ᗴᖇOI ᗪᗴᒪᒪ'OᒪIᗰᑭO ᵒⁿᵉ ˢʰᵒᵗ

- The Great War -

Attenzione: possibile spoiler di "Luce e Tenebra".
Ho avuto un blocco creativo non indifferente.
Avevo letto solo 7 capitoli del nuovo libro ma già mi si era riaccesa la voglia di scrivere.
E come sapete, si torna sempre dove si è stati bene.

♧♧♧

"And maybe it's the past that's talking
Screaming from the crypt"

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«Un'ultima cosa» aggiunse Annabeth. «Non so se vi sarà possibile, ma vedete se riuscite a trovare il gatto di Bob.»
«Bobbino!» esclamò Percy. «Oh, accidenti, spero che sia sopravvissuto anche lui.»
«Un gatto?» si stupì Will.
«Non un gatto qualsiasi» precisò Annabeth. «È uno sparto, creato dalla zanna di una tigre dai denti a sciabola. Sembra un gatto calico, ma è molto di più.»
«Bob e quel gatto erano inseparabili» confermò Percy.
«Portateli entrambi a casa, se potete.»
«Faremo del nostro meglio» assicurò Nico, con un cenno del capo. «Promesso.»
Si salutarono, e il messaggio-Iride svanì.
Seguirono diversi momenti di silenzio.
L'unico rumore proveniva dalla lancetta dei secondi dell'orologio, l'unico segno che il tempo non si era cristallizzato ma stava continuando a scorrere.
Percy Jackson ne aveva sentite e viste di cose assurde nella sua breve vita da semidio ma mai — mai — avrebbe pensato che qualcuno volesse scendere nel luogo più sperduto di tutto il creato, dimenticato e temuto dalle divinità stesse.
E quel posto aveva anche un nome, solo che non poteva pronunciarlo ad alta voce senza avere una revisione completa di tutti gli orrori che ci aveva visto.
Percy si riprese dopo, esattamente, 15 secondi dalla fine della chiamata.
«È stato...» Non sapeva bene come definirlo.
Assurdo. Angosciante. Assolutamente irragionevole.
Dopo i primi tre tentativi, lasciò perdere.
Voltò la testa per tentare di leggere l'espressione indecifrabile della sua ragazza.
Ma Annabeth era stranamente silenziosa e fissava il punto in cui solo pochi secondi prima c'erano stati i visi nervosi di Nico Di Angelo e Will Solace, come se stesse rivivendo da capo tutta la conversazione.
Percy aveva pregato per notti intere di non vedere mai più quegli occhi spenti, svuotati di spirito e speranza.
«Annabeth.»
Aveva bisogno di toccarla, anche solo per pochi sfuggevoli attimi, per ricordarle — e ricordare a lui — dove si trovavano.
«Anne...» Allungò una mano ma lei la tolse rapidamente e quel gesto gli aprì un buco nero nel petto.
Annabeth Chase si alzò come in trance e si allontanò di un paio di passi.
Percy sapeva che non avrebbe dovuto lasciare che si allontanasse, che avrebbe dovuto dirle che tutto sarebbe andato per il meglio, ma sapeva anche che quello — chiudersi a riccio nella sua corazza di spine e metallo — era il suo modo per sfuggire al dolore.
Percy si strofinò le mani — era pur sempre un semidio affetto da iperattività — ma non guardò in basso perché sapeva che se lo avesse fatto avrebbe visto nocche violette e ammaccate che volevano prendere a pugni il muro, il mondo intero.
«Ce la faranno.» disse, ma si accorse che la sua voce non era ferma come doveva essere.
Annabeth ancora non lo guardava, chiusa in una tomba di silenzio.
«Annabeth—»
Guardami, dimmi qualcosa, qualsiasi cosa.
«Non puoi saperlo.» rispose finalmente lei e furono le pareti troppo strette di quella camera ad assorbire le sue parole.
«Possono farcela.»
«Tu non puoi saperlo.» ripetè, ogni traccia di speranza svanita dalla sua voce.
Percy capì alla svelta che era inutile combattere quella battaglia. Non sarebbe riuscito a farle cambiare idea, non subito, non quando i flashback erano ancora vividi e confusi nelle loro teste.
La figlia di Atena si sedette sul bordo del letto disfatto, persa in chissà quali pensieri.
Resta qui, non andare dove non posso raggiungerti.
Percy provó a riprendere da dove Nico e Will li avevano interrotti.
Lèsse una pagina intera del libro di letteratura ma arrivato in fondo non aveva capito assolutamente niente di quello che aveva appena letto.
Percy Jackson chiuse il libro e appoggiò la fronte sul palmo della mano aperta.
La stanza odorava di trifoglio cremisi, di sangue.