- Out Of The Woods -

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[A donthaveanick_
So che coglierai i riferimenti.]

"Are we out of the woods, yet?"

Le anime urlavano.
Percy Jackson le sentiva.
I loro lamenti erano le melodie più tristi che avesse mai sentito. Gli entravano dentro, gli scavavano nelle ossa e gli corrodevano lo spirito.
Sarebbe stato facile lasciarsi andare, cadere cadere cadere insieme a loro. Vedere cosa c'era oltre l'abisso di oscurità che si profilava all'orizzonte.
Le anime urlavano.
Quella di Percy Jackson insieme a loro.
I suoi movimenti all'inizio erano veloci, scattanti, un guerriero addestrato a combattere e a falciare i nemici sul campo di battaglia.
Il Principe guerriero, a volte le creature del mare lo chiamavano in questo modo quando lui si immergeva nelle profondità dell'oceano.
Adesso il principe perdeva colpi.
Tutto il suo corpo tremava sotto i colpi delle maledizioni delle arai.
Stava cedendo, tutta quella forza lo stava abbandonando. Ma anche su una sedia a rotelle, Percy avrebbe continuato a combattere fino alla morte.
Arrancava, le arai volavano sopra di lui, si prendevano gioco di lui. Presto non sarebbe stato che carne da macello ma poi pensava alla ragazza al suo fianco, sentiva le sue urla, e allora si rialzava, prendeva altri colpi, cadeva di nuovo.
La spada sempre in mano, Vortice lacerava i demoni ma in cambio Percy veniva dilaniato dal dolore.
Credeva di avere tutto sotto controllo.
Credeva di sapere cosa stava facendo.
Così quando le arai gli piombarono addosso, Percy non le vide arrivare.
Non vide nemmeno la collana di pietra nera stringerglisi intorno al collo.

Ogni volta che faceva questo sogno Percy si svegliava in un mare di sudore, le lacrime agli occhi e il cuore impazzito.
La mano gli andò subito al collo come ogni notte e fece passare le dita su quella striscia di pelle più chiara che non sarebbe mai andata via, segno della pietra fredda che vi aveva premuto sopra.
Nemmeno gridava. Non ci riusciva. La voce gli restava intrappolata nel petto, come in caduta libera.
Tastò con la mano il materasso alla sua destra per trovarlo perfettamente intatto. Non c'era.
Percy avrebbe voluto Annabeth durante quelle notti. Ma si odiava per anche solo pensarlo.
Lei aveva i suoi demoni da tenere al guinzaglio, se poi ci si aggiungevano anche i suoi...
Egoista egoista egoista.
Se non fosse che era notte fonda si sarebbe buttato nell'oceano, l'acqua gelida forse gli avrebbe fatto tornare il senno della ragione.
Percy si riaddormentò ma sprofondò di nuovo negli incubi.

Aveva sentito il mondo farsi silenzioso e le tenebre gli erano strisciate dentro.
La spada tremò nella sua mano e poi cadde per terra con un tonfo secco.
Percy sapeva che era colpa della pietra nera.
Sopra di lui, le arai gracchiarono. «Vediamo se riesci a resistere a questo, figlio di Poseidone!»
Le tenebre cercarono di farsi spazio nella sua mente, circondavano quello che era suo e cercavano di strapparglielo via come avevano fatto con Vortice.
No.
Percy fece calare uno spesso muro tra l'oscurità e quel poco che rimaneva di lui.
Da qualche parte Annabeth gridava il suo nome. Sperò che Bob fosse tornato in se per proteggerla.
Il buio avanzava, spingeva contro il suo scudo.
Arrenditi, gli diceva.
Percy cadde in ginocchio sulla terra rossa.
Chi sei?
Non vuoi saperlo, semidio. Graffiò il suo muro con lunghi artigli di ferro. Arrenditi.
«Arrenditi!» gli facevano eco le arai.
Nel mondo reale, Annabeth gridava ancora ma il Titano era tornato per salvarla.
Percy resistette contro il martellare costante dell'oscurità contro di lui, voleva la sua mente.
Ma lo scudo iniziava a incrinarsi, le sue difese a cedere.
Che cosa sei!
Sono i tuoi peggiori incubi!
Quella cosa primordiale ruppe il suo muro e lo avvolse completamente.
Quando riaprì gli occhi, Percy Jackson non c'era più.

Percy viveva la sua vita come poteva. Dava una mano sulla nave, aiutava con la sua spada combattendo spalla contro spalla con i suoi amici, ma gli sembrava di non essere lì. Era un fantasma quello che si trovava sull'Argo II, quello che rideva alle battute per abitudine. Quella era la pelle di un impostore, non la sua.
E non voleva che altri lo vedessero, voleva che invece pensassero che fosse tutto apposto.
Ma sopravvivere alle notti, quella era la vera sfida. Per questo cercava sempre di farsi mettere di guardia durante i turni notturni. Quando poteva combattere contro i mostri reali e non quelli fatti del lucido manto dell'oscurità, perché quelli gli strisciavano dentro e gli mettevano le catene ai polsi.
Durante alcuni notti, però, qualcuno si intrufolava furtivamente nella sua stanza e scivolava nel suo letto, silenziosa come un gatto. L'unico colore quello dei suoi capelli d'oro, una mantellina sulle sue spalle.
Ma poi Annabeth si girava su un fianco dandogli la schiena e restava così per il resto della notte. Non aveva mai provato ad avvicinarsi, ad abbracciarlo, forse le bastava il suo calore, sapere di non essere sola.
Al mattino però il letto era freddo e vuoto e lei se n'era andata.
Quelle notti erano le peggiori perché gli sembrava che lei gli scivolasse tra le dita, una sensazione che stava piantando radici dentro di lui.

ᗴᖇOI ᗪᗴᒪᒪ'OᒪIᗰᑭO ᵒⁿᵉ ˢʰᵒᵗ Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora