- Moonlight -

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Attenzione: incredibilmente deprimente

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Jason era seduto sul tetto della cabina di Zeus perché non riusciva a prendere sonno. Il solo pensiero di quello che stava per andare a fare lo teneva sveglio.
Stava per tornare a casa sua. Nei mesi che aveva preceduto quella notte, mai si sarebbe immaginato di tornare al campo Giove. Non aveva sentito quel desiderio finché non gli era tornata la memoria.
Puntó lo sguardo a ovest, dove l'Argo II brillava sotto i raggi della luna.
Presto si sarebbero imbarcati. Piper gli aveva detto che doveva dormire se voleva apparire in buona forma per la partenza, ma Jason non ci riusciva.
Era elettrizzato. Niente sarebbe potuto andare meglio. Ovviamente se si tralasciava Gea che voleva risorgere per annientarli tutti.
Una volata di vento gli spettinó i capelli e lo fece rabbrividire.
Poi ricordó che non tutto stava per andare come avrebbe dovuto.
Perché se l'equipaggio era formato da 4 e non 5 persone, non era tutto perfetto.
Neanche Jason sapeva perché era arrivata a quella conclusione: non era riuscito a seguire a seguire il filo logico del suo discorso.
Forse perché non aveva una logica. Era stata una decisione avventata ma nessuno era stato in grado di farle cambiare idea.
Non sapeva come avrebbe fatto senza di lei. Jason aveva provato a parlarle e a farla ragionare, ma non c'era stato verso. Gli aveva detto che era tutto apposto e che evidentemente le cose dovevano andare così. Così, si erano ritrovati con un membro della spedizione in meno.
E a Jason la cosa non andava giù. La convinzione di non farne parte le aveva divorato l'anima.
Aveva avuto il timore di essere di troppo. Ma non sarebbe mai stata di troppo e Jason aveva provato a farle capire proprio questo.
"basta parlarne, Jason. Partirete senza di me"
Erano state dolorose quelle parole. Proprio lei, lei, la persona che ammirava più di tutte, si era arresa al destino. Ma doveva farsene una ragione.
All'improvviso, un movimento catturò l'attenzione di Jason: si muoveva furtiva e probabilmente il suo obbiettivo era spiaggia perché si stava dirigendo in quella direzione.
La riconobbe senza difficoltà.
Jason si sporse dal tetto e mise le mani a coppa intorno alla bocca - ehy, Ann! -
La vide sobbalzare e poi voltarsi nella sua direzione - Jason? - sussurró - cosa ci fai lassù a quest'ora della notte? -
- potrei farti la stessa domanda - le porse una mano - dai, sali -
Annabeth era visibilmente elettrizzata - e se ci scoprono? -
- sono salito qui un sacco di volte e non mi hanno mai beccato -
Così Annabeth, salì i gradini fino a raggiungere il portico della cabina 1; con una mano cercó di afferrare quella di Jason mentre con il piede faceva perno sulla ringhiera delle scale; si issó in alto e Jason la prese per le mani tirandola ufficialmente sù.
Annabeth si sedette accanto al ragazzo, con lo sguardo puntato per aria - le stelle sono meravigliose da quassù. Ora capisco perché ci vieni sempre -
Jason non rispose. Nella testa gli frullavano ancora troppe domande ed era evidente che lei non aveva voglia di parlarne. Aveva dirottato la conversazione su un'argomento a caso, cercando di evitare di parlare proprio di quello.
Ma a Jason servivano delle risposte - salpa con noi domani -
L'espressione di Annabeth si indurì e distolse lo sguardo - Jason, ne abbiamo già parlato. Non verró con voi -
- no, ti sbagli, tu ne hai parlato. Noi abbiamo dovuto solo accettare la cosa - replicó lui - vieni con noi, Annabeth, ti prego. Sull'Argo II ci sarà sempre posto per te -
Lei sorrise ironicamente - ma non capisci? Sarei un peso per tutti voi -
- non è vero. Non saresti mai un peso. Devi ripensarci -
- credi che non ci abbia già pensato abbastanza? - domandò Annabeth - credi che sia stato semplice prendere questa decisione? -
- da come ne parli sì! - esplose Jason - dei, Annabeth te lo hanno comunicato solo due settimane fa. Come puoi averci già riflettuto? -
Lei questa volta non rispose e Jason credette di avere esagerato. Il volto della ragazza era molto più pallido alla luce della luna di quanto già non fosse di suo.
Jason stava per scusarsi ma Annabeth lo precedette
- vi ho mentito - disse impassibile.
Finalmente, lui si voltó a guardarla in faccia - cosa? -
- sulla questione delle due settimane, non ho detto tutta la verità - ripeté lei - sono già sei mesi che lo so-
Jason sentì il tetto crollargli sotto i piedi.
No, non poteva essere.
- quattro giorni prima che ti incontrassi - inizió la ragazza - ho avuto un mancamento in mensa. Pensavo fosse solo un semplice calo di zuccheri. Will mi ha prelevato del sangue e quando è tornato con le analisi aveva brutte notizie - Jason voleva dirle di smettere ma non riuscì a farlo perché lei proseguì
- disse che avevo il cancro già da qualche anno e che non se n'era mai accorto -
Un secondo.
4 giorni prima?
Allora...
- Percy lo sapeva? - chiese Jason.
Annabeth abbassó lo sguardo, imbarazzata - volevo dirglielo ma avevo paura -
Il figlio di Jason sbatté le palpebre un paio di volte, giusto il tempo di digerire la cosa - ti era stata diagnosticata una malattia mortale e non lo hai detto a Percy? -
- volevo farlo - insistette lei con gli occhi lucidi - non ho avuto il coraggio- si portó un ciuffo di capelli biondi dietro l'orecchio - dovevi vedere come gli si illuminava il volto quando parlava di noi come se avessimo potuto avere un futuro insieme. Una sera decisi che glielo avrei detto definitivamente la mattina seguente - fece una pausa - ma la mattina seguente era scomparso -
Jason non avrebbe dovuto iniziare quella conversazione. Annabeth si sarebbe sicuramente messa a piangere e lui non avrebbe saputo come aiutarla - quanto... - si sentiva stupido a fare quella domanda - quanto ti resta? -
Annabeth si strinse nelle spalle, per niente agitata
- Will ha detto che mi restavano 6 mesi. E adesso, se sono fortunata, una o due settimane -
- è assurdo - commentó lui - assurdo e completamente ingiusto -
- la vita è ingiusta - disse piano Annabeth.
Jason rizzó la schiena, provando una forte disapprovazione nelle sue ultime parole - sai che stai per morire ma resti calma, sai che... che potresti non vedere mai più Percy e resti calma. Come fai? Io non avrei saputo gestire la situazione! Avrei urlato e... spaccato ogni cosa -
Non dissero niente per un po' bel po'. Quando Annabeth vide che il rossore sul collo di Jason si era smorzato, parló - sono arrabbiata tanto quanto te; ero furiosa. Ma poi ho capito che gridare non serviva a niente e ho imparato ad accettarlo. Non c'è niente che mi possa salvare. Lo stadio della malattia è troppo avanzato. Vivere i miei ultimi giorni al campo, è l'unica cosa che posso fare -
- ma qual'è il vero motivo per cui non vuoi venire a Nuova Roma? - domandó calmo Jason - perché non vuoi far parte della nostra squadra? E non dire perché sei malata di cancro, questa scusa mediocre non me la bevo -
Dalla faccia ebete della sua amica, capì che aveva centrato il bersaglio.
Qui non c'entrava la sua malattia. Qui c'era qualcos'altro.
- è che mi sento... inutile - confessó lei.
- inutile? -
- già, parecchio inutile - si voltó verso il ragazzo - prendi te, per esempio. Tu, Leo e Piper avete salvato Era, salvato Tristan McLean e impedito che Gea risorgesse prima del dovuto. Io non ho fatto niente. Non ho super poteri e in più sto per morire -
Jason abbassó lo sguardo - non è detto -
Annabeth sospiró - dai, Jas, lo sappiamo entrambi che da qui a qualche giorno morirò. Non cercare di fare finta che questo non sia vero -
- ma non è questo il punto, Annabeth! - scoppiò Jason, arrossandosi la base del collo - forse è vero, ma te ti stai arrendendo, invece che cercare di trovare una soluzione! Will forse non ne ha la possibilità ma se chiedessimo ad Apollo o a mio padre, sono certo che... -
Annabeth sospirò e lo guardò con dolcezza, nel modo in cui si guarda un bambino e si prova a spiegargli per la prima volta che cosa sia la morte -la loro personalità è scombussolata, non risponderanno mai. E non ho intenzione di elemosinare l'aiuto degli dei -
Ma Jason non si arrese - e tua madre, invece? Forse lei saprebbe aiutarti -
- mia madre mi odia - disse lei senza mezzi termini -non farebbe mai niente per me nemmeno se fosse Zeus in persona a chiederglielo -
- è così crudele da non salvare la vita di sua figlia? -
- Atena ha tanti figli. Io non sono più speciale di altri-
Jason aveva i suoi dubbi sulla questione ma decise che non voleva rischiare di dirottare l'argomento su qualcos'altro - ci sono molte persone che sono riuscite a guarire dal cancro, Beth -
Annabeth lasciò uscire una risata amara - guarire da un cancro metastatico diffuso a fegato, pelle e cervello al quarto stadio? Non sono così tanto ottimista -
- smettila di dire così - Jason si strinse la felpa grigia sulle spalle - noi sconfiggeremo Gea e quando torneremo tu sarai qui ad aspettarci. Vivrai la tua vita e scommetto che sarà meravigliosa -
Annabeth gli prese una mano - ho già vissuto una vita meravigliosa e non mi pento di nessuna delle mie scelte - fece una smorfia - l'unica cosa che mi rode è il fatto che quella vecchia vacca abbia vinto. Ha vinto Era, Jason: è riuscita a togliermi di mezzo-
- non tutto è colpa degli dei. Magari non c'entrano nulla con la tua malattia - cercó di farla ragionare.
Annabeth puntó lo sguardo oltre la foresta e sorrise
- gli dei regolano tutto, Jason. Per loro noi siamo solo pedine, ci controllano e pianificano ogni nostra mossa. Io dico che ti sbagli quando dici che dietro la mia malattia non ci sono gli dei. Perché gli dei sono ovunque - fece una paura - i semidei come noi non vivono mai abbastanza a lungo perché ci saranno sempre mostri e profezie dietro l'angolo pronte a farti fuori in qualsiasi momento. Pensare che verrò uccisa da una stupida malattia e non nel mezzo di una battaglia, mi fa infuriare -
Questa volta, Jason tacque. Cosa poteva dire? Annabeth aveva ragione. Lei aveva sempre ragione.
I semidei non vivevano mai troppo a lungo da potersi sistemare a dovere.
Perché il fato era crudele e strappava l'anima alle persone migliori.
Annabeth non meritava di morire per il cancro. Lei doveva vivere perché se c'era qualcuno che poteva cambiare il mondo, quella era lei.
- e cosa c'entra Percy in tutto questo?- aveva centrato un tasto dolente.
Annabeth lo guardò di traverso - che vuoi dire? -
- tu non vuoi venire con noi perché credi di morire - sintetizzó perfettamente Jason - ma Percy cosa c'entra in tutto ciò? Perché non vuoi venire al Campo Giove? Perché non glielo vuoi dire? -
- Jason... -
- Sei mesi, Beth - disse - sono sei mesi che stai male perché non c'è. Cos'è che ti frena? Perché cerchi di resistere? -
Annabeth prese un respiro profondo - non voglio farmi vedere così. Non da lui. Morire e sapere sta male per me, sarebbe troppo straziante. Non credo di poterlo sopportare -
- ti mancherà? -
- ovvio che mi mancherà - rispose lei - ma come puoi sentire la mancanza di una persona se non l'hai mai avuta per davvero? -
Era una domanda complessa. Jason si era accorto di amare Piper, solo alla fine. Nel mezzo non c'era stato nulla.
- piacerai a Percy - disse all'improvviso Annabeth, cercando di non ridere.
- oh, dici sul serio? -
Lei annuì - sono sicura che diventerete buoni amici -
Stettero un po' in silenzio, finché Annabeth non parló di nuovo - quando domani partirete, voglio che non pensiate a me -
- non puoi chiedermi questo -
- e invece te lo sto chiedendo -
Jason fece una smorfia - come figlia di Atena? -
- come amica -
Questo lasció Jason, parecchio spiazzato - vuoi dire che ti arrendi così? -
- mi sono già arresa molto tempo fa. Sono stanca di combattere -
E Jason non replicó.
- credo che sia il momento di andare - esordì la ragazza, iniziando ad alzarsi
- ti consiglio di riposare Jason, domani sarà una lunga giornata -
Prima che lei scendesse dal letto, Jason la fermó prendendola per un polso - mi dispiace. Non te l'ho mai detto perché è una cosa orribile da dire a una persona che sta per morire ma lo intendo sul serio. Mi dispiace che non vivrai la vita che ti meriti, mi dispiace che non rivedrai mai più il ragazzo che ami. Mi dispiace di non avertelo detto prima -
Annabeth rimase in silenzio, profondamente colpita dalle sue parole - non è colpa tua - gli disse, facendogli l'occhiolino - è colpa degli dei. E scommetto che l'Elisio non è per niente male -
Jason sorrise - no, non è per niente male - e la aiutó a scendere per la botola che c'era nel soffitto. Quando la vide sgattaiolare furtiva verso la sua cabina, Jason si rese conto che Annabeth Chase non aveva paura della morte.
Aveva vissuto una vita bellissima e, in qualunque modo si sarebbe conclusa la sua storia, sarebbe stata felice.
Un po' la invidiava.
Alla fine, Jason decise di tornare a dormire.
Il giorno seguente sarebbe stato intenso.
Se lo sentiva.

Dall'altra parte dello stato, più precisamente in Kansas, in un piccolo tempio dedicato al dio della morte, Nico di Angelo se ne stava inginocchiato davanti all'altare del padre.
Non gli era mai piaciuto pregare ma in quel caso non si fece scrupoli a tentare. Ade lo avrebbe ascoltato, che fosse stato un dio greco o Plutone, la sua forma romana.
Rimase inginocchiato per quelle che gli parvero ore, poi improvvisamente alzò la testa di scatto verso la statua di marmo scuro su cui era rappresentato suo padre con indosso il suo elmo dell'invisibilità e la sua armatura.
Si sentiva la gola secca ma non fu per questo che aveva alzato lo sguardo.
- lei vivrà - lasciò che quelle parole uscissero dalla sua gola e riempissero le pareti del piccolo tempio -lei vivrà. Eccome se vivrà. La sua ora non è ancora arrivata -

ᗴᖇOI ᗪᗴᒪᒪ'OᒪIᗰᑭO ᵒⁿᵉ ˢʰᵒᵗ Where stories live. Discover now