- Invisible string -

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Were there clues I didn't see?
And isn't it just so pretty to think
All along there was some
Invisible string
Tying you to me?

Quando Annabeth era andata a dormire quella sera, il filo rosso non c'era.
Ma fu la prima cosa che vide quando aprì gli occhi la mattina dopo.
E dieci minuti più tardi era sempre lì raggomitolata nel letto, cercando di capire se fosse un trucco, un sogno o un crudele scherzo del destino.
Sbattè gli occhi due, tre, quattro volte.
Il filo era sempre lì. Non era un sogno.
Girò la mano in entrambi i versi, esponendola alla luce. Sempre lì.
«Malcolm, lo vedi anche tu?» aveva chiesto al fratello quando lui era entrato a recuperare alcune carte di progetti a cui la Cabina 6 stava lavorando.
Gli mostrò la mano sinistra, da cui pendeva un filo rosso sangue.
«Vedere cosa, Annabeth?» aveva chiesto a sua volta Malcolm, guardando attraverso la sua mano.
«Il filo.»
«Che filo?»
La stessa cosa avevano risposto gli altri suoi fratelli, quando aveva posto loro la stessa domanda.
"Vedere cosa? Che filo?" dicevano.
Annabeth non mangiò molto a colazione.
Continuava a fissare l'anellino di nastro rosso fissato all'anulare della sua mano sinistra. All'anello era legato un filo dello stesso colore, che si raccoglieva sul pavimento e che proseguiva verso la porta e poi ancora sul prato, all'esterno, rendendo impossibile capire dove avrebbe portato.
Tutti avevano un filo anche se nessuno sembrava farci caso.
Forse semplicemente non potevano vederli perché sarebbe stato impossibile non notare quel groviglio di fili colorati — l'uno diverso dall'altro, ognuno con una sfumatura diversa e unica — che si incrociavano sul pavimento, sui tavoli, formando un motivo intricato e intrecciato ma che avevano tutti una cosa in comune: di nessuno si vedeva la fine.
Se era pazza non lo sapeva ma di una cosa era certa, non era normale.
Seguì con lo sguardo il filo verde salvia di Katie Gardner che si arrotolava sul pavimento, faceva il giro di tre tavoli per poi congiungersi al dito di Travis Stoll. Stesso colore, stessa sfumatura di verde, come due facce diverse della stessa medaglia.
Pervasa da un profondo senso di nausea, Annabeth marciò fino al tavolo centrale dove sedevano Chirone e il Signor D.
Il dio le rivolse a malapena uno sguardo di sbieco prima di sbuffare. «Annabell, cosa c'è che ti turba già di prima mattina?»
«Annabeth.» gli ricordò cortesemente il centauro, seduto di fronte.
Dioniso scacciò l'aria con la mano. «Fa lo stesso. Che cosa vuoi?»
«Voi lo vedete?» tagliò corto.
Davanti ai loro sguardi vacui, mostrò la mano sinistra, il suo filo rosso che si perdeva nel mare degli altri fili colorati.
«Vedere cosa, figliola?» domandò Chirone, accigliandosi.
Vedere cosa?!
Annabeth era sull'orlo di una crisi nervosa.
«Tutti questi fili che sono... sono...» espirò «Mi sa che sto impazzendo.» decretò, afflitta come davanti al risultato sbagliato di un equazione semplicissima.
Dioniso — come sempre — non si mostrò molto interessato. «La faccenda è molto semplice. Non sei pazza, Anniebeth...»
«Il mio nome è Annabeth...»
«E io cos'ho detto?» liquidò in fretta l'argomento. «Quei fili esistono davvero ma i mortali non dovrebbero essere in grado di vederli. E nemmeno gli immortali. Esistono e basta.» prese un bicchiere d'acqua ma quando se lo portò alla bocca per bere cambiò idea e se lo lanciò alle spalle, scomparendo nel nulla con un puff. «Lo sai com'è fatta Afrodite, le piace divertirsi.»
Annabeth aveva un milione di domande sulla punta della lingua ma invece se ne uscì con un: «Perché voi non ce lo avete?»
Questa volta a rispondere fu Chirone, probabilmente per evitare che Dioniso le facesse fare la stessa fine del bicchiere. «Per gli immortali è diverso. Gli dei, i Titani e tutte le creature divine non hanno un'anima gemella. Ci hanno provato in passato ma dopo pochi millenni si scocciavano e andavano a cercare qualcun altro. È il prezzo della nostra condizione immortale.»
Annabeth abbassò lo sguardo sulla propria mano, sull'anellino rosso e sul filo di cui non riusciva a scorgere la fine.
Quel filo portava alla sua anima gemella? Se quella storia era vera, avrebbe potuto seguire il filo e trovarla?
Qualcuno che mi amerebbe davvero?
Sembrava troppo bello per essere vero.
«Ma se i mortali non possono vedere i fili, perché io posso?»
Il dio del vino emise un verso di frustrazione, gettando la testa all'indietro. «Quante domande, Cheese, quand'è che la smetterai?»
«È Chase, non—»
Dioniso le scoccò un'occhiataccia e lei richiuse la bocca. «Ascolta, è chiaro che Afrodite deve aver commesso un'errore, è lei che si occupa di queste cose. In un momento di distrazione deve aver premuto il pulsante rosso o maledetto la persona sbagliata. Più tardi passo sull'Olimpo e glielo faccio presente, contenta?»
Annabeth avrebbe voluto che risolvesse la questione adesso, ma invece che contestare fece un cenno di assenso con la testa.
«Se tutto va bene, quando ti sveglierai domani il filo sarà scomparso, così come probabilmente tutti i ricordi di oggi...»
Annabeth sbiancò. «Cosa?»
Dioniso si ammutolì, realizzando di aver detto la cosa sbagliata al momento sbagliato. Poi ci fece su una bella risata. «Dimentica quello che ho detto, ragazzina, devo essermi confuso. Vedi, succede anche ai migliori! Adesso però levati dai piedi o giuro che ti trasformo in un grappolo d'uva.»
La figlia di Atena — che non voleva diventare una pianta — salutò Chirone e si dileguò alla svelta, alla ricerca della sua anima gemella.

Il Campo sembrava reduce di una festa di Carnevale finita in tragedia. Il terreno era ricoperto di fili colorati, l'uno ingarbugliato con l'altro, come tante stelle filanti.
Annabeth cercò il suo e lo seguì da lontano.
Passò accanto al cerchio delle capanne, gli occhi incollati al prato. Più volte dovette tornare indietro sui suoi passi e ricominciare da capo dopo aver scambiato il suo rosso scarlatto con uno più tenue o più scuro.
Seduto sui gradini della cabina 10, Will Solace la osservava divertito. «Hai perso qualcosa, Annabeth?»
Lei puntò i palmi delle mani sulle ginocchia per dare un po' di sollievo alla schiena. «Si, la ragione.» borbottò.
Il filo di Will era giallo brillante, formava un cerchio sul prato e poi continuava all'infinito, verso ovest.
Chissà chi c'è dall'altro lato, si domandò.
Poi proseguì passando accanto all'armeria e alle fucine, dove Silena Beauregard e Charles Beckendorf chiacchieravano molto più vicini di quanto avrebbero dovuto.
I due la salutarono da lontano. Erano collegati dallo stesso identico filo rosa.
Annabeth sorrise e ricambiò il saluto.
Superò l'arena da addestramento e tornò indietro verso il lago. Man mano che si allontanava dal centro del Campo i fili colorati erano sempre meno, finché l'unico colore sul prato era il suo.
Annabeth prese il filo in mano, sentendo un'ondata di emozioni travolgerla alla bocca dello stomaco.
L'erba fece spazio al legno, spingendola a fermarsi.
La figlia di Atena alzò lo sguardo e il colore sparì dal suo volto. Il filo rosso si fermava qualche metro più avanti in prossimità di un ragazzo che, girato di spalle, era seduto sul pontile e fissava la distesa d'acqua di fronte a sé come se possedesse tutte le risposte dell'universo.
Annabeth tremava.
Non è possibile.
Al rumore dei suoi passi sul legno, Percy si voltò e subito le sorrise. «Sapientona. Sapevo saresti venuta a cercarmi.»
Annabeth sentì il sangue defluire dal cervello quando puntò lo sguardo sulla mano del ragazzo, la mano sinistra, dove un'anellino rosso scarlatto abbinava il suo.
Non può essere, non può...
Percy si accigliò. «Non hai una bella cera. Stai bene?»
...Oppure si?
«Non lo vedi.» mormorò, anche se già sapeva la risposta.
«Vedere cosa?»
Annabeth osservò Percy, il ragazzo che le stava di fronte a cui il suo cuore era legato, che aveva già scelto lui ancor prima che entrambi lo sapessero.
Percy inclinò la testa. «Adoro quando mi guardi in quel modo.»
«Quale modo?»
«Come se io fossi un'enigma che non vedi l'ora di risolvere.» diede un'ultima occhiata al laghetto e poi la raggiunse all'inizio del pontile.
«Non sei più un'enigma, Testa D'alghe, so già tutto di te.»
Camminarono insieme, spalla contro spalla, ma ben presto Percy lasciò che la ragazza lo superasse di un paio di passi o altrimenti non sarebbe riuscito a nascondere la gioia nel suo sorriso o le lacrime negli occhi nel vedere le loro mani unite da un filo invisibile.



Sì, lo so. È il tipico cliché del "siamo destinati a stare insieme", di solito non sono così superficiale, ma il lato oscuro ha avuto la meglio e la canzone ha dato il colpo di grazia.

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⏰ Last updated: Mar 03 ⏰

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