36

518 63 62
                                    

Sono passati esattamente nove giorni da quando ho scoperto che mio padre è ancora vivo.

Lo so bene, perché li ho trascorsi tutti a cercarlo, a trovare le prove che quanto mi ha detto Stefano sia la realtà, ma ho fallito miseramente per nove volte di fila, per tutti e nove i giorni.

Ho richiamato il mio ex la mattina dopo aver avuto quella chiamata traumatizzante, anche sotto consiglio di Jordan che, nonostante non conosca effettivamente l'intera faccenda, ci ha tenuto lo stesso a raggiungermi dopo aver fatto tutte le domande del caso, per accertarsi che non mi fossi agitata un'altra volta. Non gliel'ho detto, ma mi ha fatto bene distrarmi con la sua compagnia dopo quella telefonata.

Le domande che ho posto a Stefano sono state quelle che, se avessi mantenuto la lucidità mentale e il sangue freddo il giorno prima, avrei dovuto semplicemente fargli per cominciare a capirci qualcosa riguardo questa assurda faccenda.

Come ha scoperto che mio padre è in città? Lo ha visto, ne ha le prove?

Le sue risposte, seppure siano state evasive, perché ha capito perfettamente quanto le sue parole mi abbiano fatto male e credo si sentisse in colpa per questo, sono state sufficienti e non allo stesso tempo.

Mi ha detto di non averlo visto in faccia ma, prendendosi qualcosa da bere mentre era in città nei giorni scorsi, in un bar che crede si chiamasse Zofi o Zafi e che ho capito essere il bar Zafir, ha sentito il barista chiedere a un certo cliente di vecchia data che, a quanto pare, non si vedeva da un po' da quelle parti, cosa volesse bere. Quest'uomo si chiamava Leo, Leo Di, il soprannome che avevano affibbiato a mio padre negli ultimi tempi, quando trascorreva le sue giornate a bere in quel locale da quattro soldi.

Mi ha anche detto che all'inizio non ci ha fatto caso e che solo dopo, rammentando i miei racconti, ha capito di aver già sentito quel nome.

Queste parole mi hanno ricordato di quello che abbiamo passato insieme, di quanto io mi sia fidata di lui e di quello che è successo dopo. Adesso, anche se abbiamo distrutto ogni cosa bella che c'è stata tra noi, il fatto che egli sappia tutta la mia storia, mi fa riflettere sul fatto che c'è stato un momento, uno solo, in cui ho creduto anche io di conoscere completamente una persona e mi sono fidata ciecamente, raccontandole tutto di me. E adesso mi chiedo se un giorno, qualcun altro mi farà cambiare un'altra volta idea e sarà la persona che vorrò conoscere sul serio, quella di cui mi fiderò fino alla fine, proprio come ho fatto con Stefano. Solo che, questa fine, con quest'ultimo, è stata fin troppo vicina.

Io e Jordan abbiamo parlato tanto dopo la chiamata avuta con Stefano. Non di mio padre – anche se ho cominciato ad accennargli qualcosa, ma francamente desidero trascorrere il tempo insieme a lui distraendomi dai miei problemi, perciò continua a non sapere molto a riguardo – e ho scoperto che anche quando tra noi calano i silenzi imbarazzanti, non è per niente imbarazzante. Semplicemente, restiamo ad ascoltarlo, sorridendoci  oppure godendoci la pace che c'è in quel momento.

Apprezzo molto che mi stia vicino anche se non conosce quello che sto attraversando e non credo di poterlo mai ringraziare abbastanza per questo.

Dopo quel giorno negli spogliatoi, non ha più provato a baciarmi, anche se ci ho ripensato almeno un migliaio di volte e da ognuna di queste traevo una conclusione diversa rispetto alla precedente.

Prima conclusione, la più quotata al momento: ho sbagliato a sottrarmi, forse avrei dovuto lasciarlo fare.

Seconda conclusione: ho fatto bene a non permettergli di baciarmi, anche perché in quel momento non avrei dato la giusta importanza all'accaduto e avremmo rischiato di perdere la nostra amicizia.

La prima volta ti travolgeWhere stories live. Discover now