Capitolo 28

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Clarissa

Sinceramente, speravo di essere messa in punizione dopo la chiamata del preside. Invece, la sera seguente, mi ritrovo seduta sugli spalti a guardare la prima partita della stagione di football di Jack.

Non che la stia guardando davvero, in realtà. I miei occhi fissano annebbiati sempre lo stesso punto del campo e non esulto come tutti gli altri all'ennesimo touch down.

Sono sola qui. Non c'è più July a farmi compagnia. Ovviamente sarà fuori con Cole e gli altri.

Mi impongo di non pensare a loro. A lui. Dopo la telefonata di ieri mi sono completamente spenta. Non sono più uscita dalla modalità zombie e non voglio nemmeno più farlo.

Non voglio sentire il dolore fisico che quelle due sole parole mi hanno provocato. "Addio, Clarissa". La sua voce era così sicura, ferma, definitiva. Non c'era ombra di dubbio in lui. Nessuna esitazione.

Ma io riuscirò mai a dirgli addio con così tanta facilità come ha fatto lui? No, mai.

Stringo il mio polso sinistro. Almeno avrò sempre il suo ricordo indelebile sulla mia pelle a ricordarmi che un tempo lui era mio ed io ero sua. Anche se quel tempo ora è finito. E troppo in fretta.

______

Quando io e Jack varchiamo la soglia di casa di David per la festa del dopopartita, è già un delirio completo.

Un paio di ragazzi stavano fertilizzando le piante fuori con il proprio vomito e dentro la situazione non è poi tanto diversa.

La musica è assordante e ci spostiamo a fatica tra i corpi sudati accalcati all'entrata.

Appena arriviamo in cucina mi fiondo sull'unico sgabello libero e decido che non mi muoverò di qui fino a che Jack non deciderà di riportarmi a casa.

È particolarmente su di giri stasera, immagino che essere sceso di nuovo in campo dopo l'intera estate di stop lo abbia elettrizzato parecchio. Con la sola conseguenza che mi sta ancora più addosso del solito. Cosa di cui ormai non mi preoccupo nemmeno più.

Mi abbraccia da dietro e subito si impossessa del mio collo. Non lo scosto, non mi ritraggo, non oppongo resistenza. Non mi interessa. Non sono nemmeno qui.

Evidentemente se ne accorge anche lui perché mi fa girare sullo sgabello per guardarmi dritta in faccia. «Accidenti! Sei fredda come la pietra! Che diavolo hai?» chiede in tono sostenuto, palesemente irritato.

Mi limito a una scrollata di spalle. Lui si passa una mano nei capelli, esasperato. Scuote la testa e poi mi chiede con voce più dolce. «Cosa vuoi da bere?». «Una coca andrà benissimo» rispondo io senza entusiasmo.

Si morde un labbro mentre fa scorrere uno sguardo lascivo sul mio corpo, studiando la scollatura del mio top viola e le gambe fasciate in dei jeans neri.

Si allontana con uno sguardo famelico che mi spaventa un po' e si sposta dietro al bancone della cucina per recuperare da bere.

Una mano calda si posa sulla mia spalla facendomi sobbalzare. Mi volto e subito vengo presa tra le braccia di David che mi fa girare intorno, causandomi un giramento di testa. Mi rimette a terra e mi tengo alle sue braccia finché non recupero l'equilibrio.

Il sorriso da un orecchio all'altro che mi rivolge è così sincero che anche le mie labbra si piegano in un sorriso automatico; la nebbia nella mia mente si dipana un pochino e il cuore ricomincia a fare male. Mi porto una mano al petto, sul cuore, come se potessi tenerlo a bada.

«Ehi, bambolina! Che bello rivederti qui! È un po' che non ti vedo da Joe's. Che ci fai da queste parti?» mi chiede sinceramente sorpreso. Lo guardo sbattendo le palpebre, un po' in imbarazzo. Possibile che non sappia niente?

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