Capitolo 24

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Ethan

Che cazzo ci faccio qui? Non stavo già abbastanza di merda? No! Dovevo pure venire sotto casa sua per rigirare il coltello nella piaga...

Guardo Clarissa e Jack discutere nel mezzo del giardino. Lei sembra irritata... e un po' barcollante.

Si toglie le scarpe e le agita di fronte a Jack, brandendole come un'arma. Sono illuminati solo dalla fioca luce accesa della veranda di casa sua ma intuisco lo stesso l'irritazione di Jack.

Nonostante il mio finestrino sia completamente abbassato, sono troppo lontano per sentire ciò che si dicono.

Alla fine Jack le volta le spalle e se ne torna in auto, parte in fretta e se ne va. Clarissa gli lancia dietro una delle sue scarpe che finisce in mezzo alla strada. Nonostante tutto, mi viene da sorridere. Sempre il solito caratterino...

Jack mi sfreccia accanto ma non sembra accorgersi della mia auto nascosta nel buio. Clarissa si volta e ricomincia ad avanzare verso l'ingresso.

Senza riflettere, scendo velocemente dall'auto. Percorro in silenzio la distanza che ci separa, fermandomi solo per raccogliere il suo sandalo argentato abbandonato nel mezzo della strada. Quando sono a qualche metro da lei, le dico: «Ti sei persa la scarpetta, Cenerentola».

Clarissa sobbalza voltandosi. I suoi occhi si incatenano ai miei. Mille domande senza risposta attraversano lo spazio che ci separa, riempiendo il silenzio che ci avvolge come una fredda e umida coperta.

Le sue labbra fremono e il suo corpo trema. Inconsciamente, faccio un altro passo verso di lei. E lei... indietreggia. Perché ha paura di me? Non ne ha mai avuta. Cosa diavolo è cambiato? È a causa di ciò che le ho detto l'ultima volta?

All'improvviso si porta una mano alla bocca, si volta e percorre qualche passo traballante fino a fermarsi vicino a un cespuglio per vomitare. Mi accosto subito al suo fianco e le trattengo i lunghi capelli sulla nuca.

Quando sembra che i conati siano passati, si raddrizza e si allontana da me. Si siede sugli scalini del portico e appoggia la fronte sulle ginocchia. «Quanto hai bevuto?» le chiedo in un basso ringhio.

«Che ci fai qui?» domanda lei, invece di rispondere alla mia domanda. «Non lo so», le rispondo dopo un attimo di esitazione. «Pensavo che forse avrei capito che cazzo sia successo tra noi...» le spiego con sincerità.

Clarissa solleva il capo. I suoi occhi sono immensi... e sperduti. «E l'hai capito, Ethan?». Mi limito a scuotere la testa. No, non ci capisco nulla. So solo che fa un male cane, così mi volto e faccio per andarmene.

«Sei qui perché ho bisogno di te. E' sempre così. Tu lo sai sempre quando ho bisogno di aiuto» mormora così piano che faccio fatica a sentirla.

Mi volto a osservarla senza dire una parola. Lei abbassa lo sguardo sui suoi piedi nudi e poi continua. «Credevo di potercela fare, Ethan. Da sola. Ma non sono forte abbastanza. Sei tu a darmi la forza. Senza di te...» si interrompe e si asciuga le lacrime dalle guance col dorso della mano, prima di continuare «... non sono forte a sufficienza da sola. Ci sto provando, te lo giuro». I suoi occhi incrociano di nuovo i miei.

«Di che diavolo stai parlando?» le chiedo, sinceramente confuso. Le sue labbra tremano nel trattenere un singhiozzo. «Dimmi solo che manterrai la tua promessa, che ci sarai sempre per me... ed io ritroverò la forza che mi serve per andare avanti». La sua voce è una supplica.

Una supplica che mi fa infuriare. «Io ci sono sempre stato per te, Clarissa! Sei stata tu a mandare tutto a puttane! Per cosa, poi? Per tornare insieme a quello stronzo? Cosa ti facevo mancare io, eh? Dimmelo! Perché davvero non lo so! E hai anche il coraggio di chiedermi di esserci ancora per te? Puoi scordartelo! Corri da Bennet se hai bisogno di qualcuno d'ora in poi».

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