7 (parte 2)

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In fondo alle scale mi aspetta Jordan, ciondoloni sui suoi talloni con le mani chiuse dietro la schiena. Si è cambiato rispetto a stamattina e adesso indossa un paio di jeans neri e strappati, e una T-shirt dello stesso colore. Quando mi vede, mi rivolge una sorriso raggiante.

«Che ci fai tu qui?» gli chiedo, comunque felice che sia venuto a trovarmi.

«La verità? Ti ho seguita ieri sera, dopo la festa, per controllare che rincasassi sana e salva e oggi ho pensato che... ecco, sarei potuto venire a salutarti. Scusami: risulta un po' strano detto così» borbotta, chinando il capo mentre dice l'ultima frase. Le sue guance prendono colore ed io non credevo davvero che Jordan fosse il tipo che arrossisce dall'imbarazzo.

Sorrido per la sua reazione e gli metto una mano sulla spalla, invitandolo a salire su. Lui annuisce felice e prendiamo le scale sotto lo sguardo eccitato della nonna che non proferisce parola quando ci vede chiuderci in camera mia.

«Vuoi una mela?» gli propongo, vergognandomi un po' per non avere nulla di meglio da offrirgli. Forse avrei dovuto accettare la proposta della nonna...

«No, grazie. Tra un po' ho gli allenamenti e poi ho già mangiato» rifiuta lui gentilmente.

Tiro un sospiro di sollievo dentro di me.

«Che stavi facendo?»

Jordan gira per la stanza, osservando qua e là.

Mi ricordo del computer e corro a chiuderlo.

«Niente. Anzi, stavo per mettermi a studiare un po'» mento.

Lui nota il mio gesto, ma non dice nulla. È questo che mi piace più della sua persona: anche quando capisce che c'è qualcosa che non va, non commenta o fa domande inopportune, impedendomi di mentire più di quanto io già non faccia.

Si siede sulla sedia davanti alla scrivania e mi osserva. Io mi posiziono sul bordo del letto, ma poi non so più che cosa fare o dire.

«È molto bella questa stanza!» esclama lui.

«È troppo grande» puntualizzo io.

«No, dai. La mia è leggermente più piccola.»

«La mia vecchia camera non era grande nemmeno la metà di questa. E poi, guarda che armadio: l'ho riempito solo per metà» ribatto, ridendo.

Lui sorride e poi guarda il soffitto e anche il mio comodino.

«Perché hai le luci accese se fuori c'è ancora il sole?» chiede alla fine.

«Non mi piace il buio» dico semplicemente, distogliendo lo sguardo.

«Nemmeno a me piaceva da piccolo. Pensa che la notte, fino all'età di dodici anni, piangevo e urlavo come un matto se mio padre non mi consentiva di lasciare la luce accesa. Non riusciva davvero ad accettare che un bambino così grande avesse paura di una cosa del genere.»

Mi sento un po' in imbarazzo per via del suo discorso, ma cerco di non farlo notare.

«E poi hai imparato a dormire con la luce spenta?»

«Non subito. Fino a quando era in vita mia madre, ci pensava lei a convincere papà a lasciarmi stare: avrei imparato a superare questa paura a tempo debito e da solo. Fino ad allora, però, lei mi ha sempre aiutata ad addormentarmi con la luce spenta. La mattina dopo la trovavo accesa, perché mi prometteva che non mi avrebbe fatto dormire al buio. Chiacchieravamo fino a quando io non crollavo e la sua voce faceva da sfondo ai miei sogni» racconta, lo sguardo perso nel vuoto.

«È morta quando io avevo quattordici anni di cancro al cervello. L'ho scoperto pochi giorni prima che morisse, quando stava troppo male perché io non me ne accorgessi. Mio padre l'ha presa davvero male e si è chiuso in se stesso per quasi un anno, rifiutandosi di passare anche solo un'ora lontano dal suo lavoro, nel quale si rifugiava per non pensare al dolore. Non l'ho mai biasimato per questo: ognuno affronta la perdita in maniera diversa.»

Sorride dolorosamente al ricordo del suo passato.

«E tu? Come hai fatto a superare il dolore da solo?» chiedo, spezzando il silenzio che si era andato a creare.

«Non ero solo. Mio fratello è rimasto al mio fianco, anche se era molto più grande di me e aveva la sua vita. La sua presenza mi ha aiutato ad andare avanti.»

Torna a guardarmi, gli occhi un po' mesti.

«Tuo fratello è il professor Bravi, giusto?»

Ovvio che sì, genio della lampada.

Annuisce.

«Almeno avete condiviso il dolore per la morte di vostra madre insieme» provo a dire. In queste circostanze le parole sono sempre un'arma da maneggiare con cura.

«Oh, no, mi sono spiegato male. Mia madre era la matrigna di Bruno. Sua madre non abitava con noi ai tempi.»

Rimango sconvolta da quello che ha appena detto.

«Cosa intendi dire?» chiedo, per essere sicura che le mie orecchie non mi stiamo giocando un brutto scherzo.

Jordan mi guarda perplesso, come se proprio non capisca cosa ci sia di così difficile da comprendere. Tuttavia, mi spiega tutto per bene ancora una volta.

«Mio padre si è sposato tre volte. La prima moglie si chiamava Carmen. Non fraintendermi: parlo al passato, ma non è morta, anche se non la vedo da così tanto tempo in giro, che è un po' come se fosse scomparsa dalla faccia della terra. Lei è la madre di Bruno, che è stato concepito poco prima che mio padre e sua madre si sposassero. Le cose non hanno funzionato, forse perché si sono sposati solo perché Carmen era incinta. In realtà, non so nient'altro a riguardo.»

«Capisco. E dopo Carmen, c'è stata tua madre...» incalzo io, con discrezione. Non voglio che capisca che queste informazioni sono molto importanti perché la mia ricerca abbia una prima parola da cui partire e che percepisca la mia estrema curiosità verso questa storia.

«Mio padre e Carmen si erano lasciati da quasi un anno quando il primo ha conosciuto mia madre. Si chiamava Giulia e si sono incontrati per la prima volta ad una riunione di lavoro; lei era la segretaria di uno dei suoi consulenti e veniva da fuori. Appena mio padre gliel'ha chiesto, lei è rimasta qui e sono nato io.»

Sorrido al pensiero di lui da piccolo. Avrà avuto lo stesso sguardo gentile e simpatico anche allora?

«Poi mia madre è morta e quello che viene dopo è solo un gran casino. Ti annoierei troppo!»

Abbozza una sorriso forzato ed io non insisto. A quanto pare, l'ultimo tassello di questa storia dovrò scoprirlo da sola.

Mi chiedo se sarà la parte peggiore che leggo negli occhi spenti e vuoti di BB fin troppo spesso e se abbia a che fare anche con il tatuaggio di Jordan.

La prima volta ti travolgeWhere stories live. Discover now