#80 Thomas

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Sono seduto su questa panchina gelida e scomoda da almeno quaranta minuti e mi sto congelando. Prendo il telefono e controllo, ma non ci sono messaggi: niente di niente. Sbuffo e una nuvoletta bianca esce dalle mie labbra per poi disperdersi. Guardo i passanti camminare svelti davanti a me aspettandomi che assumano sembianze esquimesi da un momento all'altro, ma ovviamente non succede nulla. Mi alzo e cammino lungo il vialetto per far circolare il sangue, almeno non morirò ibernato in questo parco, non proprio oggi. Controllo l'orologio con un rapido sguardo, concludendo che quarantacinque minuti sono il mio limite massimo di sopportazione. Prendo il telefono, scorro la rubrica e premo il tasto di chiamata. Uno squillo, due, un terzo e inizio a sentire una suoneria che giurerei di conoscere. Mi volto di scatto in direzione del suono e vedo Audrey correre trafelata verso di me, i capelli scompigliati e una sciarpa di lana che le penzola da un lato senza dignità. 

"Sei venuta a piedi, per caso?" domando sarcastico.

"Non dire niente. Ero per strada e ho incontrato ogni intoppo possibile..." Si giustifica. Certo, come no.

"Esiste il telefono, sai? Potevi avvisare. Sono congelato come un cubetto di ghiaccio!" protesto, più noioso che mai.

"Interessante tentativo McCarthy." Mi rivela, sollevando le sopracciglia con aria sexy. Si avvicina e mi sfiora la gola con le labbra umide, facendomi infiammare. "Sembra proprio che tu abbia preso tanto freddo, ma non è nulla che non si possa risolvere..." sussurra al mio orecchio, continuando a baciarmi sul collo, con una lentezza estenuante. 

Riesce sempre a spiazzarmi. Con che coraggio potrei rimproverarla ancora per il ritardo? Quando riesco a trovare la forza interiore lascio che si allontani da quell'interessante occupazione. Ci incamminiamo lungo il vialetto, addentrandoci nel parco. Parlando del più e del meno raggiungiamo uno spiazzo circondato dal verde, al cui centro si erge un romantico gazebo bianco, chiuso da ampie vetrate. La prendo per mano e la conduco all'interno, aprendo la porta e richiudendola appena entrati. Lei si guarda intorno incantata. 

"E' bello qui." Mi abbraccia sorridendomi e io, da bravo cubetto di ghiaccio, mi sciolgo definitivamente. Può un sorriso fare quell'effetto? Audrey è una sorpresa continua, riesce a smuovere qualcosa dentro di me, facendomi provare infinite sfumature per ogni emozione. Quando mi sorride in questo modo divento un vero tenerone, e lo sanno tutti che non lo sono mai stato. Eppure vederla così spensierata e con quella luce negli occhi mi fa venire una voglia incontrollabile di cospargere ogni cosa di miele. Cerco comunque di tenermi a freno, prima di sentirmi un clone di Winnie Pooh: ho una reputazione da mantenere!

"Per questo siamo qui..." le dico, imbarazzato. E adesso sarò in grado di usare le parole giuste? Devo, per forza. Lei mi osserva incuriosita.

"Siamo qui perché è bello?" chiede scettica. Deve proprio pungolarmi ogni volta, altrimenti non è contenta.

"Non solo per questo, in effetti." Le concedo, spettinandomi i capelli per l'ansia.

"Ah. E per quale motivo allora?" continua lei, senza darmi tregua. La odio. Ma la adoro anche. Le prendo le mani tra le mie, perdendomi nuovamente nei suoi grandi occhi chiari.

"Non è facile per me, lo sai..." inizio, titubante. Lei sembra non volerne sapere di farmi concludere un cavolo di discorso.

"Non è facile? In che senso?" domanda esasperandomi, forse anche lei è nervosa e straparla. "Ora basta! Fammi... Fammi finire, ti prego." Inizio a non sapere da dove cominciare, nonostante abbia fatto mille prove, prima di decidermi a fare questo passo. Lei sembra aver compreso e rimane in silenzio, fissandomi, curiosa come una bambina. Prendo un bel respiro e la trascino verso una delle panchine. "Quello che voglio dirti è che tu mi piaci, biondina. A volte sei matta come un cavallo, è vero... Ma mi piaci tanto. E lo so che più volte ti ho dato modo di pensare che fossi un cretino fatto e finito, insomma, non sono il classico ragazzo in grado di esprimere quello che prova in modo normale. Ma il pensiero che tu possa stare con qualcuno che non sono io... Beh, mi fa male." Mi rendo conto di aver parlato senza mai respirare, così prima di diventare cianotico prendo nuovamente il respiro e provo a continuare, guardandola negli occhi. "Per questo voglio chiederti se ti va di stare con me..." Quando finisco sospiro rumorosamente, finalmente l'ho detto. Pensavo che non sarebbe mai successo, che non sarei mai stato così debole da pronunciare queste parole. Ma in questo momento, non mi sento affatto debole. Mi sento più che altro elettrizzato, spaventato, curioso. Lei lascia le mie mani e si toglie la sciarpa, come se improvvisamente avesse dimenticato che qui si gela.

"Intendi dire se voglio essere la tua fidanzata?" chiede scettica. Dio, è così irritante a volte. Reprimo la voglia bruciante di dirle che intendevo solamente proporle di essere amici di letto.

"Sì, Barbie, intendo dire quello." Lei sembra ancora più stupita.

"Fidanzata, nel senso di fidanzata? Rapporto esclusivo? Appuntamenti romantici e tutto il resto?" Sul serio, mi manda fuori dai gangheri.

"Sì!" sbotto. "Voglio che tu sia mia, voglio baciarti, uscire con te, festeggiare le ricorrenze e tutto il resto..." Soprattutto tutto il resto, penso malizioso. Mi avvicino a lei e spero che non interrompa il momento con altre domande inopportune. Voglio baciarla ed è quello che farò. In un momento le mie labbra sfiorano le sue e improvvisamente ci allontaniamo con uno scatto. "Ahi!" esclama, massaggiandosi le labbra, mentre io faccio lo stesso.

"Un bacio a dir poco esplosivo!" commento ridacchiando.

"Mi hai dato la scossa!" Mi accusa, massaggiandosi ancora le labbra.

"Nah. Sei stata tu!" ribatto, ancora divertito. Le prendo le mani, chinandomi nuovamente sul suo viso, fino a sfiorare le sue labbra. Lei si ritrae per paura di prendere nuovamente la scossa. "Vieni qui, biondina." La invito, passandole una mano dietro la schiena e spingendola verso di me. Le mie labbra incontrano le sue e la bacio con passione, mentre lei ricambia con trasporto. Poi mi stacco, rendendomi improvvisamente conto che non mi ha ancora risposto. 

"Allora? Cosa ne dici? Vuoi essere o no la mia fidanzata?" le chiedo, sperando in una risposta affermativa. Lei si prende il mento con la mano destra, pensierosa, poi mi rivolge uno sguardo enigmatico.

"E tu? Vuoi essere il mio fidanzato?" mi chiede prendendomi alla sprovvista. Lei e le sue manie di protagonismo. Non potrebbe dirmi un semplicissimo sì?

"Io, beh, insomma. È ovvio no?" lei mi fissa come se intendesse dirmi che non è affatto ovvio. Lo fa apposta! Reprimo un ringhio e cedo. "E va bene. Sì, voglio essere il tuo fidanzato." Ammetto, sperando che ora si degni di rispondere. Lei sorride soddisfatta.

"Bene. Affare fatto allora, sarò la tua fidanzata." Sentenzia seria, per poi scoppiare a ridere. 

Iniziavo a sentirmi innervosito dalla sua mania di avere il controllo della situazione, ma vederla così felice cancella tutte le sensazioni negative con un colpo di spugna. Non pensavo di essere in grado di legarmi, ma questa biondina tutto pepe è riuscita a stravolgere la mia vita e le mie convinzioni. Posso scommettere che sarà un'avventura stare insieme a lei, ma ho la netta sensazione che ne varrà davvero la pena.

Scusa ma ti chiamo BarbieWhere stories live. Discover now