#26 Thomas

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Dio, che mal di testa. Apro gli occhi a fatica e ci metto un sacco di tempo a rimettere tutti i ricordi al loro posto. Bicchieri di birra, risate e musica si confondono nei miei pensieri. 

Poi mi volto e vedo Audrey. Sta dormendo appoggiata al muro, il respiro calmo e profondo. Improvvisamente mi vengono in mente parti sconnesse di conversazione. Mi passo una mano tra i capelli e sospiro seccato, poi mi guardo intorno cercando di capire come sono finito in questa situazione. Il cielo stellato ha lasciato spazio alle prime luci dell'alba e il silenzio avvolge tutto quanto, riesco a sentire il cinguettare dei passerotti sulle fronde degli alberi. 

Se non fossi lo stronzo che sono, resterei qui a godermi questo momento. Magari sfiorerei il viso della ragazza che dorme serena al mio fianco, la accompagnerei dolcemente in questa nuova giornata e farei qualcosa di carino per farla sorridere. Ma sono confuso e non ho idea di cosa posso averle detto questa notte. Se quello che mi ricordo è corretto probabilmente mi sono fatto compatire un sacco. Vorrei sprofondare nel terreno in questo preciso istante. 

Mi alzo a fatica, i muscoli intorpiditi e la testa ancora pesante per l'alcol. Prendo il cellulare e controllo. C'è una chiamata di Allyson e un messaggio di Kimberly che mi informa di aver riportato lei a casa Jace mi chiede che fine ho fatto. Rispondo al messaggio rassicurando la mia amica e inventando di aver trascorso una notte di sfrenata passione con una ragazza conosciuta alla festa. Penso a cosa devo fare, cercando una soluzione rapida. Di sicuro non posso lasciare Audrey qui in giardino da sola, devo almeno svegliarla e dirle che me ne vado. Sospiro e mi faccio coraggio. 

"Ehi. Sveglia, Logan. Me ne devo andare." Lei si sistema più comodamente, bofonchiando qualcosa di incomprensibile. Quasi mi dispiace svegliarla, nel sonno è così serena e delicata. Ma poi le paranoie e il pensiero di Allyson che mi aspetta preoccupata hanno il sopravvento. "Audrey, svegliati!" la chiamo, impaziente. Ora mi ha sentito, finalmente. Apre gli occhi quasi spaventata, poi, rendendosi conto di dove si trova mi fissa, ancora assonnata. "Devo andarmene." Le comunico bruscamente. "E anche tu." Aggiungo senza cambiare atteggiamento. "Buongiorno anche a te." Risponde secca, stiracchiandosi lentamente e sbadigliando. "Sì, dai, non ho tempo per i convenevoli. È già domani, cioè oggi. È tardi." Giuro che vorrei scomparire proprio in questo istante. "Ok. Ciao." Mi risponde, evidentemente offesa. "Senti, non voglio sembrarti uno stronzo, ma devo proprio andare ora." Lei alza con tutta calma, spolverandosi i jeans e raccogliendo il giacchetto sgualcito. "Ho capito, non c'è bisogno che ripeti tutto mille volte. Vattene, se hai così fretta." Non dovevo svegliarla. Non dovevo e basta, accidenti a me.

 "Gli altri sono andati via. Dove hai la macchina?" le chiedo, cercando di essere d'aiuto. "Non ho la macchina, l'ha presa Jamie. Doveva darmi un passaggio qualcuno... Ma va bene, non c'è problema. Tornerò con l'autobus." Ora sembra essersi svegliata, nella fretta di trovare una soluzione. Diamine, non posso farla tornare in autobus, sono le cinque di mattina ed è colpa mia se si trova bloccata qui. "Dai, ti accompagno io." Si riavvia i capelli con una mano e mi guarda negli occhi con aria di sfida. "No, tranquillo, non ce n'è bisogno. E poi hai fretta." Perché ora deve fare la difficile? Conto fino a tre prima di proseguire la conversazione. 

"Va bene, ma posso accompagnarti. E voglio. Quindi non fare la difficile, andiamo." Sentenzio, incamminandomi. "E così sarei io la difficile?" mi segue a distanza, rimproverandomi. "Sì, saresti tu. Ora andiamo." Ribatto, pentendomene subito dopo. "Benissimo. Mi arrangio, non ho bisogno di te." Che caratterino! "Bene!" Lei si ferma e mi squadra con aria truce. "Bene!" E così dicendo si dirige alla fermata dell'autobus. Deciso a non dargliela vinta proseguo e raggiungo la mia auto. Una volta acceso il motore la vedo in lontananza sedersi sul bordo del marciapiedi e mi sento un vero stronzo. Non posso lasciarla lì, non sarebbe giusto. Accosto accanto alla fermata e tiro giù il finestrino. Lei mi scruta con lo sguardo ancora arrabbiato e giuro che nonostante tutto la trovo quasi adorabile. Sfodero uno dei miei migliori sorrisi. 

"Allora, entri da sola o devo scendere e prenderti in braccio?"

Scusa ma ti chiamo BarbieWhere stories live. Discover now