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Mi siedo al mio banco sbuffando e chiudo gli occhi, stanca di non riuscire a capire che cosa mi stia succedendo.

Lo so per certo: Stefano vuole una pausa o magari preferirebbe addirittura rompere. So che stamattina, al telefono, voleva dirmi questo. Ma quello che più mi affligge è che io non riesca a starci troppo male. Forse, sotto sotto, anche io ho bisogno di un po' di tempo. Per capire cosa fare e schiarirmi le idee su come la mia vita sia cambiata nell'ultima settimana. Insomma, viviamo da pochissimi giorni a centinaia di chilometri di distanza e già abbiamo litigato una volta ed io non riesco più a riconoscere lui e me stessa. Come potrebbe evolversi in meglio tutta questa situazione?

L'aula è vuota e silenziosa. Dopo che ho chiuso con Stefano ho recuperato il mio zaino e ho preso a camminare persa tra i miei pensieri. Sono arrivata a scuola e mancava poco meno di mezz'ora alle otto. Non sapendo cos'altro fare, ho chiesto alle bidelle se fossi potuta entrare e, a parte guardarmi come se davanti avessero un alieno perché evidentemente da questa parti è raro arrivare in anticipo, hanno fatto spallucce indifferenti e mi hanno lasciata passare.

Non ho mai visto una scuola così vuota, ma mi piace.

Passo una mano sul banco e mi meraviglio nel costatare che è pulito. Nella mia vecchia scuola le bidelle si limitavano a spazzare per terra una volta alla settimana e a svuotare i secchi della spazzatura ogni tre giorni.

Stendo un braccio sul banco e ci poggio sopra la testa, proprio come fa spesso il mio compagno di banco. Non so neppure il suo nome, ma so che adora dormire durante le ore di italiano, storia, storia dell'arte e geografia. Invece, è più interessato alle lezioni delle materie scientifiche.

«Un po' prestino per dormire, non trova anche lei?»

Alzo la testa, vedo BB sulla porta che mi guarda divertito e torno a dormire. Lo sento avvicinarsi e si siede sul banco davanti al mio. Prende a muovere avanti e indietro le gambe come un bambino, osservandomi dall'alto.

«Mi sta per caso ignorando?»

Giurerei che stia ridendo di gusto nel vedermi così stanca.

«È quello che sto cercando di fare, sì» borbotto.

«Allora ha appena fallito nel suo intento» ghigna lui, divertito.

Alzo di nuovo la testa e lo fulmino con lo sguardo.

«Ahia! Qualcuno qui è di pessimo umore» dice, continuando a sorridere. Giuro che quel sorrisetto glielo strappo a morsi se non la smette subito!

«Mi prenda pure in giro quanto vuole. Non riuscirà a provocarmi così facilmente oggi» digrigno tra i denti. Lui scoppia definitivamente a ridere e si siede sulla sedia davanti a me, con la seduta tra le gambe.

Indossa una camicia bianca ed un paio di jeans neri, simili a quelli che portava il fratello ieri, ma senza alcuno strappo.

«Avanti sputi il rospo: cosa c'è che non va?» mi chiede serio, dopo aver smesso di ridere.

A separarci è solo un banco adesso ed io mi spallo sulla sedia, improvvisamente imbarazzata dal suo cambio di umore e da come la situazione si sia ribaltata.

«Cosa le fa credere che c'è qualcosa che non va e che invece io non abbia semplicemente dormito poco?» domando scettica, incrociando le braccia al petto.

«Io la notte dormo poco o niente, ma di certo non attacco la prima persona che mi rivolge la parola. Ma forse lei è più acida di quanto credevo...»

«Ehi! Io non sono acida!» mi lamento.

Lui scoppia a ridere nuovamente e questa volta la sua risata è contagiosa, perché anche io mi metto a ridere.

«Sono riuscito a farla ridere. Siamo già un passo avanti» dice lui, sorridente.

Mi stupisco: è riuscito a farmi ridere anche se fino a due minuti fa vedevo tutto nero.

«Perché non dorme la notte?» chiedo improvvisamente, meravigliandomi io stessa del fatto che la mia bocca abbia parlato da sola.

Il sorriso sulle sue labbra diminuisce, ma non scompare del tutto. Distoglie lo sguardo e passa una mano sui capelli neri fissati con il gel.

«Cosa crede che non faccia dormire la notte?» mi risponde con una domanda, guardando fuori dalla finestra.

«Brutti sogni?» azzardo io.

«Avanti, li chiami per quello che sono.»

Mi rivolge un sorriso forzato, uno di quelli che ci compare sul viso, perché altrimenti ci metteremmo a urlare per quello che teniamo nascosto dentro.

«Incubi» sussurro.

«Già, incubi.»

Torna a guardare fuori dalla finestra e intreccia le mani sul banco. Il mio sguardo ricade su un segno bianco sul suo anulare sinistro, come se prima portasse una fede che ha tolto.

Mi ricordo della conversazione tra la Bertini ed Emily il primo giorno. Forse quelle due potrebbero sapere più di quanto io immagini sul conto di BB...

«Mi sta studiando da cima a fondo, non è così? Per la ricerca, presumo» dice all'improvviso, voltandosi verso di me. Segue il mio sguardo e passa il pollice sul punto dove ha il segno.

«A che punto è?»

Alzo lo sguardo su di lui.

«Diciamo che ho scoperto cose abbastanza interessanti da cui cominciare.»

Riduco gli occhi ad una fessura e lo scruto, per vedere la sua reazione, sorridendo provocante.

Egli sorride a sua volta e si avvicina a me, studiandomi attentamente.

«Non mi costringa a metterle una valutazione troppo alta, Difetti. Siamo ancora al primo quadrimestre.»

Suona la campanella e il mio sguardo si sposta automaticamente sulla porta dietro di lui. Ma quando ritorno a guardarlo, BB è ancora lì, il suo volto serio e divertito allo stesso tempo a pochi centimetri dal mio.

Mi fissa per qualche altro secondo ed io divento subito rossa. Poi si allontana bruscamente e si dirige alla cattedra ridendo, mentre Parci entra in aula con uno zaino decisamente troppo grande per lui.

La prima volta ti travolgeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora