#32 Thomas

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Mi faccio da parte per consolare i miei combattenti. "Siete stati bravissimi! È stata solo sfortuna ragazzi..." gli dico, sedendomi sull'erba sfinito. Un bimbo si avvicina e mi dà una pacca sulla spalla. "Non preoccuparti Thomas, a volte si può anche perdere... Ci siamo divertiti lo stesso." Dice comprensivo, schiudendo le labbra in un sorriso sincero. Annuisco, colpito dalla maturità di quelle parole. "Ben detto, Jason. L'importante è mettercela tutta." Ammetto infine, battendo un cinque a tutti. Mi soffermo a guardarli: nonostante le parole di consolazione li vedo seri e ho paura che non siano convinti. "Che c'è ragazzi? Come mai così seri? Ora ci sono un mucchio di dolci ad attenderci!" cerco di rallegrarli. "Non è questo..." ammettono senza svelarsi più di tanto. "E allora che c'è?" chiedo curioso. Una delle ragazzine più grandi prende la parola, anche se un po' titubante. "Vedi, Thomas...Noi pensiamo che dovresti... Chiedere scusa ad Audrey. Avevi detto niente calci, niente morsi, niente spinte..." Spiega calma, mentre gli altri intorno annuiscono. Rimango sconcertato di fronte a quella richiesta. "Bambini, no. Non chiederò scusa al nemico. Non lo farò, punto e basta." Sentenzio orgoglioso.

Dopo qualche minuto mi avvicino contrito ad Audrey, seguito da una schiera di bambini assetati di giustizia. Guardarla negli occhi è impossibile, sento che vorrei sprofondare dalla vergogna. Mi schiarisco la voce sperando di riuscire ad emettere almeno qualche suono.

"Ehm. Audrey... Ecco, vedi... I bambini..." comincio, mettendo enfasi su quest'ultima parola "...vorrebbero che ti chiedessi scusa per come... Per come... Beh, sì, insomma, per come mi sono comportato." Concludo, lo sguardo puntato a terra. "Devo ammettere che questi adorabili bambini hanno più buon senso di te!" puntualizza lei, allegra. "Già." Concedo, anche se un po' contrariato. "E quindi?" chiede lei, con l'intenzione di umiliarmi nel modo più intenso possibile. La guardo incredulo. Trattengo un ringhio e sorrido nel modo più finto possibile. "E quindi..." dico tra i denti "Scusa, Audrey." Il mio orgoglio si è appena sgretolato. Eppure mi sento incredibilmente più leggero, anche se ero decisamente contrariato all'idea di cedere dichiarandomi colpevole. Lei ora mi guarda sorridendomi. "Anche io ti devo delle scuse... Forse l'acqua nei palloncini era troppo fredda." Dice con leggerezza. La scruto basito. "Stai scherzando?" le chiedo stringendo i pugni sui fianchi. "Sì!" Ammette lei con un sorriso enorme. "Credo che dovremmo sotterrare l'ascia di guerra, comandante McCarthy!"

I bambini intorno saltellano e lanciano gridolini di incoraggiamento. "E va bene." Stabilisco infine. "Che ne dici se domani sera sotterriamo l'ascia davanti ad un drink?" le propongo, cercando di essere brillante. "Certo!" accetta lei contenta, prima di aggiungere: "Se paghi tu."

Ovviamente non mi lascia il tempo di risponderle e si allontana a grandi passi verso il tavolo del rinfresco, mentre io sono costretto a mandar giù il boccone amaro. "Ora siete soddisfatti?" chiedo ai bambini, incrociando le braccia al petto, risentito. Loro annuiscono muovendo le loro testoline quasi in sincrono. "E va bene, mostriciattoli! Ora andiamo a mangiare un po' di dolci!" dico facendo finta di agguantarli per fargli il solletico, facendoli correre via.

Scusa ma ti chiamo BarbieWhere stories live. Discover now