- La sfida -

239 14 0
                                    

Hazel Levesque si svegliò di soprassalto nel bel mezzo della notte con il cuore che batteva all'impazzata.
Si mise a sedere e scandagliò la stanza immersa nell'oscurità, grondando di sudore. L'unico rumore era quello dello scafo di bronzo che solcava il mare insolitamente calmo, grazie a Percy che quella notte era di guardia sul ponte.
Nella stanza non c'era nessuno, solo le ombre dei mobili proiettate sulle pareti dal chiaro di luna.
Improvvisamente le tornò in mente tutto.
Con il panico che cominciava a crescere, saltò giù dal letto e si inoltrò nel corridoio buio.
Si fermò davanti alla penultima porta sulla destra e, prima di ripensarci, bussò un paio di colpi.
Attese con angoscia mentre dall'altra parte arrivavano passi pesanti e borbottii.
Quando la porta si aprì, Frank la osservò confuso. Si stropicciò gli occhi ancora mezzi chiusi, come a voler essere sicuro di non stare sognando. «Hazel? Va tutto bene?»
La figlia di Plutone si rese conto della situazione. Era in pigiama e a piedi scalzi, probabilmente con i capelli piegati da una parte e gli occhi da pazza e aveva bussato alla camera del suo ragazzo nel bel mezzo della notte.
Che sfrontata, si rimproverò facendo di tutto per far raffreddare le guance.
«Ho fatto un incubo.»
Frank sbattè gli occhi un paio di volte. Guardò dietro di se, dentro la sua stanza, e poi di nuovo Hazel, visibilmente imbarazzato. «Ehm, okay. Vuoi parlarne? So che ne hai passate tante e...»
«Non quel tipo di incubo.» precisò lei, asciugandosi le mani sudaticce sui pantaloni del pigiama. Non aveva sognato dell'Oltretomba, sua madre o Gea anche se, vista la situazione, lo avrebbe preferito. «Dobbiamo svegliare gli altri.» concluse sbrigativa.
Il figlio di Marte adesso era sveglio, come se quella frase gli avesse tirato un bicchiere d'acqua in faccia. «Roba seria?»
«Molto.»
Frank si passò una mano sulla faccia, borbottando a bassa voce. «E io che pensavo che questa notte sarei riuscito a dormire per tre ore di fila.»

«Fammi capire bene. Ti ha parlato una dea?»
Hazel annuì di nuovo mentre si scaldava le mani sulla tazza di tè caldo al gelsomino che non aveva ancora assaggiato.
Annabeth e gli altri attesero che continuasse.
La parte normale del suo cervello considerò l'ironia della situazione, osservando i suoi amici in pigiama, con i capelli ridotti ad un ammasso di grovigli e gli sbadigli che qualcuno — Leo — non cercava nemmeno più di nascondere.
L'altra parte, quella buona, la fece sentire in colpa per aver svegliato tutti loro nel cuore della notte. «Aveva i capelli biondi, gli occhi verdi e una coroncina di spighe di grano sulla testa.»
«Questa è facile. È Demetra, la dea del grano.» intuì Percy, l'unico tra di loro ad essere vestito anche se non completamente sveglio.
Annabeth si voltò sulla sedia, pronta a rimbeccarlo sul fatto del grano, ma Hazel la anticipó. «No, non Demetra.» prese un sorso del tè e fece con comodo per non scottarsi il palato. Quando alzò di nuovo lo sguardo, tutti la stavano guardando. «Era Cerere, la versione romana.»
Jason Grace corrucciò la fronte. «Qualcuno di noi è imparentato con la dea dell'agricoltura?»
Piper appoggiò i gomiti sul tavolo, tappandosi la bocca per nascondere uno sbadiglio. «Cosa ti ha detto, Hazel?»
E allora la figlia di Plutone iniziò a raccontare, con voce sicura, ripetendo quello che le era stato detto.
«Cerere ha qualcosa che vogliamo ed è disposta a darcelo...»
Leo, che si stava appisolando sulla sedia, si svegliò di soprassalto. «È fantastico!»
«...Ma prima dobbiamo dimostrarle di esserne degni.»
Leo si afflosciò. «E ti pareva.» borbottò.
«Cerere ci propone quella che lei chiama "la Sfida", una prova di sopravvivenza per dimostrare il nostro valore.» La ragazza posò la tazza sul tavolo, rabbrividendo nel ricordare quello che le era stato ordinato di riferire.
«In cosa consiste?» domandò Annabeth, fattasi di colpo seria.
«Due coppie vengono fatte entrare in un'arena da lati opposti e devono ritrovarsi prima del sorgere del sole, fronteggiando gli ostacoli che vengono posti sul loro cammino dalla dea.» Hazel aveva la gola secca e nemmeno un tè sembrava esserle d'aiuto.
«Fico.» fece Leo. «Tipo Hunger Games ma senza uccidersi a vicenda!»
Hazel lo guardò stranita. «Eh?»
Frank le posò una mano sul braccio. «Te lo spiego più tardi.» sussurrò.
«Quello che può darci in cambio.» disse Jason, passandosi una mano tra i corti capelli biondi. «Ti ha detto che cos'è?»
Hazel scosse la testa. «No, ma sostiene che è importante per la nostra missione.»
Piper incrociò le braccia. «E noi le crediamo? E se fosse una trappola? Come sappiamo che non è schierata dalla parte di Gea e che questa "sfida" non è un modo per ucciderci tutti?»
La domanda era lecita e Piper non aveva tutti i torti.
«Non abbiamo mai fatto niente per far infuriare Demet... scusate, Cerere.» considerò Percy, saltando per mettersi a sedere sul ripiano alto della cucina. «Non vedo perché dovrebbe volerci morti.»
Leo Valdez schioccò la lingua. «Perché è quello che vorrebbe letteralmente mezzo mondo?»
«Strano ma vero, Leo potrebbe avere ragione...»
«Finitela.» il comando secco ma pacato della figlia di Atena li mise a tacere. «Hazel, la dea ha parlato a te, ci deve essere un motivo. Cosa ne pensi?»
La figlia di Plutone per poco non volò giù dalla sedia. Non capitava spesso che le persone le chiedessero dei pareri e non si era aspettata di meno da Annabeth Chase in persona.
Ma solo il fatto che, invece, le avesse dato quella possibilità la fece arrossire. «Sembrava sincera.» ammise. «So che gli dei sono manipolatori e bugiardi ma sono sicura che Cerere stesse dicendo la verità. Io le credo.»
Annabeth annuì, mostrando appena l'accenno di un sorriso. «Se pensi che possiamo fidarci di lei allora lo faremo.» si rivolse agli altri. «A questo punto sapere che cosa può darci in cambio non ci sarebbe di alcuna utilità. Ma se è davvero così importante come sostiene forse dovremmo prendere in considerazione l'idea di partecipare a questa "sfida".»
Poi si girò sulla sedia, verso Percy che era seduto sul davanzale e fissava vacuamente il pavimento, come se non lo stesse guardando davvero. «Sembri pensieroso. Troppo pensieroso. Cosa ne pensi?» gli chiese, facendosi più scura in volto.
Percy sollevò lo sguardo e inarcò un sopracciglio. «Adesso vuoi il mio parere?»
«Piantala.»
Il ragazzo scese dal ripiano con un balzo. «Ci stavo riflettendo. Penso che dovremmo accettare.»
Visto che nessuno rispose — tutti troppo sconcertati dal fatto che Percy avesse effettivamente pensato prima di parlare — il ragazzo proseguí. «Si tratta di sopravvivere una notte e, con ogni probabilità, combattere un paio di mostri. Abbiamo affrontato di peggio. E se questa Cerere vuole un po' di valore, metteremo su un bello spettacolo stile Hunger Games.» strizzò l'occhio a Valdez.
«Hazel ha detto che nell'arena possono entrare solo due coppie.» fece notare saggiamente Frank. «Dunque, chi si offre volontario?»
In quel momento la porta della cucina si spalancò di botto, minacciando di staccarsi dai cardini.
La figura tozza del Coach Hedge si stagliava sulla porta, la mazza che stonava con il pigiama a righe.
«VOI MOCCIOSI AVETE INDETTO UNA RIUNIONE DI EMERGENZA SENZA DI ME—»

ᗴᖇOI ᗪᗴᒪᒪ'OᒪIᗰᑭO ᵒⁿᵉ ˢʰᵒᵗ Where stories live. Discover now