#68 Thomas

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Il trillo fastidioso della sveglia disturba gli unici minuti di sonno che sono riuscito a conquistarmi dopo la nottata tormentata che ho passato pensando alternativamente a Barbie, Audrey e Biondina, autocommiserandomi per la mia scarsa fantasia. Lancio il telefono a terra, che imperterrito continua a suonare con sempre maggiore intensità.

"Maledetto!" ringhio, trascinandomi giù dal letto e cercandolo tra le lenzuola che sono cadute a terra, aggrovigliandosi come un paio di auricolari buttati nello zaino. Rinvengo il malefico dispositivo e lo fisso con aria di sfida, per poi spegnere la sveglia con estrema soddisfazione. Dopo numerosi sbadigli mi trascino in bagno per farmi una doccia, sperando che mi svegli almeno in parte, anche se il getto d'acqua calda mi fa indugiare nel box doccia per un tempo abbastanza lungo. Avvolto nell'asciugamano, cerco dei vestiti nel disordine della mia stanza, indossandoli rapidamente. Mi schiarisco la gola, sentendo un leggero fastidio, che però non sembra voler passare, così scendo al piano inferiore, con lo zaino in spalla, per fare colazione. 

Passando dal salotto vedo Bart, seduto in poltrona e avvolto nella sua vestaglia, notando che sul tavolino al suo fianco c'è una spremuta d'arancia ancora intatta.

"Buongiorno Bart. Come va oggi?" chiedo con circospezione mentre mi avvicino, mantenendo una distanza ragionevole. Lui mi sorride stanco, ancora non è in gran forma.
"Alla grande." Mente, fissandomi compiaciuto. "Stai andando all'università?" chiede interessandosi a me.

"Sì. Sono un po' in ritardo, ma niente che non possa gestire. Ci vediamo più tardi!" lo saluto, uscendo dalla stanza, senza aspettare che mi saluti a sua volta. Ultimamente le cose vanno meglio, ma ho ancora questa diffidenza nei suoi confronti, come sempre faccio un'enorme fatica ad aprirmi con lui, ma almeno sembra aver smesso di chiamarmi figliolo, chissà, magari presto le cose andranno meglio. Allyson mi saluta allegra, quando mi vede varcare la soglia della cucina.

"Caffè o spremuta d'arancia? Hai dormito bene?" mi chiede mentre appoggia un vassoio pieno di biscotti sull'isola.

"Caffè, grazie. Torno subito." Le dico, appoggiando lo zaino a terra e uscendo rapido dalla cucina. Apro la porta d'ingresso e percorro il vialetto, per poi inchinarmi e afferrare il quotidiano da terra. Mi sento strano in merito, ma non posso sopportare di vedere Bart senza il suo stupido giornale, così ho preso l'abitudine di portarglielo io, quando non lo ha già fatto Allyson. 

Mi riaffaccio al salotto, interrompendo Bart che beve la spremuta con la mano un po' tremolante.

"Ti ho portato il giornale..." dico, appoggiandolo sul tavolino.

"Grazie, figliolo." Ok, ha quasi smesso di chiamarmi così. Ma almeno non lo trovo più stucchevole come prima.

"Prego." Esco veloce, guardando l'orologio. Avrò tempo solo per trangugiare il caffè. Mi fiondo al tavolo e afferro la tazza, bevendo il liquido scuro in due sorsi enormi, cercando di non strozzarmi.

"Sei di fretta?" domanda Allyson paziente.

"Effettivamente, sì. Ci vediamo più tardi!" saluto, afferrando due biscotti e mettendone subito uno in bocca, uscendo di casa alla velocità della luce. 

Quando parcheggio l'automobile mi rendo conto di aver recuperato il mio ritardo, compiacendomi della mia efficienza. Mi allungo per prendere lo zaino, ed è a quel punto che mi accorgo del telefono che giace sul tappetino della mia auto: deve averlo dimenticato Audrey ieri sera. Lo prendo tra le mani, sorridendo nel vedere la cover su cui è disegnato un unicorno alquanto alternativo. Invece di essere ritratto saltellante tra nubi e arcobaleni è appeso ad una corda e al posto degli occhi ha due 'x', la lingua che esce penzolante dalla bocca. Un altro segnale della pazzia di Audrey. Il suono metallico di una notifica mi distoglie dalla macabra immagine del povero unicorno. Non voglio di certo farmi gli affari di Audrey, non violerò la sua privacy. Fisso sgomento l'anteprima del messaggio, comparsa sullo schermo. 

"Ci vediamo stasera, ore 21! Non vedo l'ora..." Non riesco a leggere il seguito, ma noto il nome del contatto, scritto a lettere maiuscole: AMMOREH. Bene, e chi sarebbe questo? Dovrò ucciderlo, è evidente. Okay, devo stare calmo, probabilmente è la sua migliore amica, le donne sono sempre espansive tra di loro. Certo, per forza sarà la sua migliore amica. Il mio ultimo pensiero mi suona tanto di patetico tentativo di autoconvincimento. Dalla miniatura della fotografia del contatto non si vede molto bene, sembra la foto di un ragazzo, ma potrebbe anche essere una ragazza, non ho la vista di un supereroe e non voglio aprire il messaggio rischiando di venire scoperto. Mi comporterò da bravo e non farò il paranoico, anche se ho in mente un migliaio di scenari in cui Audrey bacia un ragazzo questa sera, tra l'altro non so dove, perché non si vede tutto il testo del messaggio. Potrei anche pedinarla, ma non sembra una mossa carina. Tra l'altro ieri sera non le ho certo passato il concetto che fosse in qualche modo mia. Anzi, dato che sono un totale idiota, le ho praticamente fatto capire che non voglio impegnarmi e quindi lei – in via del tutto teorica – è libera di uscire con chi le pare, anche se questo è ancora tutto da vedere. 

Mando giù l'amara verità e mi dirigo a passo spedito verso l'edificio principale, dove raggiungerò Audrey, le darò il suo telefono e me ne starò buono ad aspettare che mi venga in mente un piano geniale che non comprometta la mia integrità morale, né la mia sanità mentale. Difficile, ma non impossibile, rimugino, mentre attraverso il corridoio a lunghi passi, con lo zaino che sbatte sul mio fianco destro con cadenza regolare.

Scusa ma ti chiamo BarbieWo Geschichten leben. Entdecke jetzt