#38 Thomas

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Audrey mi trascina in direzione dell'auto, mentre saluto con un cenno della mano Jamie e Trevor, che sembrano guardarmi impietositi. E lo credo, sono appena andato ad una specie di appuntamento con una pazza furiosa, che ora per non discutere con il fratello mi sta trascinando per strada nonostante io abbia appena preso un sacco di botte da un armadio a due ante ubriaco. 

"Basta! Fermati!" le dico scocciato, allontanandola. Lei si ferma e mi guarda con l'aria da cane bastonato. Dio, non avrà gli occhi lucidi per davvero? Chiudo gli occhi per qualche secondo, mandando giù a forza le imprecazioni che salgono spontanee. "Ehi, biondina, non volevo essere rude, ma ti stai comportando in modo... Strano." Pronuncio quest'ultima parola dopo averci pensato attentamente e sperando che non la ritenga offensiva. Lei sembra ibernata nel mezzo della strada. "Audrey..." la chiamo, cercando di riportarla alla realtà. "Io... Io..." balbetta, senza però formulare una frase di senso compiuto. Mi accorgo che il mento le trema e sta per mettersi a piangere. "No." Le dico secco. "No. No. No. Non metterti a piangere, ti prego." La sto implorando, la mia dignità ormai gettata alle ortiche. Una lacrima impietosa le scende su ogni guancia. 

Ok, allora piangi, penso seccato, mentre mi sento in colpa e nemmeno io capisco perché dovrei. "Ora siamo al sicuro, perché piangi?" le chiedo avvicinandomi e asciugandole le guance in modo affettuoso. Non sono il tipo che fa piangere le ragazze, o forse sì. Ok, lo sono, solo un po'. Ma vedere piangere lei mi sta mandando al manicomio. Lei tira su col naso e mi guarda negli occhi. Penso che potrebbe rubarmi l'anima solo fissandomi in quel modo e per un attimo mi chiedo se non stia facendo una qualche stregoneria. "Mi dispiace che quel tizio ti abbia picchiato... Mi sento così... Così in colpa!" Scoppia a piangere ancora più forte e io mi guardo intorno circospetto, sperando che non ci sia nessuno che possa aggredirmi pensando che sia un molestatore. 

"Barbie" le dico ricambiando il suo sguardo. "Guardami, sto benone! Quel tizio mi ha fatto il solletico!" affermo spavaldo, mettendomi in posa da culturista e pentendomene subito dopo, quando una fitta mi prende lo stomaco e la smorfia che faccio per il male mi ricorda i vari colpi presi in faccia. La guardo basito quando improvvisamente smette di piangere e sorride tutta contenta. "Oh! Bene, meglio così, allora!" esclama, dandomi un pugno "amichevole" sulla spalla. Questa ragazza è tutta matta e io dovrei scappare molto, molto lontano da lei.

Tipo, subito.

Gemo per il dolore alla spalla, che era già sofferente dopo l'impatto con il marciapiede che aveva dovuto subire poco prima. "Ops. Scusa." Sussurra lei, abbozzando un sorriso da psicopatica. "Sì, beh, forse dovremmo tornare a casa, non credi?" le dico, indeciso se sentirmi spaventato o seccato. Credo che opterò per entrambe le sensazioni. Audrey annuisce facendo un'espressione dispiaciuta. Mi va bene, purché non si metta di nuovo a piangere. Rimaniamo silenziosi nel tragitto verso casa sua, io sono perso nei miei pensieri, lei sembra nuovamente contrita e ha l'aspetto di un cucciolo abbandonato. Spero solo che non faccia impazzire anche me. Mi sembravo sano, prima di conoscerla, ma ora inizio ad avere dei dubbi. Perché mi dispiace così tanto vedere quell'espressione corrucciata sul suo viso? 

Parcheggio e sto già pensando a salutarla, quando lei si avvicina a me nell'abitacolo. Le nostre labbra sono talmente vicine che posso sentire l'aroma fruttato e il profumo leggermente alcolico del drink che ha consumato prima della rissa. Deglutisco e la guardo negli occhi. "Cosa..." Lei sorride come se avesse vinto qualcosa e io mi interrompo, guardandola con aria interrogativa. Mi mostra le chiavi dell'auto, che ha staccato dal quadro di accensione, mentre mi distraeva con quella bocca perfetta e tentatrice. Ringhio frustrato. "E questo cosa dovrebbe significare?" le chiedo cercando di non perdere le staffe. "Significa che non andrai a casa finché non ti avrò medicato a dovere. Hai una faccia che sembra un film horror." Mi informa sinteticamente. "Ah. E un invito normale era troppo, immagino, dovevi per forza sequestrarmi l'auto?" le chiedo contrariato, mentre mi tuffo verso di lei per sottrarle la chiave dell'auto. "Non ci provare..." mi avvisa, allontanando da me la chiave e aprendo la portiera, per poi scendere con movenze feline dall'auto. "Devo aspettare ancora molto?" chiede dal vialetto, mentre io, preda della mia frustrazione, la raggiungoborbottando, totalmente impotente.

Scusa ma ti chiamo BarbieDove le storie prendono vita. Scoprilo ora