Capitolo 60

3.7K 168 103
                                    

Clarissa

Apro la finestra e faccio entrare l'aria primaverile. Dalla finestra della mia camera posso vedere l'enorme cortile dell'accademia. Ci sono diversi studenti che gironzolano in giro e si godono questo tiepido sabato di marzo. Mi stiracchio e poi vado alla cassettiera a prendere dei vestiti per correre.

Quando entro in cucina, mia madre mi sorride. Il solito sorriso strano e teso che mi rivolge da un bel po' di tempo. Immagino sia ancora molto preoccupata per me. Ho cercato di farle capire che sto bene. Almeno questo è quello che continuo a ripetermi e di cui cerco di convincere anche me stessa. E sembra funzionare. Non sempre... ma per la maggior parte del tempo, sì; ho imparato a ingannare anche me stessa.

Le rivolgo quindi un sorriso enorme e la abbraccio velocemente, prima di prendere del succo d'arancia. «Vai a correre? Non sei stanca di tutto questo esercizio fisico? Potremmo andare a fare un po' di shopping, tanto per cambiare...» propone lei speranzosa. Faccio una smorfia. «Mi piace correre, lo sai», e mi impedisce di pensare troppo, ma questo lo tengo per me. «E poi non ho bisogno di fare shopping. Non esco quasi mai dall'accademia, non mi serve nulla» concludo con una scrollata di spalle.

Solo l'idea di frequentare un centro commerciale, con il rischio di incontrare qualcuno di loro, è sufficiente a farmi apprezzare le mura di cinta di questo posto che mi impediscono di uscire ma allo stesso tempo non permettono a nessuno di entrare.

«Così non va bene, tesoro...» comincia lei. «A me va benissimo così invece» la interrompo prontamente, uscendo in fretta di casa e cominciando subito la mia corsa seguendo il percorso acciottolato che si snocciola attraverso l'ampio cortile che circonda tutta l'accademia, inframezzato dall'ombra delle grandi querce, i cui rami spogli si sono ormai riempiti di nuove foglie di un verde brillante.

Prendo dei profondi respiri, godendomi il tepore del sole. «Ehi, Williams! Ma non ti fermi mai?» mi urla un ragazzo della mia classe, in compagnia di un altro paio di ragazzi che conosco solo di vista. Gli sorrido e lo saluto con la mano. «Chi si ferma è perduto!» gli grido di rimando, accelerando il passo. Ed è vero. Non posso permettermi di restare ferma un secondo. È questa la mia tecnica di sopravvivenza.

Anche se sono passati due mesi dal nostro ultimo incontro, continuo a sentire un vuoto dentro. E l'unica cosa che riesco a fare è cercare di riempirlo occupando ogni minuto della mia giornata. Non mi fermo mai.

____

Sto bevendo un sorso d'acqua da una fontanella all'ombra di un grande albero, quando una voce dietro di me mi fa sobbalzare. «Qualcuno si è dimenticato di dirmi che la prossima settimana è il suo compleanno...».

Mi volto e trovo Ryan che mi fissa con un sorriso furbo sulle labbra. Mi muovo a disagio sul posto. «È solo che quest'anno non mi va di festeggiarlo. Tutto qui» rispondo cupamente.

«E perché non dovresti?» chiede perplesso. Calcio un sassolino con la punta della scarpa. «Beh... il giorno dopo è il compleanno di... tu sai chi...», anche solo pronunciare il suo nome fa male. Prendo un profondo respiro e continuo: «Lo scorso anno l'abbiamo festeggiato insieme, alla mezzanotte. È stato il compleanno più bello di sempre. Ci siamo detti ti amo per la prima volta. Ed è il giorno in cui ho fatto il tatuaggio sul polso». Mi accorgo della mia voce incrinata, così chiudo la bocca.

Ryan mi appoggia le mani sulle spalle. «Devi smetterla. Hai rinunciato a vivere perché hai paura di soffrire. Ma ci sono tante cose belle che aspettano solo di essere vissute da te» afferma con determinazione e con un sorriso incredibilmente dolce.

Deglutisco a fatica, ma non gli rispondo. So che ha ragione. E so di essere bloccata nella mia paura, che mi rifiuto di andare avanti. Ma davvero non so come fare.

Mai più con teUnde poveștirile trăiesc. Descoperă acum