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Mi siedo sotto una delle finestre verticali del grande salotto dove ci ha fatto accomodare la nonna, su una vecchia poltrona di pelle marrone posizionata al centro di un tappeto rotondo, probabilmente intessuto appositamente a mano chissà quanti anni fa da un tappezziere che si è fatto pagare profumatamente per il suo lavoro.

La nonna è una donna molto ricca per via dell'eredità lasciatale dal marito alla sua morte. Lei, tuttavia, ama vantarsi di esserseli guadagnati tutti, quei soldi, fino all'ultimo centesimo di euro, e raramente parla con qualcuno della loro reale provenienza. Anche io e la mamma ne sappiamo ben poco, ma non abbiamo mai fatto troppe domande a riguardo.

«Vi ho aspettate a lungo, mia cara. Ma ho capito che questo tempo è servito a tutte noi perché riuscissimo ad esserci davvero e in pace, dopo tutto quello che abbiamo passato» dice la nonna, senza guardare negli occhi mia madre.

Sono sedute l'una di fronte all'altra sui due divani posti ai lati di un tavolino di vetro. Noto come quest'ultimo si abbini perfettamente con i divani squadrati di pelle nera e con il resto dell'arredamento che trovo essere di uno stile molto moderno, seppur piuttosto impersonale: non vi è infatti alcun portafotografie o più semplicemente una tenda leggermente scostata, come se qualcuno osservasse a volte l'immobilità di quello che c'è fuori e che faccia pensare che questo salotto venga utilizzato tutti i giorni. Oserei anche dire inaspettatamente moderno, anche se dalla nonna un po' me lo aspettavo...

Invece, l'unico angolo che stona appena con il resto della stanza è proprio quello dove mi trovo io.

Cerco di raddrizzarmi su questa grande poltrona, ma sprofondo invece ancora di più nel grosso cuscino della seduta. Sembrerebbe essere stata usurata da qualcuno che ha trascorso molto tempo qui, magari osservando silenziosamente il paesaggio fuori, il migliore che si possa vedere affacciandosi dalle finestre del salotto. Fuori si può vedere un giardino perfettamente curato e rigoglioso, probabilmente grande quanto il nostro vecchio appartamento. Inoltre, da qui si intravede anche il viale d'ingresso e il cofano della nostra vecchia auto.

Mia madre respira profondamente con la bocca chiusa. Quando fa così vorrebbe sospirare, ma sicuramente si sta trattenendo dal farlo davanti alla nonna.

«È cresciuta tanto» continua la nonna.

La guardo e vedo nei suoi occhi celesti lo stesso velo di tristezza che ha la mamma quando si parla di papà.

Ma io non sono papà e di certo mai vorrò esserlo...

Le sorrido leggermente, riflettendo su quanto mi costi farlo, poiché mi sembra quasi un'estranea. Mi sento in colpa per questo pensiero e decido di raggiungere la mamma sedendomi al suo fianco, cercando di rendere tutta questa situazione il più naturale possibile.

«Grazie per averci accolte così all'improvviso, nonna» dico, sorridendole più sinceramente questa volta.

Lei ricambia, stringendo l'orlo della gonna tra le mani.

«Non devi ringraziarmi. Anzi, non vedevo l'ora che arrivasse questo giorno.»

I suoi occhi si illuminano mentre mi scrutano serenamente.

«Io e Mara andremo via il prima possibile...» interviene mia madre, raddrizzando la schiena. Io la interrompo, affrettandomi ad aggiungere: «A settembre. Andremo via a settembre».

Ho bisogno di farlo. Ho bisogno di contare i giorni che mi dividono dal rivedere Stefano e la mia città preferita. Ci saranno le vacanze di Natale, ma questo allieta appena il mio nervosismo all'idea che manca poco più di un anno prima che io e la mamma possiamo tornare alle nostre vite. Perciò sì, specificare la data della nostra partenza definitiva mi aiuterà a sopportare un po' di più tutto questo.

«Capisco. Inutile precisare che per me voi potete restare qui per tutto il tempo che volete. Questa casa ha sentito molto la vostra mancanza.»

Sorrido, fingendo di ricordare i giorni trascorsi qui. In realtà, ho preferito dimenticare gran parte dei ricordi legati a questa casa, anche quelli belli, poiché il dolore non si dimentica, si ancora dentro di te prepotente e non puoi farci nulla, ma tutto quello che c'è attorno, la cornice di quel quadro così maledettamente brutto e doloroso, quello sì. Quello può essere dimenticato.

«Ancora grazie, Raffaella» ribatte mia madre, chiamandola per nome.

La nonna le rivolge uno sguardo addolorato: da quando ha cominciato a chiamarla con il suo nome per intero?

Si passa una mano tra i capelli corti e tinti ramati, chiudendo appena gli occhi per poi riaprirli con calma su di me.

«Mara, ti sei già iscritta a scuola? A che anno sei? Quinto?» mi chiede, cambiando discorso.

«Ho iniziato il quinto pochi giorni fa, ma lo finirò qui a quanto pare, alla Iginio. La conosci?»

«Oh, sì, sì, certo. Molte nipoti di alcune mie amiche frequentano quella scuola. Non ho sentito nessuna lamentela a riguardo. Ottime materie, ottimi professori, una buona scuola!» ribatte lei. «E quando inizierai? Spero già dalla prossima settimana. Non vorrei mai che tu perda proprio i primi giorni, altrimenti farai più fatica ad ambientarti» prosegue.

Come se in realtà mi interessasse farlo.Questa vita non mi appartiene: mi è solo capitata senza che io potessi fare niente. Ma ho deciso di cercare in tutti i modi di rimanere con lo sguardo fisso su quella che era la mia città, i miei amici, il mio ragazzo, la scuola che frequentavo e che tornerò a frequentare per il quinto anno, quando io e mia madre torneremo finalmente a casa.

«Veramente ho insisto affinché inizi già da domani. Per questo siamo piombate qui di domenica pomeriggio, perché lei possa iniziare ad andare a scuola di lunedì» risponde al posto mio mia madre.

Le rivolgo un'occhiata di sottecchi: diciamo che più che insistito, mi abbia costretta.

«Già» borbotto, per niente contenta.

«Se preferisci, mia cara, ti potrebbe accompagnare Fred, il nostro autista. La scuola non è molto lontana da qui, ma magari potrebbe farti comodo» propone la nonna.

Annuisco, per niente convinta. L'ultima cosa che voglio è arrivare davanti al cancello di una scuola che non conosco, in un cortile gremito di ragazzi annoiati che troverebbero in me e nell'auto sicuramente lussuosa da cui scenderei – con tanto di autista di nome... ha detto per caso Fred?! – un'interessante novità su cui spettegolare senza remore.

Anche no, grazie...

Nella stanza cala qualche attimo di silenzio, fino a quando mia madre decide di metterla al corrente del colloquio che è riuscita ad ottenere proprio ieri sera, dopo un'ora passata in attesa che un avvocato da quattro soldi si degnasse di prendere la sua chiamata. A quanto pare dovrebbe fare la segretaria presso il suo studio, se riuscirà ad ottenere quel posto.

La nonna appare sinceramente colpita da quella notizia ed io non posso fare a meno di chiedermi se si aspettasse che facessimo le mantenute per un anno intero.

Ammetto che io stessa non ho capito il motivo per cui mia madre abbia deciso di mollare un lavoro solido nella nostra vecchia città per venire qui, ma ovviamente l'ho subito sostenuta quando mi ha detto che stava provando a cercare una sistemazione qui, nonostante il nostro passato troppo noto da queste parti. Ma forse la nonna non ricorda che, dietro le lacrime versate in passato, in mia madre si nasconde una donna forte e indipendente.

La loro conversazione prosegue, ma io mi isolo completamente con i pensieri, fino a quando non mi decido a raggiungere per la prima volta la spaziosa stanza al piano di sopra che sarà, d'ora in avanti, la mia camera da letto.

La prima volta ti travolgeحيث تعيش القصص. اكتشف الآن