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Jordan mi tiene la mano da quando abbiamo lasciato casa mia. Non ho avuto neanche il tempo di avvertire la nonna che sarei uscita, anche se sono certa che ci abbia spiato dalla finestra della cucina per tutto il tempo.

Continuo a fissare in silenzio le nostre mani intrecciate, ma Jordan sembra completamente a suo agio accanto a me. Non dice niente e cammina in silenzio, quasi trascinandomi. Gli ho chiesto più volte dove fossimo diretti, ma si è sempre rifiutato di dirmelo.

Oggi c'è vento e le foglie sugli alberi hanno cominciato a colorarsi di arancio. L'autunno sembra essersi svegliato appena adesso dopo un lungo letargo.

Jordan rallenta il passo e dondola il suo braccio avanti e indietro, portandomi a fare lo stesso. Osserva le nostre mani intrecciate e mi rivolge un sorriso. Poi sospira, tornando a fissare la strada davanti a noi.

«Che c'è?» gli chiedo.

«Niente.»

Lascio perdere e comincio a domandarmi se tutto questo sia giusto. Ho da poco chiuso con Stefano e la mia mente ha cominciato a fantasticare troppo su BB e adesso anche su Jordan. Non dovremmo tenerci per mano come una coppia e io non dovrei guardare la nostre mani e pensare che sì, in fondo stanno anche bene l'una nell'altra.

Giungiamo in centro e noto che non c'è molta gente in giro. Tuttavia, non ci fermiamo neanche qui e ci dirigiamo in periferia.

Non conosco molto bene la città. So dell'esistenza del bar Zafir per via di mio padre e conosco più o meno la zona di casa della nonna e della scuola. Ma, per il resto, questa città mi è completamente estranea.

A un certo punto, ci addentriamo nel bosco. Ho qualche ricordo legato a questo posto, perché la nonna e papà mi ci portavano spesso quando ero molto piccola. Papà veniva per cacciare, anche se non lo sapeva fare e gran parte delle volte finiva per passare dal macellaio e farsi dare un coniglio per cena. Mamma era contraria alla caccia, specie quando io volevo andare con papà, ma quando le presentavamo la cena – io e la nonna facevamo sempre il giuramento di mantenere il segreto di papà -, ella non si lamentava mai più di tanto, forse perché sapeva che non era stato lui ad ucciderlo. La nonna, invece, non proferiva parola e anzi, adorava osservare il figlio tentare di sparare un colpo con il suo fucile. Mio nonno aveva cercato di insegnargli a cacciare sin da piccolo, purtroppo con scarsi risultati e, in qualche modo, vedere il figlio cercare di mettere a frutto gli insegnamenti del marito, seppur invano, le faceva piacere. Dal canto mio, mentre loro erano occupati a osservarsi attorno alla ricerca di una piccola preda, adoravo correre di qua e di là, facendo finta di essere una principessa solitaria che un giorno incontra un principe che ha bisogno del suo aiuto per scappare dal bosco.

Jordan si fa strada tra l'erba alta e le piante selvatiche e per farlo, lascia andare la mia mano. Non so per quanto camminiamo e sinceramente non capisco neanche in che parte del bosco ci troviamo quando Jordan si ferma in uno spiazzo, dove l'erba sembra essere stata tagliata e le piante sradicate appositamente per poter ricavare un punto dove sostare.

«Eccoci arrivati!» esclama e la sua voce mi suona strana dopo tanto silenzio.

Mi guardo attorno. Non ricordo di aver mai visto questo posto, ma sono passati tanti anni.

«Questo è il luogo dove vengo quando voglio stare un po' da solo o voglio riflettere su qualcosa. Nessuno sa dell'esistenza di questo spazio spianato e comunque raramente qualcuno osa addentrarsi così dentro al bosco» dice, sedendosi per terra. Lo imito e incrocio le gambe, prendendo a strappare con le mani dei ciuffi di erba.

Tutto attorno a noi tace e mi sembra così bello e rilassante che lo invidio un po' per questo suo nascondiglio. Beh, se non altro adesso lo conosco anche io e potrei farci un salto ogni tanto.

In lontananza si sentono gli uccelli cinguettare e alzo la testa al cielo, cercando tra gli alti rami degli alberi che ci circondano, i loro nidi. Il cielo si stende attraverso le foglie degli alberi e la luce del sole si abbatte su di noi in enormi fasci dorati.

«Questo è diventato il mio nascondiglio dalla morte di Stella. All'inizio ci venivo solo la notte, perché lei adorava guardare le stelle e di notte, questo posto, è meglio di qualsiasi osservatorio astronomico. Ma poi ho scoperto che anche il sole ha il suo fascino se osservato attraverso i rami degli alberi» racconta, stendendosi a pancia all'aria e portando le braccia sotto la testa. Muove i piedi a destra e a sinistra, facendo scontrare le punte tra loro.

«Venivi nel bosco di notte?» chiedo, incredula.

«Sì. Non sono un fifone come te!» mi schernisce ed io gli lancio un ciuffo d'erba, mentre lui scoppia a ridere.

«Anch'io vorrei avere un posto del genere, dove restare sola a osservare il cielo, le nuvole, ad ascoltare il cinguettio degli uccelli e vederli volare da un ramo a un altro. Sarebbe bello!» dico, puntando le mani nel terreno dietro di me e lasciando ricadere la testa all'indietro.

«Se vuoi lo possiamo condividere.»

Io annuisco, chiudendo gli occhi e sorridendo al cielo. Sospiro, lasciando che la mente torni su mio padre. È proprio vero che questo posto ti fa riflettere.

«Sai, io da piccola sono venuta qualche volta nel bosco. Con mio padre e mia nonna. Mio padre cacciava o, per lo meno, ci provava. La sua mira era pessima» ammetto, ridendo un po' per la mia ultima esclamazione.

«Tuo padre non c'è più, non è così?» prova a chiedere Jordan.

Annuisco e fisso le mie scarpe. Segue il silenzio e mi volto verso di lui a fissarlo.

«Non mi dici "mi dispiace" o le cose che si dicono in questi casi?» gli chiedo, stupita.

Lui scuote la testa. «Non lo faccio più da quando è morta Stella. A me l'hanno detto così tante volte, che alla fine ho capito che le parole in questi casi perdono il loro valore.»

Rimango piacevolmente colpita da ciò che ha appena detto, ma non ribatto. Mi stendo al suo fianco, sistemando i miei ricci color nocciola sull'erba attorno a me. Chiudo gli occhi e capisco che questo posto, questo momento, questa tranquillità, erano tutto ciò di cui avevo bisogno. E forse, sotto sotto, avevo anche un po' bisogno di Jordan e delle sue premure. Egli mi capisce subito, proprio come un tempo faceva Stefano.

Stefano... Non mi ha più chiamata, non mi ha più scritto, non ha voluto chiarirsi. È scomparso nel nulla e questa cosa mi ferisce più del suo tradimento. Possibile che la nostra relazione non sia valso neanche un finale chiaro? Perché io proprio non capisco cosa lo abbia spinto a farmi questo e vorrei che egli mi spiegasse. Farebbe più male di questo silenzio? Probabilmente sì. Mi aiuterebbe a non odiarlo e andare avanti? Sì, lo farebbe.

«Stai pensando a tua nonna?»

Apro gli occhi e noto che Jordan si è girato su un fianco per osservarmi meglio. Io lo guardo perplessa, ma poi sorrido quando capisco che la sua domanda si riferisce a quello che ho fatto stamattina, solo che per discrezione ha chiesto di mia nonna. Scuoto la testa e lui si lascia di nuovo cadere per terra.

«Quindi sono riuscito a distrarti!» esclama, sorridendo al sole. Rido del suo entusiasmo.

«Sei davvero carino a non insistere nel voler sapere dove sono stata stamattina, Jordan» gli dico, questa volta girandomi io verso di lui. Apre un occhio e mi osserva per un attimo, ma non riesco proprio a capire a che cosa stia pensando.

Poi balza seduto, con uno scatto così improvviso che sobbalzo leggermente. Fissa i suoi occhi cobalto nei miei e non dice niente. Si avvicina e riprende a fissarmi. Sorrido nervosamente per il suo sguardo e arrossisco quando i suoi occhi si spostano sulle mie labbra.

«Sei bellissima quando arrossisci» mormora con voce roca, cercando il mio sguardo che ho distolto senza neanche rendermene conto. Sul mio viso spunta un mezzo sorriso imbarazzato ed io ravvio una ciocca di capelli dietro l'orecchio, tenendomi occupata.

Avvicina il suo viso al mio costringendomi a guardarlo negli occhi, celesti come il cielo di quest'oggi. Il suo respiro è affannoso mentre le sue labbra sfiorano la pelle vicino alla mia bocca. Mi posa un bacio leggero, gentile, caldo e dolce, indugiando qualche istante accanto alle mie labbra. Un brivido mi percorre la schiena e resto immobile quando si allontana e passa un pollice vicino alla mia bocca, sul punto in cui due secondi fa c'erano posate le sue labbra. Mi guarda sereno, con un velo di malinconia negli occhi, e sorride.

La prima volta ti travolgeWhere stories live. Discover now