattò da un lato e si aprì. Clay si alzò e con un balzo salto giù.

«Che cosa gli avete fatto?!» chiese, rivolto alle due guardie che tenevano Shin per le braccia.

Queste non risposero e lanciarono dentro il ragazzo senza troppe cerimonie. Clay lo afferrò al volo prima che si spaccasse i denti per terra. Sarebbe stato un vero peccato rovinare quel bel faccino. Uno degli uomini buttò sul pavimento dei rotoli bianchi: erano bende. Le aveva già viste in precedenza, considerando che le aveva indossate lui stesso, e sapeva che la stoffa rilasciava un antidolorifico in grado di alleviare temporaneamente il dolore. Non ebbe il tempo di porre alle guardie altre domande, che queste sparirono oltre l'uscio e la porta si richiuse immediatamente.

Clay si sedette a terra e tenne Shin tra le braccia. Gli tirò qualche schiaffetto sulle guance. «Boss? Ehi, boss?!» lo chiamò, ma il giovane Capoclan era privo di sensi e non accennava a svegliarsi. Il volto era contratto per la sofferenza e sembrava in preda a qualche terribile incubo.

«Cos'è successo, boss? Cosa stai sognando di così brutto?» chiese, stupito di vederlo tanto angosciato. Shin aveva la fronte imperlata di sudore, il viso pallido e digrignava i denti.

La curiosità prese il sopravvento. Clay si guardò intorno. Era quasi certo che ci fosse una telecamera e ipotizzò si trovasse accanto al display sopra la porta; così diede le spalle all'entrata e si chinò su Shin, poggiando la fronte sulla sua. Se qualcuno avesse controllato la loro cella avrebbe pensato che Clay lo stesse abbracciando o baciando. Gli prese la mano, i palmi uniti, e intrecciò le loro dita. Infine fece un respiro profondo e chiuse gli occhi.

Connettersi al fulcrum ed entrare nella mente delle persone era sempre un'esperienza sconvolgente per Clay. Ed era un segreto. Un dono e una maledizione. Non aveva mai rivelato a nessuno di quella sua particolare capacità.

Scivolò all'interno dell'anima di Shin, assaporando le sue sensazioni e provando le sue paure. Era come un brivido che gli scorreva lungo la pelle, una scossa che dai capelli arrivava fino alla punta dei piedi. Avvertì il suo fulcrum fremere di energia negativa, così intensa e densa da togliergli il fiato. Shin aveva sofferto tanto e continuava a soffrire, e Clay dovette ricordarsi di respirare e di mantenere la calma per non soccombere a quel vortice che lo stava trascinando verso l'abisso.

Quando finalmente quella marea di emozioni terminò di investirlo, fece un lungo sospiro e aprì gli occhi. Si ritrovò incorporeo. Era solo una sagoma semitrasparente che nulla poteva modificare, nulla poteva fare per alterare ciò che aveva davanti. Era un mero spettatore di ricordi.

Clay si guardò attorno e ciò che vide lo stupì.

Era apparso di fronte a una villa, un'enorme magione dai colori brillanti. L'edificio contava tre piani, con mura in cemento e finestre rinforzate in kadmios. Lanterne rosse e oro dondolavano fuori dall'ingresso, dove due piccole colonne indicavano l'accesso di casa. Il portone era anch'esso in kadmios e un dispositivo di riconoscimento facciale campeggiava alla destra dell'uscio. Era una giornata grigia e nuvoloni carichi di pioggia incombevano feroci. Accanto alla villa ce n'erano altre, a schiera, alcune sembravano disabitate, altre sprizzavano di vita come quella. Clay capì che si trovava nel quartiere Jesi, dove vivevano tutte le Famiglie. I Clan, specie quelli con più membri, si impegnavano a proteggerle e loro li pagavano profumatamente per i servigi resi. I ricchi erano pur sempre ricchi, anche se avevano subìto la mutazione.

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