#15 Audrey

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Mangio i cereali svogliata, fissando il vuoto. Sono ancora addormentata e ascolto la musica con le cuffie per cercare di svegliarmi. Mia madre è uscita poco fa, carica di manifesti per la protesta contro l'uccisione delle balene. Era talmente invasata che mi ha svegliata provando gli slogan mentre si truccava davanti allo specchio del bagno. Ho giurato a me stessa che prima o poi le pagherò una terapia con uno specialista molto bravo: un luminare è il minimo per una come lei. A volte è quasi divertente, quando non mi sveglia all'alba e soprattutto quando non sono costretta a farmi vedere in città insieme a lei. Una volta ho dovuto fingere di fare volontariato per l'ospedale psichiatrico della zona, quando si è messa a discutere pesantemente con due vecchiette che parlavano male del Gay Pride e stava per essere presa a bastonate per le sue idee troppo progressiste. Prima vivevamo in un piccolo paese e le idee conservatrici della gente stimolavano il suo lato ribelle e reazionario. Per fortuna abbiamo cambiato aria, penso distratta, rendendomi subito conto che non sarà di certo una nuova città a cambiare mia madre. A volte mi imbarazzano i suoi modi, ma in realtà sono fiera che ci abbia insegnato a combattere per i nostri ideali e che ci abbia trasmesso dei valori in cui credere.

Jamie ancora non è sceso, così vado a vedere se è pronto. Abbiamo ancora un po' di tempo prima di partire, dato che oggi andremo con l'auto che ci ha regalato nostro padre, ma se sta ancora dormendo c'è bisogno di intervenire con i mezzi pesanti. La porta della sua stanza è chiusa, quindi busso. 

"Jamie, sappi che sto per entrare!" lo avviso, prima di aprirla ed entrare nella penombra. Mi avvio verso la finestra per far entrare un po' di luce. "Sveglia dormiglione!" dico allegra. Poi mi giro e lo vedo, constatando che non sta affatto dormendo. Seduto sul letto si cinge le ginocchia al petto con le braccia e ha un'espressione tremenda sul viso. "Ehi, che succede?" gli chiedo fermandomi ai piedi del suo letto. "Lasciami stare Audrey. Ti prego." Protesta con un filo di voce. "Ma cosa...?" non finisco la frase perché non mi importa, voglio prima vedere sparire quell'espressione dal suo viso. Mi siedo al suo fianco e lo abbraccio. "Sappi che chiunque ti abbia fatto questo" dico indicando il suo viso triste con l'indice "sarà presto appeso per le palle!" sentenzio. Le mie parole lo fanno sorridere. "Cazzo, Audrey, sei sempre più uguale a nostra madre." Mi fingo offesa. "Jamie Logan, non osare mai più dire una cosa simile! Lo sanno tutti che sono figlia degli alieni!" Ora ride. "Inizio a crederci..." dice ridacchiando, poi torna serio, e io con lui. "Vuoi parlarne?" Si mette a gambe incrociate e io faccio lo stesso, di fronte a lui. "Trevor mi ha mollato. Con un SMS, capisci?" mi confida, lasciando trasparire il dispiacere. "Non è possibile... Come farà a girare tranquillo sapendo che appena lo incontro lo metterò sotto con la nostra auto nuova?" cerco di sdrammatizzare, ma so che se le cose stanno così Jamie sta davvero soffrendo. "Hai provato a parlarne al telefono?" Abbassa lo sguardo. "Non mi risponde. Ho provato tutta la notte." Appoggio una mano sul suo ginocchio. "Dovrà parlarti prima o poi, non può mollarti senza nemmeno una spiegazione..." rimango molto stupita dal comportamento di Trevor, sembrava così coinvolto prima della partenza. "Già." Aggiunge amareggiato Jamie. Gli prendo le mani e provo a rassicurarlo. "Forse è solo spaventato per la distanza, dovrete chiarirvi, non si può lasciare una persona senza spiegazioni." Ribadisco incrociando le braccia con aria corrucciata. Poi alzo l'indice con fare minaccioso, stringendo gli occhi in una fessura. "Se non accetta di affrontarti per un chiarimento sappi che sono pronta a tutto. Nessuno può lasciare Jamie Logan per SMS e passarla liscia!"

Scusa ma ti chiamo BarbieWhere stories live. Discover now