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Il dormitorio visto dall'interno è ancora più raccapricciante della facciata posteriore.

Oltrepassato il portone d'ingresso in legno mi ritrovo in un' enorme stanza priva di un sistema d'illuminazione. Tutto attorno a me è in una penombra causata dal bagliore della luna che entra dalle piccole finestre disposte lungo la parte più alta delle pareti. Queste ultime sono dipinte dello stesso grigio topo della facciata esterna. In alcuni punti, il colore si è staccato e adesso vi sono solo delle brutte macchie bianco opaco. Mi ritrovo a pensare che il colore grigio sia stata una pessima scelta per un interno, poiché rende più claustrofobico l'ambiente, ed inoltre non farebbe male un'altra riverniciata.

Un piccolo chiosco nell'angolo a destra è chiuso con un lucchetto e dentro non c'è nessuno. Attaccata alla parete dietro il vetro è ben visibile una piantina del dormitorio, perciò presumo che il chiosco appartenga a una sorta di portiere che controlla le entrate e le uscite. Accanto alla piantina vi è un mobiletto in legno diviso in almeno una trentina di scomparti, ognuno contenente un numero dipinto in malo modo sul legno marrone. In almeno una dozzina di scomparti ci sono delle chiavi appese a portachiavi uguali tra loro con un enorme numero scritto su ciascuno, lo stesso dello scomparto nel quale si trovano.

Da questo stanzone principale si diramano tre corridoi e una rampa di scale che porta ai piani superiori.

Esamino rapidamente i cartelli blu attaccati all'inizio di ciascun corridoio al pian terreno. Stanze n°1-19... Stanze n°20-39... Stanze n°40-59... e così via.

Prendo il primo corridoio, accorgendomi solo ora di come io mi stia aggirando per il dormitorio indisturbata. Non sento alcun rumore o vociare provenire da nessuna parte e mi chiedo dove si trovino tutti. Sarà già iniziato l'incontro? Dov'è Kyle? Mi starà cercando?

Mi concentro sul trovare la stanza n°1 e assicurare la professoressa di arte di stare benissimo, così poi potrò cercare Kyle.

Questa si trova poco dopo l'inizio del corridoio, tuttavia faccio molta fatica a leggere il numero sulla targhetta appesa alla porta, poiché anche qui non vi è nemmeno un lume ad illuminare l'ambiente. Senza un motivo preciso, non mi stupisco poi molto di questo, e busso alla porta blu un po' titubante. Quest'ultima si apre sotto il mio pugno ancora per aria e io sgattaiolo dentro come se stessi violando una proprietà privata.

Dentro, la stanza non è completamente al buio come mi aspettavo. Una lampadina da lettura posata su un comodino accanto ad un letto sfatto che sembra più una branda di una prigione che altro, emana un faro di luce fredda verso il soffitto. Accanto alla porta d'ingresso ce n'è un'altra socchiusa. Presumo sia quella del bagno, anche se non riesco a vedere niente, perché dentro è buio. Sul muro, sopra una scrivania vuota, vi è l'ennesima finestra sbarrata da fuori con sbarre d'acciaio, e ai piedi del letto un armadio con un'anta sgangherata.

Chiudo la porta alle mie spalle e noto che effettivamente la professoressa di arte non è qui.

«Prof?» la chiamo, ma la mia voce si perde in un silenzio assordante. Mi sembra strano e comincio a credere che abbia capito male o che abbia sbagliato stanza.

Faccio un piccolo giro nella camera e mi convinco sempre di più che non sia abitata da nessuno. Apro i cassetti sotto la scrivania e poi quelli del comodino e noto che sono tutti vuoti. L'armadio non mi riserva qualcosa di diverso, a parte un cuscino e una coperta di pile marrone poggiati sul ripiano più in basso. Sbuffo, richiudendo l'armadio.

Tanto vale andar via, penso, dirigendomi verso la porta. Poso la mano sulla maniglia, ma la porta si apre e si richiude rapidamente senza che io faccia niente. Faccio istintivamente due passi indietro, mentre una sagoma scura si avvicina a me.

La prima volta ti travolgeWhere stories live. Discover now