Capitolo 15

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Clarissa

L'estate è quasi finita. Non ho più sentito Kate da quando è partita. Lei non mi ha cercata ed io nemmeno. La nostra amicizia è finita. L'ultimo legame con la mia vecchia vita è stato spezzato.

I giorni seguenti alla sua partenza sono stati strani: i miei genitori mi sono stati più appiccicati del solito e si sono inventati un sacco di fantomatici impegni di famiglia per impedirmi di passare troppo tempo con Ethan. Quando non mi stanno intorno li trovo sempre a bisbigliare animatamente tra loro per interrompersi appena mi vedono entrare in una stanza.

Con Ethan le cose vanno bene anche se c'è sempre questa strana cappa opprimente che ci avvolge, inquinando la nostra serenità e preannunciando l'arrivo di una bufera.

Non ne parliamo mai, ma so che lo percepisce anche lui. Lo vedo da come mi guarda quando pensa di non essere visto. Mi osserva con preoccupazione, come se potessi svanire come fumo davanti ai suoi occhi da un momento all'altro. Lo so, perché è lo stesso modo in cui lo guardo io.

Scuoto la testa cercando di scacciare questi pensieri cupi e decido di andare a fare una corsa al parco per schiarirmi le idee.

_____

Nonostante stia per sputare fuori un polmone, neanche la corsa è riuscita a calmarmi, sono ancora tesa come una corda di violino. Mi fermo e mi piego in avanti, cercando di riprendere fiato. Mi passo il polsino sulla fronte asciugandomi il sudore e decido di tornare a casa.

Percorro il sentiero di ghiaia con il cuore sempre più pesante, calciando qualche sassolino di tanto in tanto, proseguendo a testa bassa. All'improvviso sento qualcuno chiamarmi. «Ehi, Clary!».

Alzo subito il capo e vedo Jack avanzare verso di me. Mi fermo e aspetto che sia lui a raggiungermi.

«Ehi, Jack...» lo saluto io un po' a disagio visti i nostri ultimi incontri. Jack arriva di fronte a me e mi rivolge uno sguardo strano, che non riesco a interpretare. E che mi inquieta.

«Sono passato a casa tua e i tuoi mi hanno detto che eri uscita a correre, così ho pensato di raggiungerti» mi spiga disinvolto. Aggrotto le sopracciglia confusa.

«Perché sei passato da me? Ti serviva qualcosa?» chiedo sospettosa.

Jack si guarda intorno e poi mi chiede: «Possiamo sederci cinque minuti a parlare?». La sua faccia assume quell'espressione da cucciolo abbandonato a cui non ho mai saputo resistere. Sposto il peso a disagio da un piede all'altro.

«Jack... non credo sia una buona idea. Non voglio che tu ti metta nei guai, lo sai com'è fatto Ethan».

Jack allora mi sposta una ciocca di capelli sfuggita alla coda dietro l'orecchio, prima di dire con voce supplicante: «Ti prego, Clary. Solo cinque minuti e poi ti lascio andare. È davvero importante».
Lo guardo in quei suoi occhi nocciola e, contro ogni buonsenso, annuisco.

Ci incamminiamo l'una accanto all'altro fino a raggiungere una panchina all'ombra di una grande quercia, restando chiusi in un silenzio imbarazzato.

«Quindi... come stai?» esordisce lui un po' teso, una volta seduti.

So benissimo cosa intende e gli rivolgo un mezzo sorriso. «Sto bene, Jack. Sono felice. Davvero». Lui annuisce senza guardarmi.

«Volevo solo esserne certo» risponde a bassa voce.

«E tu come stai, Jack? Ti vedi ancora con Stacy?» gli chiedo tanto per interrompere il silenzio imbarazzante che è calato di nuovo tra noi. Lui scuote vigorosamente la testa.

«No. Stacy è una ragazza divertente ma starci insieme era un inferno!».

Rido ricordando il caratterino della mia ex compagnia di squadra quando stavo con le cheerleaders.

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